Simone Santi, una vita sul seggiolone tra fischi e sorrisi

Simone Santi, una vita sul seggiolone tra fischi e sorrisi. L’arbitro giornalista di Città di Castello, che lavora a Umbria Tv, ha diretto la sua ultima partita di pallavolo in occasione della finale scudetto di volley femminile tra Conegliano e Novara dopo aver diretto volley maschile, femminile e internazionale. Si è soliti celebrare i giocatori che abbandonano il campo, ma è doveroso anche rendere omaggio alla figura dell’arbitro. La pallavolo italiana ne ha avuti molti di grandi arbitri e citandone solo alcuni si farebbe torto ad altri, da Luciano Gaspari a Paolo Porcari, da Fabrizio Saltalippi e Fabrizio Pasquali, solo per ricordare gli ultimi che ho avuto personalmente modo di conoscere. Questa intervista che Simone Santi ha concesso a Vistodalbasso.it è anche un viaggio nel tempo, sfogliando l’album dei ricordi di una prestigiosa carriera, frutto di inesauribile passione pallavolistica e di tanti sacrifici.

Simone, come e quando decidesti di fare l’arbitro di pallavolo, quanti anni avevi?
“Io ho iniziato arbitrare nel 1982 a 16 anni. Era il 1982, contemporaneamente giocavo anche a basket, ho sempre fatto sport da bambino piccolo. Prima basket, poi pallavolo. I miei allenatori sono stati il maestro dello sport Fausto Polidori, il professor Giuseppe Cuccarini. Poi ho iniziato anche ad arbitrare. C’era un grandissimo arbitro che era anche un prete Don Bruno Bartoccini, purtroppo scomparso, lui arrivò fino alla serie A. E così cominciai con le manifestazioni che ci sono qui in Umbria, e ci sono ancora oggi, come il torneo Francesca Fabbri e altri. E cosi iniziai, con altri amici. Mancavano gli arbitri, invitavano ad andare ad arbitrare e cosi cominciai, per scherzo, per gioco, e poi vedendo che mi riusciva…Venivano a vedermi ogni tanto anche capi arbitri locali. Gli piaceva come arbitravo cosi ho deciso di proseguire questa bellissima avventura.

Quanto tempo è passato dal primo fischio (o presenza in campo se era da arbitro a terra) da quando iniziasti alla serie A? E poi alla prima gara internazionale?
“Inizio a 16 anni come detto. Sono stato promosso in Serie A nel 1994 e la prima gara, nel 1994 appunto, fu in Serie A2 femminile. A Bari con la Ciccarese Bari mi ricordo come adesso. Invece la mia prima avventura internazionale dopo il corso, nel 2001, fu una una qualificazione pre juniores a Lubiana, in Slovenia”

Banali ma indispensabili domande. Il tuo ricordo più bello dal seggiolone e di conseguenza anche il più brutto.
” Il più bel ricordo in assoluto dal seggiolone? Indubbiamente la grandissima emozione l’ho vissuta all’Olimpiade di Londra, all’interno delle Courts (Earls Court Exhibition Center, ndr) ho arbitrato otto gare, sono stato quello che ne ha arbitrate di più. Il ricordo dell’Olimpiade, della semifinale tra Brasile e Giappone è veramente indimenticabile. Sinceramente non ho ricordi brutti perché io quando andavo arbitrare andavo sempre felice concentrato assolutamente fino all’ultima gara con una voglia di far bene di lasciare sempre un bel ricordo quindi sempre felice sempre sorridente io non ho ricordi brutti “

La partita più difficile da gestire e dirigere quale è stata? Uomini, donne, internazionale?
“La partita più difficile da gestire è stata una, internazionale. Vado a rivederla ogni tanto su YouTube. Mi viene la pelle d’oca ancora oggi. Era una World League, mi mandarono a Teheran, in Iran a dirigere un Iran-Stati Uniti. Erano anni e anni che non c’era l’inno nazionale americano in Iran, erano anni che una bandiera americana non veniva issata in Iran. Quindi c’era una tensione incredibile: mi ricordo ancora adesso i controlli di sicurezza ,una cosa spaventosa. Nell’impianto sportivo una cosa impressionante: pieno di gente, rumorosissimi, grandi tifosi. Però è uno dei ricordi più straordinari che ho: al momento dell’inno americano che tutti temevano c’è stato silenzio e alla fine l’applauso del Palasport. E tutti questi ragazzi iraniani che alla fine della gara volevano toccare e applaudivano i giocatori americani . Un’emozione veramente straordinaria”

Quali sono le differenze tra l’arbitrare una partita di uomini e una di donne?
“Indubbiamente la differenza sta nella velocità della palla e nella velocità delle azioni, perché se andiamo ad analizzare statisticamente le partite, una gara maschile è spessissimo fatta di tre azioni: ricezione alzata e schiacciata. E’ difficile vedere grandi azioni lunghe, che invece sono una costante nella pallavolo femminile, dove la palla va più lenta e ci sono azioni molto più lunghe, molte più difese e quindi parli anche di giocate a muro. La differenza è sicuramente nella lunghezza delle azioni. Ci sono tante persone, come dicono anche i dati statistici televisivi, che amano molto di più il volley femminile per questo motivo”

C’è stato mai qualche insulto o parolaccia di giocatore, allenatore o dirigente (sia maschile che femminile) che hai finto di non sentire per non esasperare situazioni?
“Sinceramente no. Perché tutti i giocatori, allenatori e staff, mi conoscono molto bene. Sarà che quando arrivavo io sapevano il massimo rispetto che io avevo per loro e loro ne hanno sempre avuto molto per me. Con alcuni ci si conosceva di più, con altri meno, ma capitava di parlare, anche delle cose della vita oltre che della pallavolo. Ma sempre ognuno nel proprio ruolo e nel rispetto appunto dei ruoli. Ognuno dalla sua parte Quindi non ho mai sentito qualcuno né visto qualcuno che potesse dirmi qualcosa di strano Diciamo che noi della pallavolo ci definiamo per questo diversi dagli altri”

Conoscendo uno dei tuoi mestieri… come hai fatto a conciliare la tua brillantissima carriera arbitrale con il lavoro di giornalista?
“Facendo il giornalista e lavorando sette giorni su sette, l’unico modo era lavorare i festivi, i sabati e le domeniche quando non ero designato. Lavoravo e ho potuto così mantenere rapporti tranquilli con i colleghi. Indubbiamente chi ci rimetteva era la mia famiglia”.

Ci fu un momento complicato, quando la Fivb mise a…dieta molti arbitri. Come vivesti quel periodo, cosa facesti a livello pratico per tornare al top della forma peso-altezza? A cosa rinunciasti?
“Io li ho scoperto cosa vuol dire dover dimagrire, cosa si deve fare per dimagrire. Trovo la regola assurda, un arbitro di pallavolo si vede dalle prestazioni, da come gestisce la partita, come si comporta con i giocatori. Ma l’abbiamo rispettata. L’unico modo per dimagrire è non mangiare. Feci una dieta strettissima, ho perso 24 chili in sette-otto mesi. E quindi al di là delle passeggiate, l’unica era non mangiare. Così sono tornato nei limiti fissati dalla Fivb e ho continuato ad arbitrare le mie partite. Ma ribadisco: che anche se ce l’ho fatta, la reputo una regola totalmente assurda per la pallavolo”

Ogni lavoro richiede sacrifici spesso enormi, a cosa hai dovuto rinunciare per essere arbitro di pallavolo?
“Ho dovuto rinunciare ad andare spesso con i miei amici, specialmente tempi della B, quando ero un ragazzo e il sabato sera non potevo uscire perché le partite di pallavolo di serie B si giocano prevalentemente il sabato, anche di sera e lontano. Nel tempo qualcosa ho rubato un po’ anche alla famiglia anche se erano tutti avvisati di quello che mi aspettava, della carriera che stavo facendo. In ogni caso devo dire di essere stato assolutamente ben ripagato”

Ci sono giocatori o giocatrici che sono stati particolarmente difficili da gestire per un arbitro? E invece ci sono stati giocatori o giocatrici che hanno sempre avuto rispetto e contribuito a lasciarti fischiare più sereno?
“Sarebbero tantissimi i nomi da fare perché ho avuto la fortuna di avere un bellissimo rapporto con la stragrande maggioranza di giocatori. Qualcuno che dentro al campo non ti risparmiava niente e poi invece fuori dal campo… persone straordinarie. Con qualcuno, se non con tutti, grazie ai social mantengo ancora oggi rapporti.
Ad esempio tra gli stranieri Spiridonov, il giocatore russo che dentro al campo ti faceva impazzire ma fuori era una persona simpatica, spiritosa. Il mio amico Valerio Vermiglio, in campo non era personaggio facile: o che la prendeva con l’arbitro o con chiunque, anche in tribuna. Fuori dal campo però è una persona straordinaria.
Almeno con me si sono sempre comportati in modo splendido e se devo fare dei nomi cito Leandro Vissotto, del Brasile. Giocatore fantastico, persona squisita. E poi Bruno, col fatto che la madre Vera giocò a Perugia, e anche il papà Bernardo ha in Italia tanti amici, insomma lui con me è sempre stato un giocatore impeccabile. E poi (e sorride mentre lo dice, ndr) con me Ivan Zaytsev. Ma al riguardo c’è una storia del passato: era bimbo di 5 o 6 anni non di più, a Città di Castello giocava il padre Vjaceslav che è stato il più grande palleggiatore di tutti i tempi. Ivan si ricorda bene e abbiamo avuto un fantastico rapporto: con me è sempre stato garbato e tranquillo in campo”

Pallavolisticamente, non da arbitro, quali giocatori o giocatrici ti hanno maggiormente impressionato per tecnica e qualità agonistiche tra coloro che hai avuto modo di arbitrare?
“Due su tutti. Ho sempre detto che quando schiacciavano la palla il rumore era diverso. Clayton Stanley degli Stati Uniti e il russo Sergej Baranov detto il boscaiolo. Oltre naturalmente a Leandro Vissotto del Brasile, che prendeva la palla ad altezze incredibili. Il momento del tocco della palla, il suono… Quando schiacciavano Stanley e Baranov il rumore della palla era diverso da tutti gli altri”

Gli inizi sono spesso difficili, su piccoli impianti, in provincia. Te la sei mai vista brutta?
“No, vista brutta no. Ma indubbiamente ho dei ricordi in A2 in particolare, non difficili ma strani. Le prime volte quando andavamo ad arbitrare a Castellana Grotte e c’era il complessino, abbiamo arbitrato diversi derby e quindi palazzetti con tanta di quella gente all’interno che non ce se ne rende neanche conto. Oppure a Cutrofiano dove si doveva passare in mezzo al pubblico per tornare nello spogliatoio. Quindi situazioni particolari si ma difficili mai.

Se ti volti indietro, hai qualche rammarico o rimpianto o sei contento della tua carriera nel volley
“Nessun rammarico o rimpianto, ho fatto tutto quello che un arbitro poteva fare. Anche più volte le stesse manifestazioni: a volte ho anche rinunciato con piacere a manifestazioni internazionali perché le avevo già fatte e le ho lasciate ai miei colleghi italiani. Quindi assolutamente nessun rimpianto Sono felicissimo e quello che ho fatto non potevo assolutamente fare di più”

La tua carriera riassunta in cifre?
“Ho arbitrato 18 finali scudetto, diretto 619 partite in Serie A, 540 di queste in Serie A1 o SuperLega. 111 gare di play off, 6 finali di Coppa Italia, a livello internazionale più di 100 partite di Champions League, 3 mondiali seniores uomini, tra cui la finale dei Mondiali italiani del 2010 tra Brasile e Cuba, la semifinale ai mondiali polacchi del 2014 tra Francia e Brasile, tre finali di European League, nel 2012 l’Olimpiade di Londra dove ho diretto otto partite tra cui la semifinale Brasile-Giappone e il derby Brasile-Argentina, una finale del mondiale femminile di club a Zurigo, tra Rexona Rio de Janeiro e Vakifbank Istanbul, due World Cup e una Grand Champions Cup in Giappone, oltre 80 gare tra World League e Volleyball Nations League, la finale della World League a Cordoba in Argentina”

Bisognerebbe trattare gli arbitri come i giocatori, con tanto di schede tecniche e non solo. Raccontaci di te.
“La mia famiglia: sono sposato con Sabine, insegnante di Latino e Greco al liceo Plinio il Giovane di Città di Castello; ho una figlia, Bianca Maria, che sta facendo l’università Beni Culturali a Firenze; ho un figlio, Alberto, che sta studiando matematica a Firenze. Io sono giornalista e lavoro a Umbria Tv.
Parlando dei miei gusti cinematografici e musicali diciamo che sono un appassionato di film d’azione, mi piacciono molto anche i film storici e i thriller. La musica mi piace tutta perché io ho iniziato a lavorare in una radio e quindi la musica l’ho sempre ascoltata tutta. In modo particolare Pino Daniele, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, la PFM. Tra gli attori italiani Valerio Mastandrea, Elio Germano e Marco Giallini anche perché il papà ha origini di Città di Castello. E quindi dato che parliamo di Città di Castello metto anche Monica Bellucci”

L'arbitro Simone Santi
L’arbitro Simone Santi



Leandro De Sanctis

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