SOCIETA’ Rivoluzione silenziosa

 http://www.youtube.com/watch?v=4qw6uHqWMjM&hd=1
“Il silenzio” suonato da Nini Rosso

Quasi un post on demand, parole che nascono da una precisa domanda: Perché i giovani in Italia non fanno una rivoluzione? La tv ha mostrato le ribellioni in Egitto, in Turchia, in Brasile perfino durante un grande evento calcistico come la Conf Cup, con i brasiliani arrabbiati che hanno messo sotto accusa i Mondiali di calcio 2014 e l’Olimpiade 2016. O meglio i soldi spesi (e dunque sottratti ad altri obiettivi di maggior urgenza popolare) per organizzare questi eventi.
E visto che in Italia non ce la si passa meglio, che ai giovani sono stati rubati anche i sogni, che il Paese viaggia a distinte velocità, che una minoranza autoproclamatasi elitaria se la spassa e una maggioranza reale vivacchia e sopravvive a stento, senza il superfluo e senza il necessario, come mai non avviene nulla di 
simile?

Ognuno può dare la sua risposta, almeno provarci. E sicuramente non è una sola la risposta giusta alla domanda.
Forse perchè chi guida oggi è la generazione che dovrebbe in teoria aver fatto il ’68? Quelli che volevano cambiare il mondo ma che il mondo ha invece cambiato, stendendogli sotto un tappeto di privilegi, insegnando l’arte dell’intrallazzo e dell’illecito?
 Facendoli diventare italiani a tutti gli effetti, nel senso più deteriore del termine. Insomma, non fanno una rivoluzione i giovani di oggi, perchè già sanno che non vinceranno, che non esiste una rivoluzione vincente, con le modalità che in genere si attribuiscono a una rivoluzione.
Se l’Italia sta come sta non è colpa solo del sistema virtuale eletto a regola indiscutibile, tra le agenzie di rating, le banche, le lobby varie, i binari che divergono (stipendi sempre più ridotti, costi e spese di vita sempre più elevate: una forbice inconciliabile, nel nome del profitto, quelli sì che non si può limare, per investire sul futuro). E’ colpa degli italiani, del loro modo di essere, del viziaccio di scambiare i disonesti per furbi, del correre passivamente ad applaudire i presunti vincitori, del voler mettere a nanna la coscienza e il raziocinio, pensando ai piccoli-grandi vantaggi personali, guardando sempre il dito e mai la luna, condendo i gesti quotidiani con robuste dosi di autoindulgenza e inciviltà.
Accettare che non sia la meritocrazia ad elargire ruoli, ma la solita, vituperata in pubblico, ma in privato sempre inseguita raccomandazione.

E contro tutto questo diventa impossibile pensare di spuntarla. Forse la gioventù di oggi l’ha capito. 
O forse la rivoluzione è già in atto, ma ha forme e modalità diverse. Una rivoluzione silenziosa, che nasce dalle piccole cose, da un diverso modo di pensare e che è perfino più ambiziosa, a costo di veder sfuggire via tutta la vita senza poterla veder realizzata.

Apprendo che una fetta di gioventù è tornata all’agricoltura, meglio tardi che mai. C’è chi lo ha capito da almeno un decennio, ma è il destino delle Cassandre, frustrate dall’individuare il futuro senza essere ascoltate. Sotto potete leggere il bell’intervento di Natalino Balasso: parole che fanno riflettere. Parole da sottoscrivere.

Sono stato guidato in territori nuovi e antichi, che dal passato possono far rifiorire il futuro: informatevi su cosa sia la biodiversità, ad esempio.
C’è già una generazione che ha capito di poter fare cose diverse, rispettando regole differenti da quelle imposte dal mondo così come lo conosciamo oggi, alimentato da una rete di dittature commerciali che si sostengono a vicenda, complici, intollerabili.

Basterebbe cominciare a dire no. A fare piccole scelte controcorrente. Ogni movimento, ogni rivoluzione nasce da una unità, che poi viene riconosciuta, condivisa, moltiplicata. Senza violenza, con il coraggio di vincere la pigrizia indottrinata dalle tv e riscoprire la vera informazione, attraverso la lettura e la conoscenza delle fonti, dei retroscena di ogni cosa che ci sembra inevitabilmente obbligata. Oggi si può. Anche grazie al web.

Insomma, forse c’è una fetta di gioventù che ha già iniziato a farla, la rivoluzione, anche se non ce ne accorgiamo, anche se non la guardiamo in tv o leggiamo sui quotidiani.
Una rivoluzione che non può che partire dal se stesso, dall’individuo singolo e dalla sua capacità di imporre la sua logica e la sua intelligenza, piuttosto che continuare a subire ciò che gli è stato imposto.
Se, come dicono le aziende, ogni individuo è un consumatore, allora ogni individuo ha un potere che ignora. Cominciare ad usarlo sarebbe un buon inizio. Anche se risulta scomodo e faticoso. E i risultati non sono visibili.
Triste e amaro considerare che per le nuove generazioni di italiani, l’unico futuro possibile possa essere lontano dall’Italia.

UN ESEMPIO ARRIVA DAL BLOG DI NATALINO BALASSO, post scritto oltre un anno fa
Una specie di… Visto dal Ba(la)sso anticipato

… “Si pensa sempre che occorra un grande evento decisionale per
invertire le rotte, per prendere nuove direzioni. La politica degli
ultimi 40 anni da noi ha pensato che nuove e contraddittorie leggi
possono cambiare una situazione sclerotizzata. Prendiamo l’energia,
l’acqua, l’inquinamento. Si pone rimedio allo sperpero e ai veleni con
regole sempre più complicate, investendo denari senza controllo e
soprattutto evitando di far funzionare ciò che già dovrebbe funzionare.
La risposta capitalistica al consumo di energia o allo sperpero d’acqua
non potrà mai essere il risparmio o la riduzione del consumo, ma sarà
sempre un incentivo al consumo. Cos’è la crescita, cos’è lo sviluppo, se
non consumo?
Eppure si potrebbe già oggi, senza referendum e
senza nuove leggi, ridurre di 10 volte (10 volte!!) il consumo d’acqua,
non cambiando il mondo ma cambiando noi stessi:
smettendo di mangiare carne. Smettendo di usare auto a petrolio
diminuirebbe il consumo d’acqua (si, d’acqua, perché per raffinare il
petrolio il consumo d’acqua è altissimo) di un’altra percentuale
significativa. Diminuirebbe significativamente l’inquinamento se nelle
autostrade andassimo ai 100 km orari, se nelle case tenessimo una
temperatura di 18 gradi, più che sufficiente a riscaldarsi, se nei
locali e negli alberghi non ci fosse una temperatura di 23 gradi
d’inverno e di 20 gradi d’estate. Diminuirebbe l’inquinamento se
acquistassimo merci prodotte nel raggio di 15 chilometri da casa,
soprattutto per quanto riguarda gli alimenti, ad esempio mangiando
frutta e verdura di stagione.
Da quando Dio ha preferito
l’allevatore Abele all’agricoltore Caino, il popolo della brava gente ha
trovato cosa buona e giusta nutrirsi di carne. Ma anche se oggi
sappiamo che mangiare carne comporta una maggiore aggressività, fu
proprio Caino il contadino il primo omicida dell’umanità. Coperti di
quel marchio i vegetariani sembrano una setta da cui guardarsi e degni
di punizione (basta entrare in un ristorante vegetariano per capire
l’atmosfera triste che vi regna come una punizione, compreso il prezzo, che, non si capisce perché, è alto come quello dei ristoranti “normali”).
Ma
se tutti diventassimo vegetariani l’effetto sarebbe quello di una
rivoluzione epocale anche se non farebbe scalpore come tirare qualche
sprangata o bruciare qualche macchina”

Leandro De Sanctis

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