ATLETICA Schwazer lasciato diversamente solo, da Londra 2012 a Rio 2016

Dopo quattro anni, Alex Schwazer è stato lasciato di nuovo solo. Diversamente solo, rispetto a quella tremenda vigilia dei Giochi di Londra 2012. Nel 2012, alle prese con i suoi fantasmi interiori che l’avevano proiettato nell’abisso del doping senza che nessuno muovesse un dito per fermarlo, per evitargli di contaminarsi e rovinarsi con il doping. Lasciando anzi che si isolasse per inseguire e poi farsi divorare dai suoi demoni interiori, omettendo ogni minima forma di controllo per un atleta campione olimpico a Pechino 2008. 
Un processo chiarirà, forse, le responsabilità di una parte della Fidal di allora, come minimo colpevole gravemente di omesso controllo.
2016, verso Rio de Janeiro, dopo la lunga squalifica, il sofferto ma rivoluzionario ritorno sotto l’ala inflessibile di Sandro Donati, il tecnico che per combattere il doping ci ha rimesso la carriera, la sua passione di allenatore e un’esistenza corrispondente alle sue qualità morali e professionali.
E’ lui a fare la differenza, a non aver abbandonato il suo campione rigenerato, ripulito, ricostruito: un fuoriclasse che sarebbe stato un reale e autentico testimonial vivente di come si possa vincere, andare forte, senza ricorrere al doping. Se l’azione congiunta di forze troppo potenti non avesse tessuto una tela velenosa capace di intrappolare chiunque.
 Quattro anni fa la Fidal fu messa in croce per non aver seguito attentamente Alex. Dopo quattro anni però, nemmeno la nuova Fidal ha dimostrato di saper tutelare il suo campione, di essere realmente al fianco di un atleta palesemente vittima di ingiustizia. Si è seguita a distanza di sicurezza la sua azione di recupero (e fin qui ci può stare, essendo l’atleta squalificato) ma quando la squalifica è finita, sarebbe stato auspicabile un cambio di marcia. 
Come si fa a parlare di valori dello sport, se di fronte a tutto ciò che è stato fatto con Schwazer, si resta spettatori istituzionali inerti? Il timore di irritare altri atleti azzurri molto loquaci ma non consapevoli della realtà, e/o di urtare la cupola che governa l’atletica, o magari di vedersi trovati altri “positivi” (ormai il sistema doping, con gli enti che si sorreggono a vicenda in un gioco al massacro, ha dimostrato che tutto può accadere, o meglio: si può decidere che accada) non è spiegazione sufficiente.
Non mi stupirei se tra qualche tempo si venisse magari a sapere che in realtà anche la Federazione aveva avuto sentore o notizia di questo anomalo caso di doping, con largo anticipo rispetto a quando lo hanno saputo tutti. E non ha mosso un dito per intralciare i piani di chi lo ha creato. Spero proprio che ciò non avvenga. Ma se fosse accaduto sarebbe episodio gravissimo. Oltre che motivo di notevole delusione.
Soltanto il presidente del Coni, Giovanni Malagò, pare non aver abbandonato Schwazer e quando ha potuto lo ha dimostrato con le parole e con i fatti. Iscrivendo Alex a Rio 2016 sub iudice e non solo. E questo nonostante una fronda interna ramificata tutt’altro che platonica.

Leandro De Sanctis

Torna in alto