Mancini, l’Italia e un trionfo europeo rivoluzionario

Mancini, l’Italia e un trionfo europeo rivoluzionario. Non è stata una vittoria come le altre, quella dei calciatori azzurri a Wembley, nella data talismano del calcio italiano: 11 luglio. L’impresa della Nazionale di Mancini, che ha portato a 34 gare senza sconfitte il primato azzurro di imbattibilità ha caratteristiche che si allacciano alla tradizione, ma anche decisamente uniche. Restando agli Europei, la coppa strappata agli inglesi come sempre fin troppo presuntuosi prima, e assai poco sportivi poi, può per certi versi ricollegarsi al successo di 53 anni fa all’Olimpico di Roma, quando per assegnare il trofeo ci vollero due partite, perché allora non erano previsti i rigori come oggi. Soffertissimo 1-1 firmato da una punizione di Domenghini a dieci minuti dalla fine (allora nemmeno il recupero era abitudine), travolgente 2-0 con Riva e Anastasi marcatori nella finale bis, con il ct Valcareggi che ringiovanì una formazione stanca, che era approdata alla finale, pensate un po’, solo grazie ad una moneta, al sorteggio che le fece eliminare l’Urss dopo il pareggio senza reti di Napoli. Anche 53 anni fa fu una vittoria meritata e convincente di una Nazionale che univa campioni esperti a giovani emergenti: per dire, Anastasi aveva 20 anni, Gigi Riva 24. Non a caso proprio Riva ha detto che questo gruppo di Mancini gli ricorda la sua squadra, così unita, così coesa.
In porta 53 anni fa c’era un certo Dino Zoff, che sarebbe poi diventato anche campione del mondo nel 1982, ma non vice iridato nel 1970 perché Valcareggi preferì puntare di nuovo su Albertosi. Dopo l’Europeo vinto, l’Italia raggiunse la finale ai Mondiali del Messico ed è inevitabile che ora gli azzurri pensino con ambizione ai Mondiali del Qatar, anche se l’esperienza recente della Francia iridata e bruscamente eliminata in questi Europei, deve indurre alla prudenza.

Dalle stalle svedesi alle stelle londinesi

Mancini non aveva un compito facile. L’Italia di Ventura non era nemmeno riuscita a qualificarsi per i Mondiali, il morale di tutti era sotto terra e in tempi di invasione di stranieri in Serie A, non tutti di livello, è sempre più complicato fare il ct. Conte era riuscito a compiere un mezzo miracolo, uscendo ai rigori (toh) contro la Germania, nei quarti di finale degli Europei 2016 con una squadra nettamente inferiore a quella che abbiamo oggi. Ma quando l’irrequieto tecnico aveva scelto i soldi del Chelsea, il processo di crescita si interruppe bruscamente.
Mancini ha allevato la Nazionale come fosse un club, pensando alla tecnica ma anche all’aspetto umano, a quei sentimenti di unione che nello spogliatoio sono spesso fondamentali. Ha messo insieme campioni purtroppo inevitabilmente sul viale del tramonto anagrafico, e giovani di qualità vogliosi di vittorie ma attenendosi alle regole del gruppo, senza capricci pubblici, dimenticando le rivalità che avvelenano il campionato.
Vedere juventini, interisti e napoletani, laziali e romanisti battersi insieme, abbracciarsi, gioire e soffrire in maglia azzurra, è stata una lezione per tutto il tifo becero e assurdo che imperversa, sui social e negli stadi.
La Nazionale di Mancini ha fatto riscoprire il piacere del calcio e del tifo azzurro al di sopra di ogni altro colore.
Ho trovato rivoluzionario il trionfo di Mancini anche per come l’Italia ha saputo imporre il suo gioco, ammutolendo gli spocchiosi inglesi e chi parla a vanvera di bel gioco senza ottenere risultati. Altro che catenaccio o contropiede: gli inglesi pensavano di poter usare questa arma, ma il muro della difesa azzurra li ha respinti con perdite. Senza concedere nemmeno tiri. Del resto non era stato Mourinho nel 2018 a dire che Bonucci e Chiellini erano come professori universitari della difesa (“Dovrebbero insegnare ad Harvard”)? Nella gioia idealmente condivisa con questi due highlander bianconeriazzurri, già un velo di malinconia pensando a quando non si potrà contare su di loro. Difensori così ne nasceranno ancora?
Mancini ha dato fiducia anche a chi nel proprio club era stato accantonato o messo in discussione. Bernardeschi su tutti. Glaciale realizzatore di due rigori nelle serie di semifinale e finale. Fino a che non è esploso Chiesa, ha avuto un ruolo importante e magari ora con Allegri tornerà bravo e sereno anche con la Juventus, se non sarà ceduto.
Mancini ha dimostrato di saper leggere le partite: di difendere i suoi uomini ma anche di cambiarli quando è il momento. Immobile e Belotti sono stati encomiabili. Ma è indubbio che la Nazionale non abbia avuto un classico centravanti di gran peso internazionale. Chissà se lo diventerà il baby Raspadori? Moduli e schemi rivoltati come calzini, più volte, nella stessa partita. Non c’è dogma che meriti conferma fino all’insuccesso. Quello che conta è che l’Italia ha giocato realmente bene questi Europei, dimostrando di saper incantare e soffrire. Non a caso non c’è stato gol che non sia stato definito bello. Forse solo quello in finale di Bonucci è stato più rabbioso e
L’Italia ha vinto la finale ai rigori, ma nei 120 minuti ha avuto il possesso palla più elevato di ogni atra finale: 65,6%. Altro che catenaccio.
L’Italia ha giocato, ha imposto il suo gioco ragionato, ha tenuto alla catena gli inglesi senza catenaccio. E se un difensore, Materazzi, aveva segnato il gol dell’1-1 nella finale dei Mondiali 2006, un altro difensore, Bonucci, ha agguantato stavolta gli inglesi.

L’esplosione di Chiesa, il carattere di Di Lorenzo

Di Lorenzo è sbocciato tardi, ma è una delle note più lietamente sorprendenti della Nazionale di Mancini. Ha anche sofferto, è andato in difficoltà, ma il difensore del Napoli non ha mai mollato. Barcolla ma non molla. E ha superato anche l’esame d’inglese. Insigne si è messo al servizio della squadra con umiltà e carattere, commettendo errori ma regalando anche giocate importanti e un gol sublime.
Federico Chiesa ha vissuto la svolta della sua carriera, ma i tifosi juventini sapevano già cosa sa fare questo figlio d’arte ancora educato e rispettoso del passato paterno. Mi auguro che la Juventus non faccia l’errore di cederlo, alla faccia dei milioni di euro e delle plus valenze. Pensavo che fosse stato un investimento esagerato quello del club bianconero. Invece è stato uno dei colpi migliori, nel presente e in prospettiva.
Verratti e Jorginho, i nostri campioni emigrati in Francia e Inghilterra, hanno dato robustezza e continuità al centrocampo, che non ha nemmeno avuto il miglior Barella. Si era imposto alla grande Spinazzola, fermato da un crudele e grave infortunio. Emerson Palmieri ha fatto di tutto per reggere il ruolo con dignità.
Donnarumma è stato alla fine l’eroe degli Europei, con i due rigori parati in finale: personalmente credo che in partita possa ancora migliorare molto. Nelle uscite, nel gioco con i piedi e nella difesa del “suo” palo. Ma ha meritato la copertina parando i rigori dell’Europeo. Intanto ha già posto il suo nome accanto a quelli di Zoff e Buffon, campioni europei e mondiali nell’era contemporanea.
Ognuno ha dato un contributo rilevante: da Locatelli a Cristante (spesso messo in discussione dai romanisti), da Pessina a Toloi gioielli atalantini, da Acerbi, a Berardi che deve solo imparare ad essere più “cattivo” e deciso in area, per far esplodere le sue enormi qualità. Fino a Florenzi, infortunato per quasi tutto il torneo.
In definitiva la Nazionale di Mancini ha saputo concentrare le qualità delle opposte fazioni: chi al calcio chiede bel gioco e chi vuole i risultati. Mancini e la sua Italia hanno vinto giocando bene,


Leandro De Sanctis

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