Caso Schwazer, quando il Corriere dello Sport raccontava la verità

Il collage di SPORTinMEDIA sulla riabilitazione di Schwazer
Il collage di SPORTinMEDIA sulla riabilitazione di Schwazer

Caso Schwazer, quando il Corriere dello Sport raccontava la verità.
Sono particolarmente soddisfatto che Il caso Schwazer sia diventata una serie tv, che sia stata curata da un professionista come Massimo Cappello, che sia nella top ten delle serie più viste su Netflix, la prima e più celebre delle piattaforme di streaming sbarcate anche in Italia.
Consapevole che giornali e libri non sono più letti come in passato, fa enorme piacere sapere che milioni di persone possono e potranno capire e valutare come andarono le cose in occasione del falso caso di doping. Il marciatore azzurro è stato squalificato per otto anni dal potere dell’atletica mondiale, pur non avendo commesso il fatto, come ha sancito la sentenza del Tribunale di Bolzano, in un processo che lo ha visto iniziare come imputato e concludere come vittima. Piaccia o no, è stata questa la sentenza.
Ma c’è chi non si è mai rassegnato all’evidenza. Pur nel rispetto delle opinioni altrui, mi chiedo come si possa svolgere una professione ignorandone i cardini essenziali, come si possa scrivere, spesso con dileggio e acrimonia degne di miglior causa, svilendo e ignorando fatti accumulatosi nel corso del tempo ma chiari quasi da subito. Anche senza essersi addentrati nelle pieghe delle indagini di chi ha indagato.
Significativo anche che Netflix abbia creduto e investito su Il caso Schwazer, come testimoniano le pagine pubblicitarie comprate per lanciarlo meglio.

Il caso Schwazer, ne ho sempre scritto da giornalista indipendente

E’ stato motivo di grande sconforto, imbarazzo e amara delusione, prendere atto del modo in cui il giornale per cui ho lavorato per quasi 41 anni ha trattato l’uscita della serie Netflix sul caso Schwazer. Dal momento della squalifica per il doping assunto prima dell’Olimpiade di Londra 2012 a quando ho concluso la mia avventura professionale al Corriere dello Sport-Stadio (30 giugno 2019) ho sempre seguito e scritto della vicenda, raccogliendo strada facendo anche la convinta adesione di Xavier Jacobelli, che è stato anche un mio direttore oltre che direttore di Tuttosport e firma prestigiosa di entrambi i giornali. Per dire che chi si è avvicinato senza pregiudizi a questa storiaccia, non ha potuto che prendere atto del disumano torto che ha reso Schwazer una vittima, insieme con Sandro Donati finito nel mirino di chi aveva ben altro che lo sport da tutelare.
Con ogni direttore che ho avuto, una volta ricevuto l’incarico di occuparmene, ho dedicato tempo (anche personale, come quando andai a mie spese a Tagliacozzo, prendendo un giorno di ferie) ed energie per leggere, indagare, ascoltare, scrivere. Da giornalista indipendente, non legato da vincoli se non quello di onorare con onestà intellettuale e comportamentale il Corriere dello Sport che mi dava lo stipendio, mi sono messo sempre al servizio della verità, senza la necessità di compiacere nessuno.
Professionalmente mi chiedo come si possano pensare e scrivere certe cose, ignorando tutto ciò che è stato appurato e documentato. Facendo finta di niente sui comportamenti che hanno caratterizzato questo caso, al punto che il Tribunale di Bolzano ha dovuto ricorrere a una rogatoria internazionale e il Colonnello Lago dei RIS di Parma ad una energica presa di posizione, diciamo così, per non cadere nella grossolana trappola tesa ad eludere la consegna del campione di urina per l’esame del Dna di Schwazer.
Eppure sulle pagine di quello che è stato il “mio” giornale, ho dovuto leggere irritanti e discutibili interpretazioni lontane dalla verità. Perfino irridenti. Una sacca di resistenza anti Schwazer e Donati che si era già manifestata nel tempo e che ha potuto emergere. Non è stato un bel servizio reso ai lettori, anche perché la stragrande maggioranza della stampa in questa occasione ha avuto un atteggiamento ben diverso parlando della serie e di ciò che proponeva.
E’ la prima volta da quando ho lasciato il giornale che mi permetto, con dolore, di dissentire esplicitamente su un articolo. Ma penso sia doveroso, per il mio lavoro passato e per il buon nome del giornale che mi permise sempre di scrivere in autonomia, fidandosi della mia professionalità e della mia indipendenza.

Corriere dello sport, le tappe del caso Schwazer fino a Rio 2016
Corriere dello sport, le tappe del caso Schwazer fino a Rio 2016

Leandro De Sanctis

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