Wada su Schwazer, il solito arrogante copione di impunite bugie

Wada su Schwazer, il solito arrogante copione di impunite bugie. La chiave di lettura suggerita è quella con cui si guarda una sit comedy, con le risate del pubblico a sottolineare i passaggi e le battute divertenti. Il testo non vuole essere divertente, e suscita in realtà rabbia e indignazione, ma fa ridere ugualmente.
La giustizia italiana, il Tribunale di Bolzano, ha smontato le accuse di doping che sono costate la radiazione al marciatore azzurro Alex Schwazer, documentando e provando la condotta criminosa che ha portato alla creazione di false prove di doping. Non so per quale ragione, che sicuramente ci sarà, forse dovuta alla presentazione a livello internazionale del documentatissimo libro di Sandro Donati, I signori del doping“, la Wada se n’è uscita a freddo, rimettendo dal principio il solito disco rotto e incantato sulle acclarate falsità che hanno determinato la squalifica.
La storia arcinota del bue che dice cornuto all’asino.
Per l’Agenzia Mondiale antidoping lo sleale è Schwazer. A sostenerlo, in una intervista accolta da SkySport24 un personaggio che ricorre in molte e molte pagine del libro denuncia di Donati, direttore generale dell’Agenzia messa alla sbarra dal Giudice Walter Pelino.
“È importante fare una distinzione sul caso Schwazer: la giustizia italiana ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a suo carico. Il diritto penale è una cosa, possono decidere quello che vogliono e questo fa parte della giurisdizione italiana. La giustizia sportiva, che è quello che ci riguarda quando si parla di antidoping, e non di giustizia penale, ha reso nota la sua decisione tempo fa, già a Rio. Il signor Schwazer ha portato le sue istanze per contestare la decisione della giustizia sportiva in più sedi, dal Tas, il tribunale arbitrale dello sport, al tribunale federale svizzero: e la sua difesa è sempre stata respinta, è sempre stata ribadita la sua colpevolezza”.

In realtà nessuna corte a cui il marciatore si è rivolto ha acquisito e valutato la documentazione e le istanze difensive presentate. La classica sentenza decisa a tavolino in barba a quanto scoperto e denunciato nel corso delle indagini disposte dal Tribunale di Bolzano, quelle si reali e veritiere.

Le bugie come un disco rotto e incantato…

Il seguente passaggio sconfina della comicità pura, amara ma decisamente comica agli occhi di chi conosce la realtà dei fatti. “Il processo seguito dalla giustizia sportiva è stato molto più scrupoloso nel guardare alle prove. La giustizia ordinaria in questo caso guarda solo all’aspetto penale, analizza una parte molto ristretta delle prove
(al contrario, il Tribunale ha sviscerato la regina delle prove: i campioni di urina)
: queste due strade non si sovrappongono. Noi non siamo coinvolti nella raccolta delle provette (e sulla catena di custodia? )e per noi il risultato di quell’indagine è chiuso da tempo (ovvio, predisposto, allestito e chiuso). La giustizia sportiva ha lavorato in maniera molto scrupolosa (risate, inevitabile): c’è stata un’udienza, sono stati sentiti testimoni (ah si…? i testimoni che hanno raccontato le falle della catena di custodia?), analizzato le prove, sono stati chiamati degli esperti e tutto questo ha portato alla sua condanna.
(i veri esperti sono stati quelli ingaggiato dal Tribunale, il colonnello Dal Lago dei RIS di Parma, che ha lavorato sul campione di urine che solo dopo estenuante trattativa e sotto la minaccia di una denuncia penale è riuscito a farsi dare dal Laboratorio di Colonia)
La giustizia ordinaria si occupa solo del decidere se aprire o meno un’investigazione penale e il processo è molto diverso: non sono stati sentiti testimoni, alcuni esperti sono stati richiesti ma solo su temi molto specifici (già, lo specifico tema dell’urina manipolata) e possiamo dire che per molti aspetti non può essere considerato un vero giudizio quello che ne esce (ah no? e quale è il vero giudizio, quello di chi ha tirato i fili di tutto il caso?), ma solo una decisione di non procedere a un’investigazione. E questo è molto diverso rispetto ad un processo in cui c’è diritto d’appello e un contraddittorio tra le parti. È molto delicato e per questo bisogna stare attenti a non confondere i due piani. Non ho mai parlato direttamente con il signor Schwazer e nemmeno con il suo allenatore, il signor Donati, con cui c’è stato solo uno scambio di mail. Noi siamo qui per proteggere gli atleti puliti (in realtà la condotta in questo caso non solo non ha protetto l’atleta pulito, ma lo ha crocifisso), siamo qui per assicurare che un sistema equo sia applicato in tutto il mondo”.
E’ un sistema equo quello che prevede tutto quel tempo di vuoto tra il prelievo, con tanto di indicazione, proibita dal regolamento, del luogo dell’atleta, e la consegna al laboratorio? Che non assicuri l’integrità del campione? Che il Laboratorio invece di assolvere la richiesta di un tribunale, provi a rifilargli campioni di urina diversi, campioni non sigillati, che prima dica che ne è rimasta una quantità minima poi esce fuori che invece la quantità è ancora disponibile?)

Il Tribunale: Nessun dubbio che Schwazer fosse innocente

Il direttore generale della Wada sostiene di non aver dubbi riguardo alla colpevolezza di Schwazer e del suo entourage, incluso Sandro Donati che lottando davvero contro il doping, ha pagato a caro prezzo il suo impegno, fin da quando denunciò il doping, nel corso dei Mondiali di Roma 1987, innescando la vendetta immediata e postuma, arrivata fino ai giorni di Schwazer.
“Il signor Schwazer ha usato tutte le possibilità legali in suo possesso, il sistema ha lavorato correttamente (risate, amare) e bisogna accettare quanto è emerso (quanto è emerso è tutt’altro, ed è stata la Wada, oltre alla ex Iaaf, a non accettarlo perché smontava la costruzione che il Tribunale di Bolzano ha definito criminosa). Mi dispiace per lui ma dobbiamo accettare e rispettare le regole (in realtà le regole sono state infrante fin dalle modalità di prelievo e della catena di custodia) quando le prove portano in una certa direzione (direzione opposta a quella indicata) . Per quanto riguarda il signor Donati, con cui abbiamo lavorato in passato, ora non abbiamo più alcun tipo di rapporto. È sempre stato un fautore della lotta al doping, ma sfortunatamente in questa storia ha deciso che la sua visione potesse essere l’unica possibile (non la sua visione, ma la visione scaturita dalla realtà emersa) e noi non possiamo essere d’accordo. Noi pensiamo che le prove portino in un’altra direzione (anche chi ha letto la sentenza del Tribunale e conosceva nei dettagli il lavoro sotto controllo fatto per mesi da Schwazer sa che le prove portano in altra direzione) e non è più possibile avere con lui una conversazione razionale su questo argomento”. Tirare in ballo la razionalità, con tutto quel che è successo in questi anni tra ex Iaaf, Wasa e Laboratorio di Colonia, è la ciliegina surreale conclusiva.
C’è da aspettare con curiosità che genere di evidenza verrà data da certa stampa italiana (almeno quella poca che è rimasta) a queste parole. Troppa stampa ha preferito ignorare la verità e voltarsi dall’altra parte in omaggio all’arroganza di un potere che nemmeno uno scandalo come questo ha scalfito. Troppi interessi contrastanti, troppa poca voglia di fare ancora giornalismo libero, di ragionare con la propria testa. Accogliere e dare visibilità a queste parole, senza chiosarle, senza confutarle passo per passo, significa rendersi complice una volta di più di un sistema che ha smesso di essere solo sportivo.

Deontologia professionale di Sky e accanimento contro Alex

https://www.ilsussidiario.net/news/schwazer-nuova-squalifica-per-presentare-libro-di-donati-sky-genuflesso-alla-wada/2234021/

Leandro De Sanctis

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