The Mauritanian | Recensione film

The Mauritanian | Recensione film.
L’altra faccia dell’America in un film necessario e meritevole, coraggioso come certe pellicole di denuncia degli anni ’70. The Mauritanian vale assai più della sua qualità filmica, che su una trama da documentario romanzato ma non troppo, innesta storie umane e vicende politiche, violazioni dei diritti umani (oltre che della Convenzione di Ginevra) e sistemi dittatoriali che, in questo caso dopo l’eccidio delle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, trasformano in carnefici gli Stati Uniti, a cui piace tanto definirsi paladini della libertà.
Il regista Kevin MacDonald, scozzese (suoi L’ultimo re di Scozia e State of play) maneggia una storia dura senza voli pindarici, affidandosi a interpreti di spessore, come Tahar Rahim, attore francese di origine algerina (Il profeta) che dà candido tormento, fede e dolcezza al personaggio di Mohamedou Ould Slahi, la vittima. Jodie Foster è l’avvocato Nancy Hollander che si batte per lui “pro bono”, Benedict Cumberbatch che incarna la coscienza dell’americano retto, tanto determinato nel mandare a morte il presunto terrorista fiancheggiatore di Bin Laden, quanto tuttavia ligio alla legalità e con gli occhi aperti, al di là dei pregiudizi e del ruolo.
Una delle scene più belle e coinvolgenti del film è proprio la lettura parallela, dell’accusa e della difesa, di quanto è realmente accaduto a Guantanamo, l’apprendere delle torture che hanno portato alla pseudo confessione del prigioniero. Ovviamente nascoste e censurate come segreti di stato. L’allora segretario della Difesa, Donald Rumsfeld, sostenne che i carcerati non potevano essere considerati prigionieri di guerra, perciò non protetti dalla Convenzione di Ginevra.

L’anima nera e dittatoriale degli Stati Uniti

Una pagina drammaticamente insopportabile che rivela, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l’anima nera e dittatoriale degli Stati Uniti, di gangli importanti del suo sistema politico, espressione di una cultura becera di una consistente fetta di elettorato (o meglio dell’assenza di cultura, soppiantata dal suprematismo bianco, dal culto delle armi e dal razzismo).
Nemmeno un presidente come Obama ha saputo cancellare la vergogna di Guantanamo, un campo di prigionia all’interno della base americana a Cuba, dove nel 2002 l’allora presidente George W. Bush decise di dirottare i prigionieri ritenuti legati al terrorismo. Dal 2002 ne sono transitati circa 800, soltanto dieci dei quali sono poi arrivati ad avere un processo. Obama annunciò la chiusura, ma il Parlamento votò poi contro lo smantellamento fino alla rinuncia firmata da quel “campione” di democrazia che è stato Trump.
In The Mauritania il vessillo dell’eroe buono a stelle e strisce, è affidato agli avvocati: il militare con una coscienza (Benedict Cumberbatch) e la donna che si batte per la difesa degli oppressi (Jodie Foster). Nancy Hollander è stata anche avvocato difensore di Chelsea Manning, perseguitata e incarcerata per la vicenda WikiLeaks.
Il film si chiude mostrando le immagini dei veri protagonisti di questa tristissima e vergognosa storia. Dopo 14 anni trascorsi in quell’inferno (dal 2002 al 2016) il colto e religioso Mohamedou riesce ad essere sorridente e gioioso. Canta perfino Bob Dylan (The man in me, significativamente), in quella che lo psicanalista Vittorio Lingiardi ha definito “l’apoteosi mistica “dell’oggetto buono: interiorizzato, consustanziale, salvifico“.

The Mauritanian, la scheda

THE MAURITANIAN – Gran Bretagna-Usa, 2021. Durata 129 minuti. Su Amazon Prime Video. Dalle memorie di Mohamedou Ould Slahi, Guantanamo Diary, pubblicato nel 2015. * visto in versione originale con sottotitoli.
Regia: Kevin Macdonald.
Interpreti: Tahar Rahim, Jodie Foster, Benedict Cumberbatch, Shailene Woodley.

Leandro De Sanctis

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