VOLLEY Campionati confusi e infelici, mediamente isterici

I campionati di pallavolo? Confusi e infelici, mediamente isterici.
Ringraziando la cantautrice Carmen Consoli per aver fornito gli spunti,
più o meno a metà stagione c’è da registrare la situazione non
propriamente esaltante di A1 e A2. L’assenza di retrocessioni non si è
rivelata quel toccasana che molti credevano o almeno che molti avevano
definito come tale.
        E’ vero che certe esperienze bisogna viverle per verificarne
pregi e difetti. Nell’attesa di condurre in porto questa tormentata
stagione, si può già registrare ciò che è avvenuto finora.
        La Serie A1 è partita per formula senza le retrocessioni. La
Serie A2 è diventata strada facendo campionato senza rischi, con
l’abbandono di Avellino, che ha di fatto cancellato l’unica
retrocessione prevista. A questo punto è emerso un comportamento a cui
il volley italiano non era abituato: l’esodo di giocatori messo in atto
per risparmiare gli ingaggi. Spariti gli obiettivi, c’è stato chi ha
preferito mandare via chi si poteva mandar via, chi aveva un mercato,
chi costava troppo. Inutilmente, aggiungiamo. Perchè solo pochi mesi
prima certi giocatori erano stati ingaggiati per raggiungere il
traguardo della salvezza. Quando non c’è stato più bisogno evitare la
retrocessione, si è deciso che non c’era più bisogno nemmeno di certi
giocatori. Poi, come sempre accade nello sport, le cessioni hanno fatto
felici altri club, che hanno potuto acquistare in corsa, assestando la
qualità degli organici e rimediando a lacune emerse nella prima parte
della stagione.
        Se lo aspettavano in pochi, ma il mercato selvaggio è stata una
delle conseguenze del blocco retrocessioni e della crisi. Ma i problemi
economici restano e non si riesce a vedere l’epilogo di una situazione
oggettivamente complicata. Reperire fondi per mantenere in vita tutto il
carrozzone non è semplice. Bisogna avere coraggio, farsi venire delle
idee, lavorare sodo e con umiltà sul territorio, tornare a valorizzare
la qualità, individuando con lucida autocritica le lacune ed intervenire
per sopravvivere e crescere. Perchè molte società, se non crescono, non
possono farcela.
        Nonostante tutto ciò, c’è stato un salto di panchina, come ai
tempi in cui l’ultima in classifica retrocedeva. Ma a Latina non pare
essere stata la classifica deficitaria la causa unica
dell’allontanamento di Santilli, visto che la Andreoli ora ha deciso di
proseguire con il suo vice, Simoni.

Avellino sparita per le promesse non mantenute

Ai club in difficoltà serie, ai presidenti anche appassionati che cercano di resistere all’onda d’urto, a volte terrificante, della crisi economica, bisognerebbe sempre ricordare che mantenere una squadra di pallavolo d’alto livello, diciamo pure professionistica anche se ufficialmente il professionismo nella pallavolo non dovrebbe esserci, non l’ha ordinato il medico.

    Ma in questa Italia che ad ogni livello concede credibilità anche alle promesse non mantenute, non si è ancora interrotta la catena che talvolta finisce per strozzare le società.
     A volte, forse paradossalmente, sono quelle serie a saltare per prime. Avellino ad esempio, non ce l’ha fatta a sopravvivere in A2, anche perchè gli sponsor (tra i quali il più importante, che dava il nome alla squadra, era una azienda dell’ambito del Comune di Avellino) hanno promesso ma non mantenuto. Promesso ma non pagato. Forse ora, alla luce delle difficoltà che molte società hanno per chiudere la stagione e raggiungere la parità di bilancio, ci si renderà conto che perfino 12 squadre in questo momento possono essere un lusso per il campionato di vertice.
    Un segnale incoraggiante è arrivato da Città di Castello, da cui provenivano voci allarmanti nei mesi scorsi. Fromm non è stato ceduto e l’AltoTevere sta cercando di assestarsi nella difficile ed onerosa ribalta della A1: ha cercato di crescere arruolando nei quadri dirigenziali Vittorio Sacripanti, che aveva lasciato la A1 dimettendosi con stile, per solidarietà con giocatori e impiegati che non venivano pagati dalla M.Roma. Nessuno può fare miracoli ma organizzarsi al meglio è indispensabile per sperare di sopravvivere.

Il congedo di Santilli: “Disegno già scritto…”

Non c’è riforma che tenga, anche se non si rischia la retrocessione, l’abitudine di licenziare gli allenatori per coprire una serie di errori multipli è sempre di moda nello sport italiano. E così la Andreoli Latina ultima in classifica ma in corsa per la Challenge Cup (stasera cerca la qualificazione per i quarti), ha dato il benservito al tecnico Roberto Santilli, uno di casa, almeno fino a domenica scorsa.

Un’intervista duramente critica rilasciata recentemente dal presidente Falivene aveva fatto intuire che il rapporto ormai si era deteriorato. Esonero comunicato senza troppi fronzoli (due righe due di comunicato) dopo una domenica che ha visto la Andreoli far tremare la capolista Macerata.
    Roberto Santilli ha scritto e diffuso il suo pensiero, senza perdere d’eleganza: «Il tempo passa e anche questo club è cambiato molto. Tutti sapevano dei miei problemi con il Direttore Sportivo (Grande, ndr), ma poco si è fatto per compattare una squadra spaccata dall’inizio. Qualcuno dovrà pur chiedersi perché adesso, dopo che nell’ultimo mese pur avendo affrontato partite con mezza rosa a disposizione la squadra si è sempre espressa lottando con determinazione ottenendo complimenti da tutti. Per di più ora, alla vigilia di un turno di Challenge già in tasca e di 4 partite in casa su 5 in campionato nel prossimo mese. Si compie un disegno già scritto e voluto da tempo da qualcuno. Ognuno è libero di prendere le decisioni che crede, e se ne prende le responsabilità.
     Non credevo di essere immune dalla formula dell’esonero, ma certo non potevo aspettarmelo qui “in casa mia”. La competenza contraddistingue ciò che facciamo, e lo stile ne è la forma.
    Io vado a letto con la coscienza pulita, e non da oggi. Ringrazio tutti coloro che sono stati “dalla mia parte”, e non sono pochi»

Giocatori lasciati partire per risparmiare
    
I paradossi della crisi e della formula che
ha cancellato l’incubo delle retrocessioni. In A1 fin dall’inizio del
campionato, in A2 in seguito all’addio forzato e doloroso dell’Avellino.
Non c’è mai stato un mercato invernale così intenso. Prendendo spunto dal titolo dell’ultima pellicola di Leonardo Pieraccioni, lo si potrebbe definire un pessimo via vai, tutt’altro che magnifico, se riferito a tutte quelle società che hanno lasciato andar via giocatori a campionato in corso.
    Se la Lube ha deciso di accontentare Lampariello, attratto da un ingaggio da favola in Oriente, ci sono stati club che hanno invece tagliato l’organico liberandosi di contratti onerosi, una volta svanita la necessità di raggiungere l’obiettivo della salvezza.
    E’ ciò che ha fatto in Serie A2 il Brolo, che ha ceduto Rizzo, Bertoli, Nuzzo, Di Franco, Boff.
Insomma, A1 e A2 come un Grand Hotel: giocatori che vanno, giocatori che vengono.

Il gran colpo, autentico, di mercato, l’ha messo a segno Modena, riportando a Casa Modena il regista del Brasile campione del Mondo, Bruno, cogliendo al balzo l’opportunità creatasi per la crisi economica del suo club brasiliano.
     Nell’andirivieni a campionato avviato, molti i nomi che hanno cambiato maglia: per la serie vai dove ti portano i soldi, dollari, euro o yen che siano.
    Si è data a lungo per imminente l’addio all’AltoTevere del tedesco Fromm, invece il giocatore è ancora a Città di Castello.
    Anche nel campionato femminile diverse pallavoliste hanno cambiato maglia a campionato in corso (la Turlea, una veterana, è andata al Galatasaray Istanbul). Stavolta per scelte personali e societarie e non, come accadde l’anno passato, perchè i club sparivano sotto il peso delle inadempienze economiche.

 * sul Corriere dello Sport di mercoledì 22 gennaio 2013

 

Leandro De Sanctis

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