Jacobs e la 4×100: azzurri gli eredi di Bolt e della Jamaica

Jacobs e la 4×100: azzurri gli eredi di Bolt e della Jamaica. L’Olimpiade dell’atletica italiana, alla faccia degli uccellacci del malaugurio, è diventata qualcosa di inimmaginabile, ai confini della realtà ipotizzata. Cinque medaglie d’oro: Tamberi, nella marcia Stano e Palmisano, e due ereditate nel regno che è stato di Usain Bolt e della Giamaica. Il successore del più grande sprinter di sempre è Marcell Jacobs, e nell’albo d’oro della staffetta 4×100 da oggi dopo la Jamaica c’è la scritta Italia.
Non ci sono parole per descrivere lo stato d’animo di chiunque ami l’atletica, che in questi giorni ha vissuto emozioni e gioie che sembravano ormai patrimonio solo di un lontano passato, della sempre citata era dei Mennea e della Simeoni. Ma dopo anni di scarso raccolto, il movimento si è riscoperto grande, nelle medaglie ma anche in certi piazzamenti, nelle finali raggiunte, nei miglioramenti di molti dei partecipanti.
Ci sarà tempo per un’analisi globale. Oggi è stato un giorno non meno incredibile del giorno dei giorni, della doppietta Tamberi-Jacobs.
L’oro della staffetta si vince con il talento individuale e con la perizia di squadra, perché a ciccare un passaggio di testimone, a pestare una linea di corsia, è un attimo.
L’oro di Jacobs ha dato forza e certezze ad un quartetto che dopo essersi gestito in batteria, è sceso in pista per vincere, puntando al massimo. Ma vi rendete conto che salto di mentalità?
E’ stato un trionfo per Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu, campioni olimpici con il record italiano di 37.50. Hanno battuto la Gran Bretagna (37.51) e il Canada (37.70), firmando il secondo tempo di sempre in Europa e il quinto di tutti i tempi al mondo e issando l’Italia nel medagliere dell’atletica.

Stratosferico Tortu, finalmente

L’oro è arrivato al termine di una finale perfetta, in cui ognuno ha svolto alla perfezione il suo compito. Ma merita un plauso particolare Filippo Tortu, che ha inseguito e superato il suo rivale britannico risucchiandolo sulla linea del traguardo, dove si è tuffato con un tempismo perfetto. L’ultima frazione di Tortu è stata strepitosa e spero serva a restituire certezze ad un atleta che pareva essersi smarrito dopo i primi exploit ormai di qualche anno orsono. L’oro di Tokyo sarà per lui il miglior elisir per tornare a lavorare credendo in se stesso e nei suoi margini di miglioramento. Se da un lato questa meravigliosa vittoria ribadisce l’attuale valore di Jacobs nello sprint mondiale, il finale di Tortu va a sanare, credo, ferite intime inconfessabili ma umanamente comprensibili. Quei bravi ragazzi dello sprint azzurro vanno forte e suscitano simpatia. Tokyo può essere un punto d’arrivo indimenticabile, che li ha già consegnati alla storia immortale dell’atletica (italiana ma anche mondiale). Ma può essere anche un punto di partenza per mantenersi sulla cresta dell’onda, crescendo ancora e mettendo a tacere invidie e maldicenze. Senza dimenticare la chiave della semplicità con cui hanno vissuto lo sport prima di Tokyo (e nel caso di Tortu mettendo da parte quelle barriere nella comunicazione che hanno rischiato di offuscare la sua genuinità).
L’oro olimpico di Tokyo annoda il filo all’impresa dei Mondiali di Helsinki, 1983, quando la 4×100 azzurra composta da Tilli, Simionato, Pavoni e Mennea, conquistò un memorabile argento, preceduta solo dagli Stati Uniti di Calvin Smith e Carl Lewis. Sembra davvero di sognare celebrando l’oro olimpico di Patta, Jacobs, Desalu e Tortu. Ma è tutto vero.

Leandro De Sanctis

Torna in alto