Grazie a Dio, il film di Ozon sulla pedofilia dei preti

Grazie a Dio, il film di Ozon. La locandina
Grazie a Dio, il film di Ozon

Grazie a Dio, il film di Ozon sulla pedofilia dei preti è uno dei migliori della stagione cinematografica italiana. Ed è un delitto che in una metropoli come Roma, che ospita tante multisale soltanto nel rinnovato Quattro Fontane e in un solo orario, si possa vedere il film, per giunta nemmeno in versione originale. Ma nonostante ciò, il film è talmente bello, rigoroso, lucido nel mettere in scena con efficacia e sensibilità una storia vera, che una volta tanto si riesce perfino a superare l’handicap del doppiaggio. In quanto tale, non per la professionalità dei doppiatori, va detto.

Più intimo di Spotlight

Il caso Spotlight, premiato con l’Oscar, era stato un film importante nella rappresentazione della piaga della pedofilia ecclesiastica. Ma pur molto bello, il film di McCarthy era diverso da Grazie a Dio. Era la classica opera di denuncia del cinema hollywoodiano, che sfruttava il giornalismo e l’inchiesta per approdare alla verità. Ozon sceglie una strada diversa, più intima e profonda, ponendosi dalla parte delle vittime, entrando nelle pieghe dei loro tormenti, delle conseguenze di quegli abusi, delle reazioni delle famiglie. Di allora e di oggi.
Quello che accadde è già noto ed è il punto di partenza. Si sa già chi è il colpevole. Strada facendo si avrà conferma anche della colpevolezza dei fiancheggiatori, non meno rei.
Quanto il regista francese venne a conoscenza della Parola liberata, il sito che raccoglieva le denunce degli ex scout molestati da padre Preynat, decise di farne un documentario. Ma poi cambiò idea pensando che proporre la problematica con un film avrebbe avuto un impatto migliore.
Ha fatto bene perché è riuscito ad allestire un racconto che da individuale diventa corale, con sensibilità e rispetto entrando nell’intimità degli uomini la cui vita, in alcuni casi, è stata rovinata e comunque segnata dal crimine di padre Preynat.
Ma se il prete è reo confesso anche se non pentito, non meno grave la condotta di chi ha coperto le sue nefandezze, di chi lo ha lasciato nel suo ruolo, sempre a contatto con i bambini nonostante fosse chiara la sua malattia, se vogliamo chiamarla così. E ce n’è anche per le famiglie irriducibilmente succubi della religione e degli uomini di Chiesa. E per gli intermediari che esprimono una falsa accoglienza di facciata. Colpisce la scena in cui l’abusato è costretto a pregare mano nella mano con il molestatore. Ed è interessante anche il comportamento delle mogli degli uomini che da ragazzini furono abusati.

Per la Chiesa, non contro la Chiesa

La misura e lo spessore di Grazie a Dio (a proposito, il titolo riprende una maldestra espressione del cardinale Barbarin quando parla delle prescrizione da quegli abusi) risiede anche nella volontà di arrivare alla giustizia mantenendo l’equilibrio tra la fede e i ministri religiosi. “Non lo facciamo contro la Chiesa ma per la Chiesa” ripete il personaggio che per primo deciderà di denunciare padre Preynat alla giustizia ordinaria. Ma solo dopo aver dovuto constatare che dalla Chiesa, nonostante l’indirizzo preciso di Papa Francesco, non sarebbe mai arrivata una condanna. Nè la Chiesa si sarebbe preoccupata di destituirlo per mettere al riparo da nuovi abusi i bambini.
Non sono mai stato uno scout e vedendo il film ne sono ancora più felice. Mi chiedo come al giorno d’oggi le famiglie non si pongano certe problematiche quando decidono di affidare, talvolta con leggerezza, i loro figli ad estranei (si parli di Scout come di allenatori e altro) in contesti potenzialmente a rischio.

La scheda di Grazie a Dio


GRAZIE A DIO. Francia, 2018. Regia: François Ozon. Interpreti: Melvil Poupaud, Swann Arlaud, Denis Menochet, Eric Caravaca, Josiane Balasko, Julie Duclos, Aurelia Petit. Distribuzione: Academy Two. Visto in edizione non originale, doppiata in italiano.

La scheda di Ozon

https://it.wikipedia.org/wiki/François_Ozon

Leandro De Sanctis

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