Equal Jersey, la Fivb apre anche la botteguccia on line

Equal Jersey, la Fivb apre anche la botteguccia on line, con Volleyball.org
Chi ha visto in tv la finale della Volleyball Nations League di pallavolo femminile tra Italia e Brasile, sarà rimasto colpito e incuriosito dal vedere in campo una cosa mai vista: in campo ben cinque maglie di colore diverso. E una in particolare avrà richiamato incredula attenzione, dato che la indossavano sia l’italiana Egonu che la brasiliana Gabi.
Roberto Prini e Rachele Sangiuliano, le voci di Sky/Now, lo hanno spiegato all’inizio ma chi si è sintonizzato dopo le loro parole, è rimasto ignaro.
Quando ho trovato la spiegazione Fivb non ho potuto fare a meno di ricordarmi il senso di questo blog/sito, dare delle cose una lettura alternativa a quella proposta, provare a ragionare da un altro punto di vista.
Ma andiamo per ordine.
L’iniziativa della Fivb, la Federazione Internazionale del Volley ha mandato in campo Egonu e Gaby facendo indossare loro l’Equal Jersey (magliette fatte di spun polyester: con un disegno a righe bianche, nere, verdi) nell’ambito – dice la Fivb, dell’iniziativa di sensibilizzazione sociale circa il tema dell’eguaglianza di genere promossa da FIVB e Volleyball World. Iniziativa lodevole, non c’è alcun dubbio.
Le due campionesse hanno disputato le prime fasi di gioco della finalissima indossando l’Equal Jersey fino al primo timeout tecnico. Parte dei proventi, dice la Fivb (sul blog dal 15 al 25 di Gian Luca Pasini ho letto che sarà il 40%), derivanti delle vendite delle Equal Jersey (disponibili online su shop.volleyballworld.com) saranno devoluti all’associazione “Let’s Keep the Ball Flying” per consentire a 10 atlete e 10 tecnici di lavorare come volontari in un camp di allenamento che si svolgerà in Nepal.

Uno spot invasivo senza precedenti

Inutile dire che questo insolito mega spot senza precedenti, è fonte di imbarazzo e riflessioni in chiunque non sia abituato a bersi ogni cosa che navighi in un mondo senza più spirito critico e desiderio di approfondimento.
Siamo abituati alle magliette che le squadre di molti sport indossano PRIMA delle partite, per sensibilizzare su temi sociali o campagne di rispetto civile. Ma non credo fosse mai accaduto che a una squadra, per di più nazionale, venisse imposto di privarsi dei proprio colori, sia pure per una giocatrice e per una manciata di minuti e di punti.
In campo quindi, fino al primo time out tecnico a quota 12, si sono viste cinque maglie differenti. L’Italia in azzurro, il libero in biancoazzurro, il Brasile in giallo, il libero brasiliano in bianco e poi le due testimonial coatte, Egonu e Gaby, con identica maglia a righe Equal Jersey. La sublimazione di un errore che nel volley accade periodicamente da decenni: vedere due squadre in campo con maglie quasi di identico colore! Stavolta però non si è trattato di un errore ma di una precisa volontà.
Iniziativa che testimonia come in ambito Fivb si siano travolti tutti gli argini, per inseguire guadagni: dalle esclusive di vario genere sui campi, alla privazione della libera e logica iniziativa commerciale delle varie federazioni che ospitano eventi, diventati e ritenuti di esclusiva pertinenza e possesso Fivb.

Dove si nasconde l’ipocrisia?

Penso che una federazione come la Fivb se vuole svolgere una campagna con venti persone (dieci tecnici, dieci giocatrici) in Nepal, possa tranquillamente farlo con le sue risorse, dato che uno dei suoi scopi dovrebbe essere appunto quello promozionale e filantropico ai fini pallavolistici. La Fivb non ha bisogno di aprire una botteguccia on line per ricavare non si sa bene quanto, da devolvere alla causa nepalese. E’ un po’come quelle aziende che una volta mandavano doni natalizi. Ad un certo punto hanno iniziato a sostituire i regali, anche piccoli e simbolici, con un bel biglietto che avvisava: la cifra che sarebbe servita per il tuo regalo, l’abbiamo data in beneficenza a xyz.
Una autentica ipocrisia: nessuno chiede regali, se un’azienda vuole fare beneficenza, la faccia, senza sentire il bisogno di informare in questo senso. Anche perché i veri amici i piccoli o grandi doni li continuano a fare sempre e non giustificherebbero mai un mancato dono non richiesto con una bugia, con una simile condotta. Con un’ipocrisia.

53 dollari per una maglietta di spun polyester

Allora, facendo pubblicità al sito shop.volleyballworld.com, vi dico che ho fatto un salto nella botteguccia per vedere i prezzi di queste magliette in spun polyester: le magliette costano 53 dollari, ma ci sono anche due borsette (misura 38,1 cm x 38,1 cm) che reggono fino a 20 kg, con tracolla o con maniglie, e costano 39 dollari. Ora, è noto che il poliestere è una fibra sintetica di qualità ben diversa dal cotone e a parte i campi di gioco, soprattutto d’estate, indossarla non è certo un piacere. Oltretutto non si sa, almeno non sono riuscito a trovare informazioni Fivb sul luogo dove queste maglie vengono prodotte. Non ho quindi certezza sui costi di lavorazione e sui compensi dati a chi ha lavorato per farle. Sarebbe imbarazzante promuovere campagne sociali per vendere prodotti frutto di sfruttamento. Ma sicuramente la Fivb avrà fatto le cose perbene e in regola. “Prova a pensare un po’ diverso” cantava 50 anni fa Francesco Di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso: ecco, non è che io voglia per forza pensare diverso, però non lo avrei fatto se la campagna per l’uguaglianza di genere non fosse accompagnata da magliette da vendere che la fanno somigliare troppo a una promozione pubblicitaria.
Sono consapevole che l’iniziativa è nata nel 2021, ne parlo ora sull’onda di quanto ho visto in tv da Ankara. Scusate il ritardo. Ma per pensare diverso non è mai troppo tardi.

Leandro De Sanctis

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