Ricordando Prozac+, addio Elisabetta Imelio

Visto che non sono mai stata una persona troppo ordinaria, la prima canzone d’amore che abbia mai dedicato a qualcuno è stata GM. Ero in quinta elementare e il significato del testo mi era, per ovvi motivi, in buona parte oscuro. Ma la musica di questo gruppo “strano” risuonava con me, in modi che non sapevo ben spiegare.
Sin da allora i Prozac+ sono stati la colonna sonora di innumerevoli pomeriggi di lettura, tanto che Acido acida per me è a tutt’oggi la ost di The Changeover – in italiano La figlia della luna – di Margaret Mahy (libro che all’epoca amavo follemente e che è peraltro all’origine della mia fissazione con la Nuova Zelanda). Quello che amiamo da piccoli ci resta dentro come niente altro potrà mai. L’amore che proviamo in quella fase della vita è totale, magico, e quei primi catalizzatori di amore sono oggetti di magia a tutti gli effetti… restano incastonati nelle fondamenta di noi, pietre preziose la cui aura magica resta viva, in profondità, sempre.
Anche se a volte ce ne dimentichiamo. Del mio primo live dei Prozac+ conservo uno splendido ricordo, e lo devo ai miei genitori. È il 15 aprile 2000, e, dopo il saggio di flauto, vengo condotta attraverso vie sconosciute fino ad un luogo mai visto prima (il Palladium di Roma), per qualcosa che non vogliono dirmi cosa sia. Mentre siamo in fila per entrare, noto dei banchetti per strada, vendono magliette… aspetta, cosa c’è scritto sopra? Strizzo gli occhi. ODDIO. Prozac+?!!! Non dico niente, ho quasi paura.
Ma la sorpresa è proprio quella: avrei visto i Prozac, dal vivo. Avevo 12 anni ed ero FELICE. Il ricordo tangibile di quel concerto epico ha regnato incontrastato sulla parete della mia cameretta per tutti gli anni delle superiori, fino alla fine dell’università: il poster dell’evento, la copertina di 3Prozac+ (un bidone dell’immondizia) in formato gigante, trafugato da mio padre a fine concerto (con una faccia tosta che per sé stesso non sarebbe mai riuscito a sfoggiare). 
Le gite con la scuola in pullman seduta (spesso da sola) davanti, perché se stavo dietro mi sentivo male. Quell’estate in vacanza con la mia famiglia, a Parigi e poi a Pejo, col primo piercing appena fatto. Le traversate solitarie in treno. Quella volta in macchina sul raccordo con P., “ma come ti sei fermato a Acido acida… sei pazzo?!” e su il volume. Tanti momenti di piacere e fomento su quelle linee di basso. 
Piccole grandi cose. 
Per dire che io non ti ho mai conosciuta, Elisabetta Imelio, eppure hai significato tanto per me. E oggi è un giorno triste. Ascoltare i Prozac+ e i Sick Tamburo non avrà mai più lo stesso sapore ora che non ci sei più. 
RIP.

https://www.ilgazzettino.it/nordest/pordenone/elisabetta_imelio_prozac_morta-5084376.html

Elisabetta Imelio, bassista dei Prozac+ e poi dei Sick Tamburo
Elisabetta Imelio, bassista dei Prozac+ e poi dei Sick Tamburo

Francesca De Sanctis

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