Dopo il caso Schwazer, lotta al doping non più credibile

Dopo il caso Schwazer, lotta al doping non più credibile.

di Sergio Rizzo *

Il problema del doping sembra definitivamente o quasi superato, stando a quanto pubblicano oggi i media (giornali tradizionali, siti o social di ogni genere). Se esce una voce clamorosa (l’ultima: le accuse contro Lebron James) viene subito spenta. A meno che non ci sia un interesse “politico”, per esempio le sanzioni agli atleti russi. Oppure non si parli di Alex Schwazer.
Schwazer, appunto, il caso dei casi, quello di cui ancora si discute a distanza di anni e che attualmente è di nuovo in copertina grazie a Netflix e il suo docu-film. Il paradosso è che Alex è innocente, non è colpevole di doping, è un “pentito”, e per questo è stato espulso dalla comunità dello sport.
Alex è colui che più di tutti ha pagato e nella stessa situazione c’è il suo ultimo allenatore, Sandro Donati. Sì, proprio lui, il paladino della lotta al doping (detesta essere chiamato così, vorrebbe essere ricordato semplicemente come un tecnico, ma non gli sarà concesso).
Ma ci sono altre vittime, a partire dalla credibilità definitivamente perduta da parte dello mondo sportivo. Così come non più è credibile la lotta al doping. Non c’è bisogno di raccontare la vicenda giudiziaria di Alex, basta partire dalla sua conclusione: sta pagando per qualcosa che non ha commesso, per il complotto di cui è stato vittima, per la manipolazione delle prove contro di lui. Col risultato incredibile: oggi qualsiasi dopato può dire “sono innocente come Alex”. Qualsiasi personaggio, anche appartenente al passato, viene riabilitato: non esistono più colpevoli se un innocente viene punito.

Dopo il caso Schwazer, ci sono giornalisti che…

Viviamo uno strano mondo. Ci sono giornalisti una volta al sopra di ogni sospetto che oggi riabilitano persino il professor Conconi. C’è chi equipara Schwazer a Pantani, vittime dello stesso sistema. Dimenticando che il primo è stato archiviato dal punto di vista giudiziario, e sull’altro un giudice è riuscito persino a scrivere che il doping faceva parte delle sue tabelle di allenamento. Ci sono giornali che hanno all’improvviso cambiato linea, diventando spietati nei confronti di Alex. Su questo argomento faccio mie le considerazioni amare dell’amico Leandro De Sanctis sul “Corriere dello Sport”, giornale per il quale ho lavorato una vita.
C’è un po’ di tutto nel caso Schwazer, estremamente attuale eppure legato indissolubilmente al passato. Alla storia di Sandro Donati, alle sue battaglie contro il doping e contro ogni tipo di corruzione. Suoi avversari coloro che negavano tutto: chi sosteneva che il doping in Italia non esistesse e che il salto di Evangelisti fosse regolare. Oggi queste persone godono della condanna sportiva ad Alex. Ed hanno trovato alleati formidabili nella Wada (l’agenzia mondiale antidoping, nata nelle intenzioni come indipendente ed oggi invece legatissima al Cio) e nella Federazione mondiale di atletica leggera. Indifendibile resta l’intera istituzione sportiva, sempre più autoreferenziale. La giustizia sportiva diventa ogni giorno meno credibile (si guardi a quanto sta accadendo nel calcio per la vicende legate alle plusvalenze). Schwazer ha perso la sua battaglia ma oggi è una persona felice: ha messo su famiglia, superato la depressione che l’aveva colpito quand’era un campione, è considerato innocente da (quasi) tutti. Ha vinto perdendo, e tutti i suoi nemici hanno perso vincendo.

* Sergio Rizzo è stato vicedirettore del Corriere dello Sport-Stadio, per il quale ha iniziato a lavorare nel 1979. Ha partecipato come inviato alle Olimpiadi di Seul 1988, Barcellona 1992 e Sydney 2000. E’ laureato in Filosofia. Al doping ha dedicato il suo libro Bioetica e Sport – Nuovi principi per combattere il doping (Editrice Il Vascello, 2006).

Uno dei vari articoli pubblicati su Visto dal basso e dedicati alla serie di Massimo Cappello sul caso Schwazer

Sergio Rizzo

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