Il Festival di Sanremo va in Blanco

Il Festival di Sanremo va in Blanco…
Il fatto che le cose di cui si parla, a proposito della prima serata del Festival di Sanremo su Rai 1 (anche in 4K sul canale 101) siano la presenza del Presidente della Repubblica Mattarella, l’intervento di Roberto Benigni, la presenza di tal Chiara Ferragni e il fuori programma imbarazzante di Blanco, dicono molto su come la musica non sia più il cuore del Festival.
Da anni Sanremo è diventato una trasmissione televisiva, infarcita di pubblicità, di spot di imminenti lavori che saranno trasmessi dalla Rai, di cose che con la musica c’entrano poco.

Blanco, una condotta inqualificabile

E’ stato talmente imbarazzante vedere ciò che ha combinato Blanco sul palcoscenico sanremese che si fa fatica a parlarne senza usare aggettivi pesanti. Pseudonimo di Riccardo Fabbriconi, 20 anni venerdi prossimo 10 febbraio, bresciano e vincitore della scorsa edizione in duetto con Mahmood, Blanco mentre cantava L’isola delle rose ha iniziato a distruggere i fiori del palco sanremese con una furia inspiegabile per i telespettatori, dapprima stupiti, poi indignati. Roba che nemmeno le coltellate di Keith Emerson alle sue tastiere, le chitarre spaccate in terra da diverse rockstar a partire da Pete Townshend degli Who, passando per i Placebo (proprio al Festival sanremese del 2001 alla fine di un’esibizione in playback) o la chitarra data alle fiamme da Jimi Hendrix (la prima volta che lo fece era il 31 marzo 1967).
Ometto i Maneskin per decenza personale, perché rompere gli strumenti è solo un’altra scopiazzatura.
Blanco ha detto al conduttore Amadeus che il suo gesto era da attribuire al fatto che non si sentisse in cuffia mentre cantava (cantava?, ma si va…). L’unico a comportarsi adeguatamente è stato il pubblico del Salone Ariston, unito nel subissare di fischi il giovane performer. Peccato che spaccare fiori a Sanremo, sul palcoscenico del Festival, è gesto decisamente sacrilego per una città che si identifica con i fuori e con il Festival.
L’incidente, ingiustificabile, ha fatto comprendere diverse cose: intanto che Blanco non è un professionista della musica. Come minimo non lo è ancora. Quando Adriano Celentano, Festival 1970 che poi avrebbe vinto, dimenticò le parole della sua Chi non lavora non fa l’amore, si fermò alzando le mani, scusandosi per poi ricominciare. Ma Celentano era già Celentano, non un Blanco qualsiasi, reso celebre oltre gli eventuali meriti, come accade per molti oggi in un mondo musicale regolato da leggi che con la musica c’entrano poco. E non penso che volesse citare il testo del successo sanremese dei Maneskin (scusate il bis): Sono fuori di testa, diverso da loro. Ma gli spettatori dell’Ariston di fronte a cotanta furia non sono rimasti zitti e buoni.
Blanco non si è scusato sul palco, ha anche peggiorato le cose sostenendo che lui si era divertito lo stesso anche se era previsto che facesse altro. Talmente abituato a non alzare lo sguardo dal proprio ombelico (coperto da un’orrenda pancera esibita a vista sotto una camicia spalancata tipo huwagi da judoka) che non si minimamente curato dell’effetto che aveva prodotto su tutti, ma ha pensato solo a se stesso, al fatto che anche così lui si era divertito. Amadeus pure è andato nel pallone, tra nome sbagliato (Salmo) e proposta di fargli ricantare il brano (un premio alla maleducata follia dell’esibizione?). Poi qualcuno deve avergli fatto notare l’assurdità e non se ne è fatto nulla, tra gli applausi di platea e galleria. E comunque, non ci siamo persi nulla.
Qui non si tratta di abiti audaci o look provocanti, la violenza reiterata di Blanco racconta altro ed è anche un segnale di quanto sia sbagliata la cultura dei nostri tempi, perché la professionalità non può essere patrimonio da boomer. Bravo invece Fiorello, a dileggiarlo quando nel suo spazio lo ha paragonato alla mamma che non ci sente ed esce in balcone a distruggere i vasi con i fiori.
Se Will Smith è stato bandito dagli Oscar per aver schiaffeggiato un collega, Blanco dovrebbe essere squalificato per i Festival futuri per aver preso a calci i fiori, simbolo sanremese. L’anno scorso tra le conduttrici c’era stata Maria Chiara Giannetta, Blanca nella serie Tv della Rai: si può tranquillamente affermare che nel passaggio da Blanca a Blanco, il Festival ci ha rimesso e non poco. E’ proprio vero che per i…Blanco-neri non è un periodo facile.

Chiara Ferragni, l’ovvietà detta male

Altro personaggio che guarda il suo ombelico e pone se stessa al centro del mondo, Chiara Ferragni ha perso una buona occasione per far ricredere su ciò che si pensa di infuencer (scusate la parola) che si arricchiscono grazie a una immeritata popolarità e al livello in cui è precipitato il Paese, conisderato che è la Ferragni, con i suoi 28 milioni abbondanti di seguaci, la persona più influente di questa svilita Italia.
Il suo monologo, naturalmente dedicata se stessa bambina, autoreferenziale su Chiara più che sulla donna in senso universale. Con la parolaccia, troia, che nemmeno i maestri della trasgressione comica e non si erano mai permessi di pronunciare. Non fa sensazione il vestito nude look capezzoluto, quanto la povertà di un personaggio che viene chiamato per aumentare ed estendere i numero del Festival, anche se Chiara Ferragni ha dimostrato di non avere qualità nemmeno nel declamare il suo testo.
E quando Amadeus ha specificato che lo aveva scritto lei stessa (ma và? che brava, che impresa!) dinanzi al video non si sono trattenute le risate: visto che non ha saputo nemmeno leggerlo adeguatamente, depurandolo di quella dizione che si fa beffa della corretta pronuncia, volevate che nemmeno se lo fosse scritto?


Leandro De Sanctis

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