ATLETICA Donati a La Repubblica: “Contro la mafia del doping una battaglia senza fine. Ho paura”

SEMPRE PIÙ SOLO
e sempre più accerchiato, questa mattina ha parlato con “qualcuno che
gli sta intorno” e l’inquietudine che l’ha accompagnato nei suoi ultimi
drammatici giorni è diventata paura. Confessa Sandro Donati: “Sì, ho
paura che possa accadere qualcosa di molto brutto a me o alla mia
famiglia”. Paura di cosa, professore? “Anche di perdere la vita”. Non è
soltanto una storia di qualificazioni olimpiche e di record, di allori e
di medaglie. Una vicenda che è stata rappresentata come uno scandalo
dello sport in realtà fa tanto odore di mafia, di clan, di soldi. E
mistero dopo mistero si sta trasformando in un affaire internazionale
dove le provette di urina s’intrecciano con grandi affari e grandi
interessi, appetiti di consorterie criminali, intrighi e vendette.
Sandro Donati esce allo scoperto, non si arrende, attacca. E denuncia:
“Non mi sono piegato ed ecco perché adesso temo il peggio. Già la mia
carriera di allenatore è stata stroncata 29 anni fa quando feci le prime
denunce sul doping, ma oggi le contiguità fra alcune istituzioni
sportive e ambienti malavitosi sono ricorrenti e dimostrabili”.
Da Vipiteno, il ritiro scelto per
allenare Alex Schwazer per le Olimpiadi di Rio e suo quartiere generale
anche dopo l’assai sospetta positività al doping del marciatore che è
finito in un gorgo fangoso, svela i suoi timori e annuncia: “Andrò al
più presto alla procura della repubblica di Roma a rappresentare certe
situazioni, ho molte cose da dire ma nei dettagli preferisco informare
prima i magistrati. Per colpire me è stato macellato un atleta innocente
che in passato ha sbagliato, ma che è un campione immenso che avrebbe
sicuramente vinto a Rio la medaglia d’oro sia sui 20 chilometri che sui 50”.

Chi l’ha voluto fermare?
“Questa storia porta con sé un messaggio
molto chiaro: chiunque parla va messo fuori gioco, chi rompe il muro
dell’omertà che c’è sul doping deve comunque pagarla cara”.

Ci spieghi meglio: da dove provengono queste minacce per la sua vita?
“Più persone mi hanno sottolineato come
sia stato un grande azzardo da parte di Alex Schwazer accusare gli
atleti russi di doping. Ed è evidente il rapporto di corruttela
reciproco che ha contrassegnato la relazione fra alcuni dirigenti della
Iaaf (la Federazione internazionale di atletica) e le autorità sportive russe, finalizzato ad insabbiare o a gestire in maniera addomesticata i casi di doping”.

E cosa c’entra tutto questo con la sua paura?
“Io ho avuto un ruolo fondamentale,
collaborando con la procura della repubblica di Bolzano e con il Ros dei
carabinieri, nell’individuazione di un gigantesco date base che era
nelle mani di un medico italiano che collaborava e collabora ancora con
la Iaaf. Nel date base c’erano centinaia di casi di atleti
internazionali con valori ematici particolarmente elevati. E, tra
questi, un gran numero di russi. Ho portato all’attenzione della Wada
(l’agenzia mondiale antidoping) quel data base e nel frattempo la
magistratura francese ha aperto un’indagine per riciclaggio e corruzione
nei confronti del vecchio presidente della Iaaf Amine Diack che è stato
arrestato “.

Lei sta dicendo quindi che la sua azione contro il doping ha provocato una rappresaglia?
“Ne sono sicuro. E ho cominciato a
ricevere strane telefonate e anche strane mail che ho già consegnato
alla magistratura. Una mi diceva: “Ho da comunicarti informazioni che ti
riguardano, un accademico tedesco possiede documenti che dimostrano il
tuo coinvolgimento nella vicenda del doping dei russi”. Era firmata da
una certa Maria Zamora, un nome e una persona che non conosce nessuno.
Ho fatto le mie ricerche e sono arrivato alle conclusioni che la parte
corrotta della Iaaf e i russi sono un tutt’uno”.

Ma perché questo accanimento contro di lei?
“Perché c’è un sistema che non tollera
che l’antidoping venga fatto da soggetti esterni alla sua
organizzazione, in questo caso la Iaaf. La vicenda è stata in questo
senso un’operazione quasi “geometricamente perfetta”. Che lancia un
avviso a tutti: di doping non si deve parlare, ce ne dobbiamo occupare
solo noi istituzioni sportive e chi ne parla fuori fa sempre una brutta fine”.

È una legge molto mafiosa, quella del silenzio.
“Il silenzio è la legge in quel mondo.
C’è anche una complicità politica, ma non solo in Italia, in tutti i
Paesi. Le manovre di isolamento nei miei confronti sono iniziate fra
marzo e aprile di quest’anno quando hanno messo in circolo alcune
informazioni false, secondo le quali io avrei avuto un
ruolo marginale nella Wada. Un tentativo di delegittimarmi, il mio
rapporto con la Wada è sempre stato intensissimo fin dal 2003. Eppure
qualcuno ha scritto che io ero “un millantatore”. Poi è arrivato il
resto. L’8 maggio – il giorno prima che Alex vincesse a Roma la gara dei
50 chilometri per la qualificazione a Rio – qualcuno mi ha telefonato
dicendomi “che sarebbe stato meglio che Alex arrivasse secondo”. Una
ventina di giorni dopo lo stesso personaggio mi ha ritelefonato
consigliandomi di “non rispondere all’attacco dei marciatori cinesi”
nella 20 chilometri. C’è gente che vuole condizionare i risultati, gente
che ha interessi altri. Io, dopo 35 anni di attività, posso dire che
non ho mai visto tanta coalizione di forze e tanti segnali inquietanti
come in questa vicenda di Alex”.

Professor Donati, lei è da una vita che combatte contro il doping. Ma davvero l’hanno lasciato sempre solo?
“Qualche mese fa alcuni deputati della
Commissione Cultura della camera mi avevano invitato per un’audizione.
Mi sono preparato, poi le istituzioni sportive hanno lavorato per
depennare il mio nome. Silenzio. Vogliono solo il silenzio”.

Come sta Alex Schwazer?
“È un ragazzo serio. È aggrappato a una
piccola speranza che vede in me. Ma è così sereno che l’altro giorno mi
ha detto: ” Prof, se non mi vogliono, io farò altro”. Io però non mi
arrendo anche se vivo nel terrore. Ho paura ma non piego”.
 
http://www.repubblica.it/sport/2016/07/11/news/donati_ho_combattuto_la_mafia_del_doping_sono_minacciato_e_vivo_nella_paura_-143819241/?refresh_ce 
 
https://www.vistodalbasso.it/2016/06/29/atletica-perche-la-fidal-e-cosi-passiva/ 
 
https://www.vistodalbasso.it/2016/07/04/atletica-una-petizione-per-schwazer-lo/ 
 
https://www.vistodalbasso.it/2016/07/05/atletica-luigi-ciotti-schwazer-emblema/ 

Leandro De Sanctis

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