Sanctuary | Recensione serie tv sumo

Sanctuary | Recensione serie tv sumo
La serie giapponese Sanctuary, ancora visibile su Netflix, dove è apparsa nella scorsa primavera, offre l’opportunità di avvicinarsi al mondo del sumo, tanto misterioso quanto può rivelarsi affascinante agli occhi di chi non lo conosce. Oltre a essere una serie di notevole qualità, antropologica prima ancora che sportiva, Sanctuary prova a rendere il sumo nel suo significato più autentico, partendo dalla base. Come se si volesse far appassionare al calcio non mostrando partite della Champions League o dei Mondiali, ma incontri, personaggi, atmosfere delle categorie minori, dove è ancora la passione l’ingrediente principale, insieme con rivalità, piccole e grandi invidie. Il sogno la grande motivazione.


Ricordando Musashimaru…


Il mio approccio con il sumo risale al 1989, quando per la prima volta mi recai in Giappone per lavoro (ci sarei tornato anche nel 1991, nel 1998 e nel 2006, registrando i cambiamenti di un Paese tanto diverso ma altrettanto ammaliante proprio per le sue diversità).
A novembre in Giappone si svolge il torneo dell’Imperatore (tappe nei mesi dispari dell’anno) e dunque mentre lavoravo in hotel nelle lunghe notti giapponesi, le immagini del sumo che scorrevano in tv erano un costante e talvolta invasivo sottofondo. La figura di Musashimaru, rikishi delle Samoa poi divenuto anche attore, che proprio nel 1989 iniziava la sua strepitosa carriera di yokozuna, il più alto livello di un lottatore di sumo, era quella a quei tempi emergente e vincente.
Ma Sanctuary parte dal basso, dalla rabbia di un giovane irrequieto (Kiyoshi Oze, Henno nel dohyo, interpretato da Wataru Ichinose) una sorta di teppistello arrogante e indisciplinato, refrattario alle regole e con alle spalle una famiglia disunita e decisamente particolare.
Il Sanctuary del titolo è ovviamente il tempio del sumo a cui il giovane aspira. E lungo le sette ore della serie apprendiamo tante cose: i riti del sumo, le abitudini dei lottatori, gli intrighi “politici” che non mancano mai, gli intrecci amorosi. Ma soprattutto a poco a poco si entra un po’ in una mentalità che non è solamente sportiva ma che abbraccia una cultura lontana dalla nostra ma assolutamente affascinante, anche nei suoi risvolti meno comprensibili. Alla fine i sentimenti non sono poi così diversi: l’umanità, il dramma, l’ironia che alimentano Sanctuary ne fanno una serie godibile e interessante per chiunque voglia avere un approccio interessato e curioso, non solo al sumo. Sport quasi mistico, con lunghi cerimoniali che ne rappresentano preambolo non meno interessante dei combattimenti in sé, che spesso durano solo pochi secondi.
Vedere le sequenze degli allenamenti renderà abituale un termine come shiko, che è un gesto significativo e fondamentale del sumo: alzare le gambe quasi in verticale e poi appoggiare con forza i piedi a terra, con le mani sulle cosce, prima da un lato e poi dall’altro. Ecco cosa è lo shiko, ritenuto indispensabile base di ogni rikishi, o sumotori, come vengono chiamati i lottatori di sumo.

Sanctuary

SANCTUARY – Giappone 2023. Prima stagione, 8 episodi (tra i 40 e i 55 minuti di durata). Serie scritta da Kanazawa Tomoki
Regia: Kan Eguchi.
Interpreti: Wataru Ichinose, Shota Sometani,, Shiori Kutsuna, Pierre Taki, Tomorowo Taguchi, Goro Kishitani , Suzuki Matsuo , Akira Nakao, Nobuko Sendo, Takashi Sasano.

Una scena di Sanctuary, serie tv su Netflix


Leandro De Sanctis

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