SERIE TV Black Mirror Bandersnatch

Serie Tv Netflix, Black Mirror Bandersnatch

Black Mirror: Bandersnatch

Paese Regno Unito, Stati Uniti d’America
Regia: David Slade
Sceneggiatura: Charlie Brooker
Cast: Fionn Whitehead, Will Poulter, Asim Chaudhry, Craig Parkinson
Durata: 90 min. (variabili)
di Luca De Sanctis
Bandersnatch è un film interattivo pubblicato su Netflix il 28 dicembre 2018, pensato come parte della serie Black Mirror. Questo episodio speciale, ambientato nel 1984, offre allo spettatore la possibilità di compiere delle scelte e di influire sulla trama guidando il protagonista Stefan, giovane programmatore di videogiochi, durante la progettazione del suo innovativo gioco interattivo.
Durante la puntata ci troviamo quindi a dover decidere tra due opzioni, generalmente quando viene posta una domanda al protagonista o quando si trova in momenti di indecisione. Si hanno a disposizione 10 secondi per scegliere e in quei momenti, senza interruzioni, Stefan appare semplicemente pensieroso.
L’idea alla base di questo film è sicuramente interessante e la realizzazione è stata molto complessa (come hanno spiegato gli showrunner della serie, Charlie Brooker e Annabel Jones) sia per quanto riguarda gli attori che per la progettazione e gestione delle scelte, con i loro percorsi alternativi e le varie ripercussioni sulla narrazione.
Personalmente sono rimasto un po’ deluso da questa esperienza interattiva, complici forse anche delle aspettative troppo alte. Durante la visione ho avuto spesso la sensazione di sapere quale fosse la scelta più giusta da fare e quando di proposito ho optato per le decisioni più controverse mi sono ritrovato inesorabilmente in un vicolo cieco dove non ho potuto far altro che ripartire dalla scelta sbagliata per cambiarla.
A mio avviso è proprio la presenza di scelte sbagliate il limite più grande di questo progetto che principalmente ci chiama in causa o davanti a decisioni apparentemente superflue (come la scelta di un vinile da acquistare piuttosto di un altro o quali cereali mangiare) oppure di fronte a un’opzione lineare e calibrata e una estrema o discutibile.
Tutto ciò provoca la sensazione di avere poco spazio di manovra all’interno del film: a poco a poco si inizia a percepire un percorso principale da seguire obbligatoriamente. Detto questo mi rendo conto che sarebbe alquanto difficile, se non impossibile (e forse anche controproducente)  avere centinaia di percorsi alternativi e versioni differenti della stessa storia e i risultati ottenuti da Bandersnatch sono comunque sbalorditivi. Il film riesce a regalare vari momenti emozionanti e lampi di genialità, come ad esempio quando Stefan comincia a percepire che qualcuno sta prendendo decisioni al posto suo, o quando rompendo la quarta parete ci troviamo a comunicare direttamente con lui ricoprendo quindi un ruolo attivo nella storia.
I diversi finali a cui si può arrivare con le nostre scelte sono cinque e uno degli aspetti più interessanti del film è che anche quando ci si perde lungo il sentiero sbagliato e si è obbligati a tornare indietro, nella storia cambiano dei dettagli, lasciandoti intuire che le tue decisioni precedenti hanno avuto delle conseguenze.
Bandersnatch è sicuramente un esperimento valido, di cui consiglio la visione nonostante creda che gli amanti del cinema non sentano il bisogno di un film interattivo. Il bello del cinema (anche se fruito dal divano di casa) è che ha la capacità di trasportarci in un’altra dimensione, trasformandoci in osservatori onniscienti e parte integrante di una storia permettendoci di volare via dalla nostra realtà, così come di farci riflettere, cosa di cui ora penso ci sia più bisogno che mai.
Anche se la visione di un film non si può definire un’esperienza interattiva nel senso tecnico del termine, penso che un’azione reciproca avvenga lo stesso. Un film ci regala una storia e noi non possiamo fare altro che abbandonarci al flusso di eventi così come ci vengono proposti, ma siamo noi a dargli un significato, siamo noi a viverli e a farli nostri mettendoci dentro quello che siamo, interpretandoli, empatizzando con i personaggi, immaginando un mondo di cui il film non ci concede altro che gli elementi portanti. Il cinema ci fornisce gli strumenti per sognare, ma se non siamo capaci di usarli resterà un susseguirsi di immagini e suoni provenienti da uno schermo utilizzato per distrarci mentre mangiamo un cesto di pop corn.

Leandro De Sanctis

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