Calcio reale e non virtuale, anche se manca il pubblico

Una bella pagina sul Corriere dello Sport di stamane, affronta una tematica d’attualità: in tempi di Covid-19 e di stadi senza pubblico, i soliti creativi (ma solo sostituendo un paio di lettere verrebbe fuori la parola giusta da utilizzare) stanno immaginando stadi di calcio e telecronache virtuali, come nei videogiochi.
Nell’articolo di Giorgio Marota, una delle nuove firme di ultima generazione del Corsport, vengono raccontate le idee applicate e quello che potrebbe prendere piede, in Italia e all’astero: il tifo virtuale.
Dalle sagome di cartone per far sembrare che ci siano spettatori all’audio ricostruito con ovazioni, applausi, reazioni di meraviglia. Insomma come le risate finte delle sit-comedy, che personalmente evito accuratamente di guardare, trovando insopportabili e fastidiosi questi orpelli.
Il calcio è talmente bello che non ha bisogno di artifici, anche se manca la sua componente primaria a livello emotivo: il pubblico. I tifosi. Ma se il calcio che si giocherà per un po’ non avrà il pubblico, beh voglio gustarlo così come è. Anzi chiederei di lasciare aperti i microfoni a bordo campo per ascoltare il toc del pallone colpito, le disposizioni urlate dai tecnici, le parole dei calciatori. Forse sapendo di essere ascoltati alcuni si asterranno da insulti. L’esultanza la aggiungiamo noi da casa, come ad esempio per i due gol della Juventus all’Inter nell’ultima partita giocata in serie A. Quel colpo di Ramsey, quel gioiello di Dybala, non hanno perso fascino perché non c’erano effetti speciali partiti a comando ad accompagnare le loro esultanze.
Comprendo che alcuni per giustificare il loro ruolo devono mostrare di fare qualcosa, come certi dirigenti di federazioni internazionali che uccidono la bellezza del loro sport sovraccaricandolo di inutili bullshit, o come certi grafici digiuni di giornalismo e di lettori a cui viene consentito di rovinare e svilire il lavoro dei giornalisti e complicare quello di chi legge con le loro mental blowjobs.

Il rimedio peggiore del male

Tutto quello che vogliono fare, fanno e faranno per alterare la percezione dello stadio vuoto, sarà peggiore del male. E io sono pronto a pigiare il tasto “muto” per non dover ascoltare: le emozioni che provo me le scelgo da solo.
Non credo che la mia posizione possa essere liquidata con un banale: ma tu sei all’antica!
A me piacciono le cose reali e mi farò andar bene anche il calcio senza pubblico, sperando che la gente torni presto allo stadio. Non amo il virtuale. La differenza tra tifo reale e virtuale è come quella ad esempio che corre tra il sex virtuale e il sex reale, tra persone (consenzienti, doverosa precisazione di questi tempi).
Per carità, lo so che c’è chi apprezza anche il virtuale, ma personalmente non ho dubbi. C’è già troppa finzione nella vita e nel mondo. Sarò poco moderno ma che sia calcio o altro, scelgo sempre il reale.

Leandro De Sanctis

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