Favolacce | Recensione film

Favolacce ! Recensione film.
«Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata»
Può un ottimo film risultare non facile e comodo da vedere? Quando si elogia la potenza dell’angosciante favolaccia dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, va anche detto che la bellezza del film va cercata sotto lo strato di squallore che pervade non tanto l’ambiente, ma le persone, i genitori che abitano le villette a schiera di una Roma provinciale o di periferia.
Magari è solo una fissazione mia, un lampo che mi ha fatto collegare Favolacce a L’albero della vita di Terrence Malick. Per il taglio di certe riprese, accurate, pensate, artistiche e se vogliamo lontane dall’immediatezza che aveva caratterizzato La terra dell’abbastanza.
Ma poi anche, in contrasto assoluto, per le caratteristiche dei genitori, del loro rapporto con i figli; Malick contrapponeva la durezza paterna, un’educazione basata sulla severità, ad una madre che insegnava a vivere nel segno dell’amore e dei sentimenti.
Favolacce mostra genitori che non entrano negli schemi. Famiglie finte, in superficie con la pretesa di normalità, ma poi protagoniste di gesti di squallida violenza familiare, esplicitata nelle esplosioni d’ira, nell’ipocrisia, nel pettegolezzo ad alta voce contro chi da un lato si disprezza e dall’altro si avvicina con tavolate e cene che sono il festival del vuoto. Di valori e di sentimenti.
In questo ambiente crescono bambini che parlano tra loro ma mai con gli adulti, vittime di un ambiente che nasconde la follia dietro l’apparente normalità. Bambini senza controllo che solo interagendo tra loro sanno trovare una via esistenziale, a prescindere dal modello, se possiamo chiamarlo così, offerto dai genitori.
Ora inadeguati e incolti, ora colmi di rancore distruttivo, perché si è perso il lavoro e per invidia, oltre che per incapacità di educare, di fare le cose giuste. Un habitat, quello di Favolacce, dove i valori sono scomparsi, dove la sguaiata giovane incinta fa lievitare lo squallore di un approccio al sesso e ai sentimenti tristemente fuori da ogni binario di normale consuetudine. Non c’è ombra di rispetto: per i bambini, tra gli adulti, per i neonati.
Una sguaiatezza privata di ogni valore e significato, se non rappresentare un’accusa al mondo degenerato degli adulti ripiegati su se stessi e sulle loro paranoie, incapace di ascoltare e dialogare con le nuove generazioni. Le favole hanno un inevitabile lieto fine, le Favolacce dei fratelli D’Innocenzo naturalmente portano altrove, lasciando sgomento lo spettatore. Costringendolo a riflettere sulla discesa agli inferi di un certo tipo di persone, sulla nevrosi che ha azzerato valori e comportamenti, dimenticando il rispetto, l’amore. Meditando sulla lezione che coraggiosamente sanno dare i bambini per ribellarsi a quel modello familiare, la punizione più feroce per genitori colpevoli.

Favolacce, la scheda

FAVOLACCE Regia: Damiano e Fabio D’Innocenzo. Interpreti: Elio Germano, Barbara Chichiarelli, Gabriel Montesi, Max Malatesta, Ileana D’Ambra, Giulia Melillo, Cristina Pellegrino, Lino Musella, Justin Korovkin, Tommaso Di Cola, Barbara Ronchi, Giulietta Rebeggiani. Voce narrante: Max Tortora. Durata 98 minuti. Anche su Sky cinema/Now Tv

Favolacce, il trailer

Leandro De Sanctis

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