VOLLEY Calendari e club italiani, errori e sconfitte che partono da lontano

L’eterno ed irrisolto dualismo tra l’attività delle Nazionali e quella dei club, il problema spinoso e inestirpabile dei calendari, affrontato anche in questo spazio (link:http://leandrodesanctis.blogspot.it/2013/12/volley-povera-lega-sepolta-dai-calendari.html ) ha suscitato riflessioni ulteriori. Ho ricevuto queste considerazioni, appropriate e significative, che ospito volentieri nello spazio di “Visto dal basso”.

 Perchè anche la nostra pallavolo ha la memoria corta e ha sempre difettato di umiltà. Ci vorrebbe coraggio. Dopo tanti anni di conflitti e con questa crisi, bisognerebbe ridurre i club e inventarsi un torneo diverso. Alla fine mi arrendo e dico che se in tutto il mondo im campionati durano meno, un motivo ci sarà, come direbbe il comico Maurizio Battista.
E’ poi ingiusto e bizzarro veder definita inutile una manifestazione come la Grand Champions Cup, che ha visto affrontarsi le cinque squadre migliori dei continenti, più il Giappone. Penso che a volte il senso d’appartenenza, o altre ragioni, faccia perdere di vista la realtà. Se la Nazionale non fosse stata così brava da conquistarsi la qualificazione evitando i tornei preposti, come avremmo affrontato il problema? Se c’è la regola che le Nazionali hanno il diritto di avere i giocatori due settimane prima dell’impegno, bisogna adeguarsi e basta. Perchè una stessa Nazionale certi giocatori li lascia di più ed altri di meno? E non stiamo parlando, purtroppo, di Grbic o Milijkovic, di Kaziyski o Ball…
Cosa c’è stato dietro questi accordi che consentiranno a qualche straniero di giocare la prossima giornata di A1 vietata invece ad altri? Sarebbe interessante che qualcuno lo spiegasse. Anche la Lega, visto che sia le squadre beneficiate che quelle escluse dal dono, ne fanno ugualmente parte, con stessi diritti e doveri.
Vi lascio alla lettura del contributo di questo appassionato di pallavolo, sopra le parti e con la memoria lunga.
Il conflitto tra pallavolo italiana e pallavolo
internazionale è stato spesso oggetto di discussione tra noi appassionati. E’
indiscutibile che anche amando la pallavolo si possa avere una visione diversa in merito al rapporto tra l’Europa del volley, tra il mondo del volley e la pallavolo italiana di club.  Per
quanto mi sforzi non
riesco ad
essere completamente dalla parte dei club italiani, per quanto continui
a soffrire ogni volta che vedo una sconfitta italiana sul campo e in politica pallavolistica.
Circa
30 anni fa la pallavolo italiana ha avuto il merito e la buona sorte di
prendere il sopravvento sul resto del movimento mondiale. Quando cominciarono a sorgere i veri problemi di calendario (prima a
noi non ci importava niente perchè eravamo in serie B e avevamo il
campionato pieno di ex-giocatori, spesso ubriaconi e già pensionati) la
soluzione che qualcuno auspicava era un grande sforzo dei nostri club per far
crescere i loro concorrenti. Si pensò perfino di allargare la nostra Lega a squadre provenienti da
altri Paesi, soprattutto a quelli (Olanda, Svezia, Jugoslavia) che
avevano difficoltà di reclutamento di giocatori di alto livello. 
Allora i
nostri dirigenti (e molti di loro ancora in sella) pensarono solo a
depredare le altre squadre, umiliandole con l’imposizione di giocare i
match di Coppa sempre a casa nostra (andata e ritorno più le finali).
Come
la cicala della favola, le nostre società hanno speso e sperperato. Anzi
hanno fatto di più: hanno cercato di speculare e guadagnare sui problemi altrui. Si
sono presi i migliori talenti, non solo quelli affermati, anche quelli
giovani. Li hanno tutti “deportati” nella nostra Serie A1. Come accadde
per l’Impero Romano, ad un certo punto il nostro esercito di
pallavolisti è divenuto composto solo da stranieri, escluse rare
eccezioni.
Abbiamo ragionato come
se fossimo i padroni di tutto e non ci siamo resi conto che gli altri,
quelli che ci avevano insegnato a giocare si stavano riorganizzando. E
come succede sempre stavano adattando il nostro modello alle loro
possibilità ed alle loro problematiche.
Noi
abbiamo continuato a percorrere la stessa strada, senza renderci conto
che erano state costruite le autostrade e oltre agli aerei c’erano anche
gli “shinkansen” (i treni ultraveloci che rendono possibili e rapidi gli spostamenti in Giappone).
Gli altri hanno
lavorato, hanno ricostruito i loro vivai, hanno investito i loro soldi,
hanno adattato il nostro modello alle loro esigenze. Noi gli abbiamo
dato anche gli ingegneri (allenatori) che ne hanno favorito lo sviluppo.
Volevamo
che gli altri ragionassero come noi, che avessero un campionato
nazionale. E così è stato, solo che dove è nato un torneo strutturato ci
si è accorti che è difficile mettere in piedi un circo con 120 atleti
di alto livello, meglio uno di 80. Ci si è accorti che non ha senso investire per uno
spettacolo che richiama gente in una partita su dieci, perchè le
televisioni (quelle serie devono avere un ritorno) non ti trasmettono
gare dove ci sono 7/800 persone sugli spalti (un qualsiasi allenamento
delle nazionali aperte al pubblico, è successo anche la scorsa estate, ne richiama almeno il doppio), dove
in campo ci sono più ragazzi di buona volontà che campioni. Partite dove lo
spettacolo, se così lo possiamo definire, dura poco più di un’ora.
Oggi
che esistono diversi campionati nel mondo (Brasile, Russia, Polonia,
Turchia, Giappone, Corea del Sud, Cina, Spagna, Francia) ci accorgiamo che
nessuno ha interesse a farli durare più di quattro o cinque mesi, perchè
allargare la partecipazione significa far diminuire lo spettacolo.
Vogliamo poi disquisire sul livello di alcune partite teletrasmesse nell’ultima settimana? Conegliano-Busto, Urbino-Busto, Vibo-ittà di Castello? Meglio sorvolare. 
E’ vero, come lei ha scritto in “Visto dal basso” che è un’assurdità vedere inseriti i Mondiali per club nel
momento delle finali play off. Ma se andiamo indietro nelle ultime
stagioni ci accorgiamo che il Mondiale per club si è sempre svolto durante il campionato (perchè in quei mesi è collocato il lasso che la Fivb lascia ai club). Solo che in passato
per “interessi” diretti i vertici della Lega se ne erano fregati,
avevano amputato il campionato per portare a casa i soldi, avevano fatto
alleanze che poi si
sono trasformate in accordi con il diavolo. Insomma per interessi di
parte se ne sono fregati del movimento.

Leandro De Sanctis

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