Il tesoro di Rio, le emozioni non invecchiano

Il libro Il tesoro di Rio e le celebrazione dei trenta anni trascorsi da quel primo titolo mondiale hanno riannodato il filo della memoria. Perché le emozioni non invecchiano. Ascoltando lo speciale organizzato dalla Fipav e la lunga diretta su Facebook che ha coinvolto tutti gli azzurri e non solo (la trovate nel post precedente, su questo sito) molti si sono emozionati e commossi. Tra loro anche l’amico e collega Pasquale Di Santillo, che ha inviato questo testo, che volentieri pubblico, per condividere il suo stato d’animo con il popolo della pallavolo e con gli amici di allora. Gli lascio la parola.

Il tesoro di Rio visto da Pasquale Di Santillo

È proprio vero, le emozioni non hanno tempo, anzi, più passa questo maledettissimo tempo e più diventano intime, profonde e non paragonabili a quelle vissute sul momento. A Rio non c’ero ma è come se ci fossi stato dieci, cento, mille volte dai racconti degli amici-colleghi con i quali ci siamo accompagnati in questo percorso di vita e professionale.
Poi arrivano i social – ah se ci fossero stati trent’anni fa, chissà quanto sarebbe stata più veloce l’esplosione della pallavolo – e improvvisamente la macchina del tempo, dopo 30 anni, ti fa tornare con la testa a quel giorno, mentre gli occhi rivedono, rivivono quei momenti indimenticabili per chi era lì, ma anche per chi come me e tantissimi altri, stava incollato davanti alla televisione, smadonnando ad ogni punto con cui quel diavolo di un Despaigne, allontanava, rinviava i nostri sogni.
Sì, ha proprio ragione Velasco quando sostiene che quel gruppo aveva qualcosa in più, oltre al talento infinito. A cominciare da Julio stesso. E quel qualcosa in più, dimostrato sul campo quel giorno – e tutti quelli che sono poi seguiti – forse è ancora più chiaro oggi. Perché ritrovarli, riascoltarli uno dopo l’altro, da Julio a Angiolino, da Fausto e Daniele a Marco, da “Cabro” a “Giardino”, da Libbe a mio fratello (maggiore) Carletto fino ai ragazzi, uno dopo l’altro, dal “Nano” a “Zorro” in ordine rigorosamente alfabetico, è come se avesse fotografato la dimensione, lo spessore delle persone, oltre a quello degli atleti e dei professionisti.
Non può essere un caso che tutti negli anni abbiano acquisito una dimensione professionale di livello almeno pari a quella di cui abbiamo goduto per tutti questi anni. E vedere quei volti, quei capelli quasi tutti imbiancati, riascoltare quelle voci è stato un tuffo rigenerante in una dimensione nuova, anche se poi è sempre la stessa, spostata avanti nel tempo. 
E l’unica cosa che mi viene da aggiungere, non potendo riportare indietro quell’orologio inarrestabile che è la vita, è solo esprimere la mia immensa gratitudine a tutte queste persone che hanno regalato a me come a una moltitudine di persone, emozioni e insegnamenti che non si possono dimenticare.
Un autentico tesoro, come quello raccontato dall’altro mio fratello (sempre maggiore) Leandro nel suo libro, capace di riaccendere, come solo certi libri sanno fare, la scintilla del ricordo, di quella memoria che non può e non deve svanire nell’oceano di questo mondo sempre più difficile da comprendere.
Grazie di tutto davvero. Per sempre.

Pasquale Di Santillo

Leandro De Sanctis

Torna in alto