ATLETICA Caso Schwazer, Sebastian Coe presidente della Iaaf inadeguato

Rileggendo nei giorni scorsi le parole pronunciate (in agosto a Rio de Janeiro) sulla sentenza contro Alex Schwazer del TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport) dal presidente della IAAF, Sebastian Coe, mi è tornato in mente quel qualcosa che mi aveva irritato. 
“C’è qualcosa che mi ha dato fastidio. Non so cosa, ma qualcosa mi ha dato fastidio”, avrebbe commentato il personaggio creato da Paolo Sorrentino per il suo film This must be the place (interpretato da Sean Penn).
Ecco, rileggendo nei giorni scorsi quelle frasi, ho messo a fuoco cosa mi aveva procurato fastidio.
“Per noi è stato un caso come un altro e come tale l’abbiamo trattato”. “Accettiamo le sentenze, a volte ci sono favorevoli, altre contrarie. E’ stato così per la Russia ed è così per Schwazer”.

Parole che nonostante le apparenze garantiste non fanno onore al presidente della Iaaf, che ha condotto la sua campagna elettorale proponendosi come il nuovo in una atletica da rifondare e rilanciare, un’atletica spogliata dei giochi sporchi, un’atletica più onesta e genuina.
No, egregio mister Coe, il caso Schwazer non è stato un caso come tutti gli altri. E se lei non lo ha capito, significa che è un presidente decisamente meno in gamba di quanto la maggior parte della gente pensasse. Suppongo che in realtà le sue siano state parole di comodo, pronunciate pensando di porsi al di sopra delle parti.
Sono invece parole aride che rivelano un atteggiamento di comoda mediocrità, sia a livello di presidente dell’atletica mondiale, sia di uomo di sport.
Una inadeguatezza che viaggia su due livelli diversi ma collegati.

1) La storia del ritorno all’attività di Schwazer era una storia esemplare di come possa trionfare lo sport pulito sul doping, teoria dimostrata da un campione che si dopò in un momento particolare della sua vita, non solo di atleta, quasi incoraggiato oltre che tollerato, da un sistema a cui facevano comodo certe scelte. Quello stesso campione che poi, scontata la squalifica, era tornato a marciare assistito e confortato da una squadra di straordinarie qualità tecniche e scientifiche, con un garante assoluto dell’intero progetto come il maestro dello sport Sandro Donati.
Se il presidente della Iaaf non ha saputo comprendere cosa e quanto di limpido e propositivo c’è stato dietro il ritorno di Alex e cosa dimostrasse al mondo intero con le sue prestazioni, è un brutto segnale per lo sport e per l’atletica, che dopo gli scandali si ritrova un presidente dalle qualità, umane e dirigenziali, come minimo limitate.

2) Difficile comprendere, alla luce di tutte le anomalie che hanno caratterizzato questo caso, come si possa definire, questa di Schwazer, una vicenda di doping uguale alle altre. La catena anomala, dalla tempistica alle modalità, della crocifissione a puntate del campione olimpico di Pechino, è tutt’altro che una vicenda come le altre. Perchè se questa è la norma comportamentale abituale per Iaaf e Wada, lo sport ha poco da stare allegro. E’ morto a Rio con la sentenza del TAS. 
E non sarà certo il presidente Sebastian Coe a resuscitare la credibilità perduta.

 https://www.vistodalbasso.it/2017/01/01/atletica-2016-lanno-nero-dellantidoping/

Leandro De Sanctis

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