Lazio-Juventus 1-1, cinque molli secondi di troppo

Lazio-Juventus 1-1, cinque molli secondi di troppo e a tempo di recupero scaduto la Juventus si fa raggiungere dal gol di Caicedo (per la quinta volta a segno nel recupero negli ultimi due campionati), che con medesima tempistica aveva punito il Torino al Comunale. La Lazio ha avuto il merito di non volersi arrendere mai: il suo punto se l’è guadagnato con grande forza di volontà, dopo una partita che i bianconeri (oggi nella bella ed elegante divisa completamente blu) avevano controllato senza troppi affanni. Se si esclude il colpo di testa da distanza ravvicinata di Marusic nella ripresa, il tiro di Caicedo è stato il primo della partita.
Fino al 94′, avremmo dovuto parlare di una partita decisamente buona di una squadra in crescita, capace di controllare il gioco e l’avversaria, di creare occasioni per il raddoppio (un palo limpido di Cristiano Ronaldo, una bella parata di Reina su punizione della stesso Cristiano, altre azioni non finalizzate in rete per mancanza ci cattiveria e rapidità), tuttavia ancora una volta non sfruttate adeguatamente.
La squadra messa in campo da Pirlo (che aveva dovuto fare a meno di Chiellini e Chiesa) aveva convinto, perfino in quei giocatori non sempre positivi, come ad esempio Rabiot. Cuadrado si era confermato elemento cardine del gioco, oltre che autore dell’azione che ha condotto alla rete di Ronaldo. Danilo si era mosso con efficacia, dimostrando di essere diventato una pedina affidabile. Efficaci le immediate ripartenze di Kulusevski e Morata, con Alvaro tenace nel giocare di clava e di fioretto. Rischi in difesa? Poco o niente, anche se la Lazio era sempre viva con vivacità e qualità propositive, frustrate in attacco dalla mancanza della concretezza di Immobile, assente per la positività al Covid tanto discussa.

Fuori Ronaldo, la Juve perde campo

Forse la svolta della partita va collocata al minuto 76, quando Cristiano Ronaldo ha accusato una distorsione alla caviglia ricadendo a terra dopo un contrasto. Usciti lui e Kulusevski (se non stava bene, ok, ma se è stata una scelta tecnica, penso sia stato un errore toglierlo), per McKennie e Dybala, i bianconeri non sono più riusciti ad occupare la metà campo laziale. Mentre prima ogni contropiede teneva in apprensione la retroguardia biancoceleste davanti a Reina, ora si badava più che altro al possesso palla, senza più affondare i colpi. L’uscita di Morata, stremato, all’88’ accentuava il difetto tattico, ma stavolta sarebbe davvero folle attribuire responsabilità a Bernardeschi (subentrato), diventato il parafulmine di ogni avversità.
Se dobbiamo dare un nome e responsabilità di questi due punti preziosissimi lasciati all’Olimpico, vanno chiamati in causa altri.
A cominciare da Dybala, che sta inseguendo uno stato di forma avvicinabile ai suoi standard ma che ancora non lo ha raggiunto e si vede. Per un calciatore tecnicamente dotato come lui è una macchia grave non aver saputo controllare un facile pallone sulla fascia destra, in beata solitudine, nella metà campo laziale, quando mancavano 19 secondi alla fine del recupero, poi prolungato di altri cinque secondi. Avesse tenuto quella palla, la Juve avrebbe forse concluso vittoriosamente la partita nei pressi della bandierina del corner avversario.
Invece da quell’insperata rimessa laterale, la Lazio è ripartita per un ultimo assalto. Ma poi, se guardiamo il fallo laterale di Marusic, notiamo che Correa che riceve palla, va via facile (e lo aveva fatto già in precedenza, stessa azione) tra Bentancur e Cuadrado, con un tunnel sull’uruguagio e saltando poi Rabiot. Tutti molli, una difesa che per 94 minuti era stata solida, diventa burrosa: nè Demiral, nè Rabiot, si oppongono al passaggio che raggiunge Caicedo, bravissimo a girare in rete nell’angolino lontano, beffando anche l’abbozzo di guardia di Bonucci, anche lui poco “mastino” nell’occasione.

Juve in crescita, ma la classifica piange

Dati alla Lazio i meriti che si è guadagnata sul campo, il consuntivo della domenica dice che se la Juve ha dimostrato di essere in crescita sotto il profilo del gioco, è innegabile che il piatto pianga, la classifica è deficitaria perché dopo sei giornate sono soltanto due le vittoria. Tra le prime sei della graduatoria, è quella che ha il minor numero di vittorie: solo tre e solo due sul campo.
Aveva ragione Simone Inzaghi: “Se Roma, Crotone e Verona hanno fermato la Juve, possiamo farlo anche noi”. E la mancanza di cattiveria in zona gol, l’incapacità di chiudere partite che si comandano, resta un grave difetto e un handicap pesante, specie per una squadra che deve assimilare il gioco chiesto da Pirlo, che non ha la forza di vincere per distacco (come accadeva spesso con Allegri in panchina), e che deve fare i conti con più di una rivale candidata allo scudetto. Proprio considerando l’equilibrio di questo campionato, anche questi altri due punti perduti avrebbero avuto un’importanza capitale, sia sul fronte interno che per gli avversari. Ora chiunque sa che la Juve può essere fermata.

Lazio-Juventus 1-1

Marcatori: 15′ Ronaldo, 95′ Caicedo

LAZIO (3-5-2): Reina, Luiz Felipe, Acerbi, Radu (53′ Hoedt); Marusic, Milinkovic-Savic, Cataldi (77′ Akpa Akpro), Luis Alberto (77′ Pereira), Fares (53′ Lazzari); Correa, Muriqi (53′ Caicedo). All. S. Inzaghi
 
JUVENTUS (4-4-2): Szczesny; Cuadrado, Demiral, Bonucci, Danilo; Kulusevski (76′ McKennie), Bentancur, Rabiot, Frabotta; Morata (88′ Bernardeschi), Cristiano Ronaldo (76′ Dybala). All. Pirlo
Ammoniti: Cataldi (L), Bentancur (J), Akpa Akpro (L), Cuadrado (J)

Leandro De Sanctis

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