Deromedis e Windisch, quinti posti da battaglia a Pechino 2022

Il collega Fausto Narducci, che ha seguito nove Olimpiadi per la Gazzetta dello sport, scrive per noi di Pechino 2022. Ogni giorno il pagellone dell’Olimpiade Invernale. Da 10 a 1 un voto per tutte (o quasi) le discipline in programma, un modo diverso e divertente per rileggere la giornata olimpica. Oggi, quattordicesima giornata, non sono arrivate medaglie ma due buoni quinti posti.

Dieci: Deromedis futuro del freestyle


Nel freestyle si puntava molto su Simone Deromedis, trentino classe 2000 che nel dicembre scorso aveva conquistato in Val Thorens uno storico terzo posto nello skicross del freestyle, a undici anni dall’ultimo podio conquistato da Karl Heinz Molling nel 2006 in Repubblica Ceca. Il più promettente freeestyler azzurro in vista delle gare italiane del 2026 che si disputeranno a Livigno, non ha tradito le attese arrivando fino alla semifinale dove il terzo posto gli è valso la finale B. Poteva finire qui ma Simone, che ha mostrato in tutti i turni grande spavalderia mettendosi spesso in testa fin dalla partenza, ha voluto giocarsi fino in fondo anche la small final dove ha vinto conquistando un prestigioso quinto posto. Da qui si riparte verso il podio olimpico fra quattro anni in Italia. Nella Big final prevedibile doppietta svizzera con Ryan Regez e Alex Fiva.


NOVE Windisch rimonta fino al quinto posto


Dopo il quarto posto di Lukas Hofer nell’inseguimento arriva il quinto posto di Dominik Windisch nella mass start a salvare parzialmente il bilancio del biathlon maschile. Un piazzamento di prestigio che si era affacciato dopo il primo poligono (zero errori) ma sembrava sfumato dopo una caduta che gli aveva anche danneggiato il fucile. Ma Windisch ha reagito: dopo due errori al secondo poligono e un errore al terzo poligono che l’avevano portato a ridosso della ventesima posizione l’azzurro è uscito esente da errori dagli ultimi tiri e ha cominciato una rimonta che l’ha portato a un insperato quinto posto con la solita volata finale. Dominik, che nella specialità era stato oro iridato nel 2019 a Ostersund, non ha ripetuto il bronzo olimpico di 4 anni fa nello sprint ma esce rinfrancato da questi Giochi cominciati male. Johannes Boe, con due gare a disposizione in più, eguaglia il record dei 4 ori nella stessa Olimpiade che condivide con il connazionale Ole Einar Bjoerndalen (4 titoli a Salt Lake City 2002) che ora diventa il suo punto di riferimento. Il francese Quentin Fillon Maillet con i tre errori all’ultimo poligono si “ferma” ai piedi del podio e del record: cinque podi in questa Olimpiade.


OTTO. Le tre medaglie della regina cinese Gu


Abbiamo parlato molto dell’ex fotomodella Ailing Eileen Gu, la freestyle cino-americana nata a San Francisco che ha scelto di gareggiare per la Cina diventando un simbolo del Paese che ospita questi Giochi. La Gu, pur essendo nata e cresciuta in America, parla perfettamente il mandarino e ha fatto una scelta culturale precisa preferendo il Paese dei suoi genitori. Ebbene dopo l’oro del Big Air e l’argento dello Slopestyle, è arrivato anche l’oro dell’Halfpipe. Due argenti e un argento sono un bilancio eccezionale che fa di Ailing Eileen Gu la regina cinese di questa Olimpiade.


SETTE: i cinesi si difendono da tre coppie russe


Nel pattinaggio di figura si annuncia una sfida stellare oggi nel libero che assegna le medaglie: le tre coppie russe TarasovaMorozov (secondi), MishinaGalliamov (terzi) e BoikovaKozlovskii (quarti) daranno l’assalto ai cinesi SuiHan che sono in testa dopo il corto. Fra le due coppie italiane, bene Della Monica-Guarise (63.58) che sono decimi e male Ghilardi-Ambrosini (55.83) che sono entrati in una spirale di errori salvandosi per un soffio dall’eliminazione con il 16° posto.


SEI. La pista lunga pronta allo sprint finale


Il quindicesimo posto di David Bosa nei 1000 metri, più o meno nelle previsioni, chiude il bilancio della pista lunga prima delle mass start in cui abbiamo qualche sogno di podio. L’olandese Thomas Krol (cognome che evoca ricordi calcistici) con l’oro si rifà dell’argento dei 1500 e ribadisce lo strapotere orange nella disciplina.


CINQUE: la Wierer chiude con la sua gara peggiore


Va bene il bronzo della sprint e accettabili i piazzamenti delle staffette e dell’inseguimento ma il 22° posto della mass start, la specialità del suo primo titolo mondiale, è un piccolo grido d’allarme per Dorothea Wierer. L’azzurra oggi nella mass start conclusiva ha compiuto 2 errori in ognuno dei 4 poligoni e non è mai stata in gara: non benissimo, pur considerando la difficoltà della gara che è stata anticipata di un giorno per evitare il maltempo. E’ bastato assistere alla vittoria della francese Braisaz-Bouchet Justine (classificata intorno al 40° posto o ritirata nelle precedenti gare individuali) per rimanere con l’amaro in bocca. La francese, considerata l’erede di Fourcade, finora non aveva mai vinto individualmente né alle Olimpiadi né ai Mondiali. Ha commesso 4 errori al tiro ma le sue avversarie non hanno saputo fare meglio ed è risultata decisiva la prova di fondo. Nel complesso il biathlon non può essere soddisfatto della sua Olimpiade e in effetti nelle dichiarazioni finali l’altoatesina ha dato una spiegazione: “Qui ci sono state tante squadre che hanno gareggiato con materiali di livello superiore, i nostri erano di livello medio. Abbiamo fatto il possibile al tiro ma non sempre si riesce a sparare bene, specie in condizioni così variabili”. Insomma, nel biathlon c’è un problema tecnico evidenziato anche nella stagione di Coppa: risolviamolo in tempo per Milano-Cortina.

QUATTRO: Fontana, non basta mettere una pezza


Non è accettabile la spaccatura che continua ad alimentare polemiche nello short track, lo sport più medagliato dell’Olimpiade azzurra. Oggi è toccato al presidente federale Andrea Gios cercare di placare la verve polemica dalla plurimedagliata azzurra che accusa i dirigenti di “volerla chiudere in una scatola”. La risposta federale, al di là delle intenzioni, avrà invece l’effetto di mettere altra cenere sul fuoco: “Abbiamo finanziato tutti i suoi progetti della Fontana e continueremo a farlo ma deve stare all’interno delle regole. Anthony Lobello è il suo allenatore ma non può essere anche quello della Nazionale che viene scelto dal Consiglio federale. L’aggressione che Arianna ha denunciato è un episodio isolato risalente a tre anni fa in allenamento e non capisco perché l’ha tirato fuori”. A un certo punto Gios ha fatto capire che Arianna non ha le caratteristiche da leader che servirebbe alla squadra azzurra. E’ però la più vincente di tutto lo sport olimpico invernale azzurro e la scelta di farle fare tutto quello che vuole, condiviso pubblicamente anche dal presidente Malagò, è una pezza che a un certo punto si strapperà. Si arrivi a una programmazione condivisa, che tenga conto anche delle qualità tecniche (indiscusse) del marito-allenatore.


TRE: Lasciate in pace la Shiffrin


Voto minimo agli americani che sui social hanno preso di mira Mikaela Shiffrin dopo il fallimento della combinata e alla vigilia della gara a squadre. La federazione americana ha risposto pubblicamente elencando tutti i trofei dell’atleta ma evidentemente tutto il mondo è paese. Speriamo presto di rivedere il suo sorriso e i suoi video virali: non c’è rispetto neanche per una ragazza che ha perso il padre ma certamente non il talento.


DUE. Salviamo il pattinaggio dalle violenze


Secondo alcuni commentatori internazionali il pattinaggio di figura, con le sue cadute e disumane pressioni psicologiche, è un “teatrino in cui vengono rappresentati i peggiori mali dello sport”. In realtà si tratta di una disciplina nobilissima, che raggiunge i più alti vertici dell’artisticità del gesto sportivo, ma sta mettendo in mostra a questa Olimpiade una estremizzazione che la ginnastica ha già vissuto: se vincere significa portare atlete giovanissime al massimo limite fisico e psicologico non ne vale la pena. Una sintesi di tutto questo sono le parole con cui la 17enne russa Alexandra Trusova si è scagliata contro l’allenatore Sergei Dudakov dopo l’argento individuale: “Odio tutti, non voglio pattinare mai più. Tutti hanno una medaglia d’oro ma io no. E’ impossibile resistere”. L’argento olimpico ha anche cercato di disertare il podio, quello per cui la più giovane compagna Valieva ha versato un altro tipo di lacrime. Trovarne una contenta non è… facile.

Wada, Tas, Cio: Sistema anti doping senza credibilità

UNO: Guerra fra bande nel doping


Piovono le (inutili) levate di scudi sul caso Valieva dopo che la frittata è ormai fatta. Il presidente del Cio Thomas Bach ha ammesso di essere rimasto scioccato soprattutto “per la freddezza dei suoi stessi tecnici” di fronte ai pianti in pista”. Il Tas accusa la Wada per la “scarsa celerità con cui è stata comunicata la positività del 25 dicembre”, resa nota solo l’8 febbraio, Wada e Cio accusano il Tas per aver revocato la sospensione cautelare. Una guerra fra bande che toglie ogni credibilità al sistema antidoping e che ha portato all’umiliazione pubblica di una ragazza di 15 anni. Per fortuna il prossimo congresso della Isu innalzerà l’età minima per gareggiare a 17 anni, per poi portarla a 18. Questa è la strada giusta.

Fausto Narducci

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