CINEMA Spotlight

SPOTLIGHT – Regia: Tom McCarthy. Interpreti: Michel Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery, Stanley Tucci, Brian d’Arcy James, Billy Crudup.

*visto in edizione originale inglese con sottotitoli in italiano

Uno dei personaggi del film ad un certo punto dice, in preda all’emozione e alla soddisfazione: «E’ per storie come questa che ho fatto il giornalista». Senza giri di parole, Spotlight è un film bellissimo. Asciutto, mai retorico, avvincente nel rendere partecipe lo spettatore di una storia di cui si conosce l’epilogo ma che tiene incollati emotivamente dal primo all’ultimo istante. Una bella prova corale di attori mai sopra le righe, misurati ed incisivi. 
Una storia, anche, di tanti eroi invisibili- I giornalisti che fiutano il caso (magari qualcuno con colpevole ritardo) e che seguendo la pista trascurano tutto il resto della loro vita privata, schierandosi senza compromessi dalla parte dei più deboli.
L’avvocato armeno (uno splendido Stanley Tucci), sepolto nel suo ufficio stracolmo di scartoffie, pochi soldi e generosità senza fine verso le vittime che accoglie, coccola e accudisce. Un eroe di tutti i giorni contrapposto all’avvocato belloccio, tirato a lucido e reso famoso dalle innumerevoli apparizioni in tv. Perchè anche insabbiando e patteggiando casi mostruosi ci si può arricchire. Tutto può diventare fabbrica di soldi.
Le vittime sopravvissute alla droga e al suicidio, che coraggiosamente non vogliono arrendersi.
Un film impegnato, si diceva un tempo. I casi di pedofilia che coinvolsero il clero di Boston (in realtà di tutto il mondo) sono diventati un “peccato” di dominio pubblico.
La vergogna della Chiesa, non sempre innocente, anzi, puntualmente complice nella blanda opera di “rieducazione” e riciclaggio dei ladri d’innocenza. Come la violenza sessuale su ragazzi e ragazze, su bambini, possa conciliarsi con la religione, è mistero mostruoso che nessuno può accettare.
SpotlightThe big short (La grande scommessa): due film da Oscar, due film che nobiliterebbero il discusso valore delle statuette di Hollywood, ormai modellate più sul glamour che sul valore artistico. Entrambe meriterebbero il premio come miglior film, riconoscimento di un cinema d’impegno che continua ad avere una funzione insostituibile nel favorire la presa di coscienza del pubblico su grandi temi. Spotlight indigna e commuove, semplicemente un gran film che acuisce la nostalgia per un giornalismo che almeno in America, sapeva far male.  Altro che le interviste i ginocchio della nostra tv e dei giornali indottrinati dalle cupole politiche e dalla ragion di stato degli affari. 
«E’ la stampa bellezza», sibilava Humphrey Bogart al telefono nel finale dell’Ultima minaccia (Deadline – USA). Quando la rotativa vomita le copie del Boston Globe, il pensiero è andato a quei fotogrammi indimenticabili, in bianco e nero.
A proposito, perfino in questo caso il titolo italiano è fuorviante: Spotlight non è un caso, ma il nome di un nucleo giornalistico investigativo del Boston Globe, il giornale che portò alla luce l’enorme scandalo dei preti pedofili.

Leandro De Sanctis

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