CINEMA The Hateful Eight

THE HATEFUL EIGHT Regia. Quentin Tarantino. Interpreti: Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason
Leigh, Walton Goggins, Demián Bichir, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce
Dern, Channing Tatum. Musiche: Ennio Morricone. *

* visto in edizione originale inglese con sottotitoli in italiano.

Lì per lì si ha la sensazione che stavolta Quentin Tarantino (52enne di Knoxville, Tennesse) non si sia superato. Un film meno bello rispetto a Inglourious Basterds e Django Unchained, anche se occorre aggiungere che un film meno riuscito di Tarantino ha sempre molta più qualità di certi presunti “capolavori” di altri registi. In fondo The Hateful Eight, ovvero gli otto pieno d’odio, è un film che sembra scritto come una piece teatrale. Tutto si svolge all’interno, in spazi circoscritti: la diligenza, l’emporio di Minnie, brevemente anche nella stalla dove riposano i cavalli durante la bufera che avvolge la storia.
I personaggi affiorano meno, l’unità di luogo è un ostacolo all’approfondimento e la storia non risulta proprio imprevedibile per lo spettatore più smaliziato, specie chi non ha dimenticato Le iene, il film che rivelò il talento di Tarantino. Ancora una volta si comincia nella neve, con un lungo prologo che rimarrà l’unica parte all’aria aperta ed esposta alle intemperie metereologiche.
In qualche momento delle circa tre ore che dura il film, qualcuno potrà avvertire perfino un filino di noia, che lascia un po’ d’amaro in bocca. Scene molto pulp, pistole che fracassano corpi, abbondante fuoriuscita di sangue, facce inquadrate avendo a mente il cinema di Sergio Leone e bei piani sequenza. Tarantino si diverte ancora una volta a rappresentare il suo western, spingendosi ancora a sud e infarcendo la storia con i botta e risposta di neri, confederati, unionisti, banditi. Ignoranza e violenza, orgoglio e pregiudizi, che gli anni non hanno cancellato del tutto, nell’America selvaggia di allora e di oggi (e non solo lì). Non c’è innocenza, la verità è un’ipotesi da passare al setaccio della bugia, brutale o romantica che sia.
Ma una volta digerito, ripensandoci, il film riguadagna terreno e considerazione e non sfigura di certo nella filmografia di Quentin, The Hateful Eight risulta affascinante, sia pure confinato in uno stanzone. Il pulp-western in una stanza. Un affresco violento, disperato e senza speranza: come piace a Quentin e al suo pubblico.

  La chitarra rotta era…

http://www.ilpost.it/2016/02/06/the-hateful-eight-chitarra/ 

Leandro De Sanctis

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