Allenatori nello sport, quanto avviene e gli errori che si commettono

Allenatori nello sport, quanto avviene e gli errori che si commettono.

di Attilio Lombardozzi

Un evento piuttosto diffuso in ambito sportivo è il passaggio di un atleta, al termine della carriera, dal campo di gara al ruolo di allenatore. L’accesso al compito si ottiene in genere con la frequenza ad apposito corso anche se in alcune discipline sportive si possono svolgere le funzioni di allenatore senza nemmeno averne una regolare autorizzazione. Di fatto molti atleti che si avviano alla carriera di allenatore ritengono sufficienti le esperienze acquisite nella pratica per poter agire nel nuovo ruolo salvo scoprire in seguito che la nuova attività non è proprio quella immaginata.

Il termine allenatore è una generalizzazione impropria

E’ bene chiarire subito che il termine “allenatore” è una generalizzazione impropria giacché tende ad identificare ruoli e competenze che possono essere profondamente diverse tra loro soprattutto perché tra le discipline sportive sono diversi i valori e soprattutto i fattori che limitano le prestazioni. Vi sono infatti, ad esempio, discipline che richiedono movimenti automatizzati (closed skills) altre invece in cui i movimenti tendono a risolvere continui problemi motori (open skills) di conseguenza le competenze degli allenatori in questi due ambiti possono coincidere solo in minima parte.
Va detto che le due categorie di sport indicate a loro volta presentano delle differenze sostanziali come nel primo caso, quando si dividono i giochi sportivi di squadra da quelli individuali o nel secondo caso se ci si interessa delle specialità dell’atletica leggera o della ginnastica.
Va sottolineato inoltre che le  “richieste” delle varie tipologie di sport, pur se particolarmente significative, sono comunque di gran lunga meno importanti delle competenze che devono costituire il corredo culturale degli allenatori che operano nei settori giovanili rispetto a quello degli altri. I primi infatti devono essere “formatori” e si distinguono dagli altri che sono invece “utilizzatori”. Le due categorie indicate condividono solo in minima parte conoscenze e competenze e ancor meno le responsabilità. Gli allenatori (utilizzatori) possono provocare al massimo prestazioni negative nelle competizioni ma a queste eventualità si potrà ovviare nel tempo, ben diverso è invece l’effetto di una interpretazione dell’attività giovanile che non rispetti i principi della razionalità perché possono indurre i giovani al rifiuto dello sport.

Sbagliato cominciare l’attività di allenatore con i giovani

Le considerazioni esposte tendono solo a denunciare l’assoluta inadeguatezza di molte istituzioni sportive (Federazioni Sportive e Enti di promozione) ad assolvere le funzioni di formazione degli allenatori a cui sembra siano interessate più per il rientro economico che per l’evoluzione dello sport. Di fatto i corsi indetti dalle federazioni abilitano allenatori che poi iniziano il più delle volte l’attività allenando i giovani.  Evento, come già denunciato, assolutamente inaccettabile. Evidentemente non la pensa così chi dirige lo sport italiano ed in particolare quelli che hanno progettato la riforma dello sport che avrebbero avuto la grande opportunità di porre rimedio alle incongruenze denunciate se mai se ne fossero accorti. Per contribuire alla risoluzione della gravosa questione con una possibile proposta basterebbe disporre che un ente a cui fanno riferimento le Federazioni sportive (CONI o Sport e Salute ?) stabilisca che le Federazioni e gli Enti di promozione vietassero agli allenatori di operare nei corsi di formazione sportiva per lasciare il “campo” a chi di questa attività ne fa una professione: i laureati in scienze motorie.
Lo sport italiano con questo accorgimento attuerebbe un grosso salto di qualità.

La foto del post è della Lega Pallavolo

Leandro De Sanctis

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