Il caso Alex Schwazer su Netflix, assolto ma squalificato per non essersi dopato

Il caso Alex Schwazer sbarca su Netflix, assolto ma squalificato per non essersi dopato. Dava fastidio al mondo dello sport un campione che dopo aver toccato il fondo cedendo alla tentazione del doping, e scontando la giusta squalifica, tornava alle gare dimostrando che senza aiuti illeciti andava anche più forte di prima. Pensate cosa accadrebbe se gli atleti, gli allenatori e i traffichini vari che con il doping guadagnano anche sulla pelle degli atleti, si convincessero che è possibile ottenere risultati senza doparsi, restando nella legalità della fatica, dell’allenamento, nel solco di programmi adeguati.
Prevedibilmente bisogna prepararsi a leggere altre bugie, altre sciocchezze su una vicenda che pur essendo chiarissima per molti aspetti, subisce l’onta di una narrazione di parte che non si cura di scivolare nella vergogna, nel nome di fedeltà e convenienza nei confronti del potere. Anche se per aderire al potere dell’organizzazione sportiva (che però di sport non ha più nulla, avendo scelto di ignorare il diritto e la costante e rigida aderenza alla legalità) si deve rinunciare alla deontologia professionale giornalistica, di cui tanto ci si riempie la bocca a livello teorico, ma che almeno in questo caso, è stata e sarà (anche da oggi e domani presentando questa serie, c’è da scommetterci) ignorata, dimenticata, calpestata.
Alex Schwazer è stato assolto dal Tribunale di Bolzano, che ha evidenziato la manomissione delle provette. Entrato imputato, è stato poi assolto per non aver commesso il fatto. Ricordatelo, anche se leggerete cose diverse. Sono bugie. E chi le dice o scrive è il primo a saperlo. Anche se non c’è nessuno che prima di far parlare o scrivere andrà a documentarsi a fondo per sapere quale sia stata la verità e quali la bugie raccontate scientemente per stravolgere la realtà ad uso e consumo dei propri interessi. Come per ogni cosa, sono le persone che fanno la differenza e la serietà dell’immagine di un giornale, di un’emittente televisiva o di un sito o blog. Ho seguito dall’inizio e nei dettagli questa vicenda. E grazie ai miei direttori dell’epoca ho potuto scrivere da giornalista libero ciò che emergeva in questa vicenda. Perché anche per un direttore di giornale o tv, è fondamentale fidarsi delle persone giuste e indipendenti.


Netflix propone la storia nella docuserie di Massimo Cappello

Meno uno, da domani 13 aprile su Netflix sarà visibile il docufilm che la piattaforma digitale più famosa del mondo ha opportunamente deciso di dedicare alla vicenda più complessa e vergognosa vissuta dallo sport mondiale. La storia del marciatore italiano Alex Schwazer, campione olimpico all’Olimpiade di Pechino 2008, caduto nella tentazione del doping prima dei Giochi di Londra 2012, quando fu lasciato incredibilmente solo e senza né controllo né appoggio, dalla Federatletica di allora. Segnalato da Sandro Donati fu controllato e trovato positivo alla vigilia dei Giochi 2012, di conseguenza squalificato.


Il caso Alex Schwazer – Il ritorno dopo la squalifica, con Donati

Prima della scadenza della squalifica quadriennale, Alex Schwazer decise e annunciò che sarebbe tornato alle gara solo se lo avesse allenato Sandro Donati, da sempre primo accusatore dei signori del doping, fin dal lontano 1987 quando la sua denuncia in merito a vicende inerenti alla Fidal allora presieduta da Primo Nebiolo, tra pratiche illecite e salto allungato all’azzurro Evangelisti nei Mondiali di Roma ’87, minò la sua carriera di tecnico in seno all’atletica italiana. Oltre naturalmente al fatto di aver rifiutato di sottoporre gli atleti che allenava a pratiche dopanti.

In tribunale da imputato ma poi riconosciuto vittima e assolto: nel 2016 non si dopò

Il giorno dopo la sua testimonianza presso il Tribunale di Bolzano, fu deciso un prelievo antidoping all’alba dell’1 gennaio 2016, cosa mai avvenuta prima. La festività creò lunghe ore di vuoto nella catena di custodia prevista dei regolamenti, creando la possibilità di manipolare le provette. Regolamento che fu violato fin dal principio, non mantenendo l’anonimato del prelievo. Alex Schwazer tornò alle gare stravicendo a maggio a Roma il Mondiale di marcia (ex Coppa del Mondo a squadre) e solo mesi dopo fu annunciata la sua positività, con tempistica e modalità che di fatto impedirono la sua partecipazione all’Olimpiade di Rio 2016, in un valzer di rinvii e pressappochismi, che evidenziarono anche gli esagerati costi che un atleta impegnato a veder affermata la sua innocenza, doveva sostenere presso i vari Tribunali. Ma ciò che avvenne dopo, quando il Gip Walter Pelino avendo compreso la situazione ed essendosi convinto del reale ruolo di Schwazer, decise di indagare anche con l’ausilio dei RIS di Parma.
Iaaf, Wada e Laboratorio di Colonia si rivelarono anche per la Giustizia italiana un muro scalfibile ma non abbattibile. Troppo fitta la ragnatela di opposizione, troppo ancora potenti i signori del doping, come li ha definiti Sandro Donati nel suo recente libro. In poche parole il potere economico che ha soppiantato quello dello sport.

Caso Alex Schwazer, gli sconfitti sono i veri vincitori


In questa vicenda gli sconfitti sarebbero in realtà gli unici vincitori di questa squallida vicenda: Schwazer voleva dimostrare che senza doping marciava anche più forte. C’è riuscito.
Donati voleva dimostrare che nonostante il dileggio e gli insulti, poteva essere uno straordinario tecnico anche nella marcia e senza doping. C’è riuscito.
Il Gip del Tribunale di Bolzano, Walter Pelino, ha trasformato l’imputato Schwazer in vittima. Con un verdetto di innocenza.
Gli sconfitti? Hanno perso la faccia ma nel gioco degli interessi questo non conta: Iaaf, Wada, Laboratorio di Colonia hanno potuto comportarsi nel modo in cui si sono comportati senza conseguenze, se non avallare presso chi ha giudicato senza essere coinvolto nella vicenda, un’idea precisa su cosa siano il doping e l’antidoping oggi. Riassumendo: con la vicenda Schwazer lo sport è morto, privato dell’idea di giustizia, Hanno perso la faccia anche tutti colori che, tra i media, non hanno voluto vedere, indagare, giudicare i fatti in maniera giornalisticamente deontologica invece che negare le evidenze, magari per semplici decennali amicizie o per convenienza.
Gli eticamente sconfitti hanno quindi vinto, perché continueranno ad agire indisturbati.

Il caso Schwazer, dal 13 aprile su Netflix. Il trailer

Da golden boy dello sport italiano a delusione nazionale: Alex è caduto nel tranello del doping ma ce l’ha messa tutta per rialzarsi. A ostacolarlo, però, l’ombra di un complotto più grande di lui.

Il caso Alex Schwazer è la nuova docuserie prodotta da Indigo Stories, arriverà in esclusiva su Netflix da domani 13 aprile 2023. La docuserie, ideata e diretta da Massimo Cappello, è un racconto senza filtri su ascesa, caduta e ricerca di redenzione di un atleta.

Il trailer della docuserie Il caso Alex Schwazer, su Netflix da domani

Leandro De Sanctis

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