Milik, Lobotka e quell’idea di calcio consegnato alla realtà virtuale

Milik, Lobotka e quell’idea di calcio consegnato alla realtà virtuale. Dopo Juventus-Napoli 0-1 è inevitabile lasciarsi andare alle ormai frequenti riflessioni che sorgono ogni volta che in campo si assiste a una trasformazione del calcio in qualcosa di diverso, una specie di realtà virtuale che ogni volta fa infuriare a turno quasi ogni squadra. Esattamente come prima dell’avvento della VAR, o OFR come ora viene definito l’arbitraggio ombra che sostituisce, a discrezione, quello del direttore di gara in campo. Sempre meno protagonista su tanti elementi, nel bene e nel male.

Milik, Lobotka, ciò che si vede… non è stato

Recitava l’indimenticato Francesco Di Giacomo nel primo omonimo album del Banco del Mutuo Soccorso“Da qui messere si domina la valle, ciò che si vede è”.
Beh, dopo aver interpretato quasi istituzionalmente il contrasto tra Milik e Lobotka in Juventus-Napoli di ieri sera, giudicato fallo meritevole di far annullare all’arbitro Fabbri il successivo gol di Di Maria sul capovolgimento di fronte, rivedendolo stamane ho il forte dubbio di aver sbagliato. Al punto da esprimere ora un’opinione controcorrente.

Quell’intervento di Milik poteva non essere un fallo. Il gol di Di Maria poteva essere convalidato.

Certo, so bene che la mia juventinità espone il giudizio a scontate considerazioni tese a svilire il ragionamento, ma al di là dell’episodio, se ogni tifoso di qualsiasi colore lo misurasse con tanti altri episodi, su ipotizzati torti che hanno colpito la sua squadra (che sia Lazio o Roma, Inter o Milan, Torino o Fiorentina e via dicendo), probabilmente si finirebbe per trovarci d’accordo su molte cose.

Unghie in fuorigioco, braccia da amputare, la realtà virtuale e rallentata


Vedendo e rivedendo quel contrasto tra Milik e Lobotka a velocità normale (e come appare nel fotogramma del titolo), come lo vede l’arbitro in campo, mi sembra sempre più un contrasto perfino normale di gioco ed è vero che anche in era VAR, ad esempio in Premier League ovvero nel torneo di calcio per eccellenza, ben difficilmente verrebbe annullato un gol con la dinamica di quello realizzato stasera da Di Maria. E guardando e riguardando la scena, aumentano i dubbi: ci sono delle riprese in cui sembra proprio che l’intervento di Milik sia assolutamente normale e che Lobotka quasi si tuffi a piedi pari. E viene una volta di più da chiedersi: il calcio è il gioco che accade in campo o un altro gioco, diverso troppo spesso, che appare al monitor, al rallentatore, per dare lavoro ad un esercito supplementare di “giudici”?
Ma alla FIFA che cambia e peggiora le regole non interessa davvero il gioco del calcio. Lo ha trasformato in un business rapendolo allo sport, consegnandolo alla fredda tecnologia da sedia e monitor, tra unghie in fuorigioco, elettronico naturalmente, e palloni piovuti su braccia sorprese e “non amputabili” (avete presente che non si salta con le braccia distese lungo il corpo, che non si cade a terra senza appoggiare le mani…? Chiunque abbia giocato ad ogni livello lo sa).
Naturalmente il discorso vale sempre, così come per gli assurdi rigori fischiati per tocchi fortuiti con mani e braccia, in semplice e inevitabile sintonia con i movimenti e i salti. So di essere in distonia con i colleghi che analizzano il calcio attraverso la moviola e che hanno sposato integralmente la tecnologia, con o senza interpretazioni. Pazienza, ognuno ha la sua idea di calcio. E se la tecnologia viene distorta da regolamenti e interpretazioni, si erodono i vantaggi.
Se poi penso agli scempi regolamentari commessi nell’atletica e nella pallavolo, altri due sport che ho seguito professionalmente, torno al solito discorso che alla FIFA, come alla FIVB e all’ex IAAF, lo sport che comandano e guidano non piace. Se non per i soldi che può fruttare. Le squalifiche alla prima falsa partenza degli sprinter, la riduzione dei salti di finale nel triplo e nel lungo. Le maglie dello sponsor fatte indossare in gara ai pallavolisti delle Nazionali, i palasport al buio, le premiazioni lontane dal terreno di gioco. Per non parlare dell’anti doping e dei Tribunali dello Sport accessibili solo a carissimo prezzo.
Poi ci si lamenta che i giovani si sono allontanati dallo sport e sperando di recuperarli si mandano all’Olimpiade discipline anche belle, ma che con lo sport non c’entrano niente.
Come direbbe Nanni Moretti, “Continuiamo così, facciamoci del male” (citazione dal film Bianca, 1984)

Leandro De Sanctis

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