Sport nella scuola, i buoni propositi non diventano fatti

Sport nella scuola, i buoni propositi non diventano fatti. L’intervento del professor Attilio Lombardozzi su una tematica della quale si parla ormai da settant’anni.

di Attilio Lombardozzi

Di “sport nella scuola” in Italia si inizia a parlare a metà dello scorso secolo in un Congresso Nazionale di Educazione fisica in cui, tra le altre, spiccano alcune importanti considerazioni:

– l’animo dei giovani è proteso verso forme di Educazione fisica che non escludano l’attività sportiva;

– ogni forma di attività sportiva praticata a scuola deve essere mantenuta entro limiti puramente educativi;

– solo la scuola può considerare l’attività sportiva per fini educativi perché ha negli insegnanti di Educazione fisica i tecnici all’uopo necessari.

Di conseguenza dal citato Congresso emerse il parere che la Scuola avrebbe dovuto avocare a sé la prerogativa di ogni iniziativa in tal senso.

Con il citato congresso si decise in pratica di dare una convinta spinta all’evoluzione della disciplina indirizzandola verso forme più coerenti con l’istanza educativa. Come spesso è capitato e ancor oggi continua a capitare purtroppo, i proclami hanno trovato difficoltà a tradursi in pratica proprio perché non si è compreso che lo sport non è intrinsecamente educativo ma perché possa essere concepito come tale è necessario proporlo rispettando specifiche metodologie. E’ necessario a questo punto sottolineare che la proposta relativa all’attività sportiva nella scuola non costituisce solo una tendenza dell’Educazione fisica ma interessa anche altre istituzioni al punto tale da provocare perfino reali conflitti d’interesse. Le dichiarazioni d’intenti degli enti interessati  sembrano concordare con l’approccio educativo allo sport ma gli stessi enti dimostrano poi di non essere in grado di trasformare i buoni propositi in dati di fatto. Sullo sport nella scuola il dibattito è aperto anche a livello internazionale soprattutto perché è il significato del termine che apre a difformi interpretazioni.

Estrema superficialità

Con l’espressione “sport” infatti si identificano, spesso con estrema superficialità, tutte quelle forme di attività motoria che non prevedono le varie espressioni ginniche basate su progressioni, composizioni e soprattutto ripetizioni. Contenuti, è bene dirlo, che hanno messo in netta evidenza il dualismo cartesiano tra corpo e mente con la conseguenza di relegare in secondo ordine l’Educazione fisica rispetto alle altre materie scolastiche perché interessata, secondo una concezione riduzionistica, alla parte ritenuta meno nobile dell’uomo: il corpo. Lo sport però non può essere definito attraverso quello che non è né d’altra parte si può pensare che tutti possano interpretarlo allo stesso modo.

Nella scuola italiana la spinta alla attività sportiva si deve al Segretario Generale del CONI nonché Docente di Storia dell’Educazione fisica all’ISEF di Roma Dott. Bruno Zauli. Furono anni importanti quelli per lo sport scolastico ma ponevano l’enfasi sulle competizioni e sulle prestazioni dei giovani; un aspetto non più accettabile perché basato su criteri selettivi poco coerenti con la scuola che deve invece formare non selezionare. Sulle competizioni è ancora oggi rivolto l’interesse delle federazioni sportive che pur contemplando nelle loro strutture organizzative “Commissioni Scuola” si mostrano poco interessate a supportare culturalmente l’idea di sport più confacente con l’ambiente scolastico. Da questo punto di vista va segnalato che la metodologia che rende attuabili i principi della psicologia umanistica, a cui fa riferimento l’Educazione fisica moderna, diventa pratica attraverso l’interazionismo. L’interazione con l’ambiente, la comunicazione sociale (sociomotricità), consentono all’organismo di adeguarsi  ed adattarsi alle situazioni che si presentano e che devono essere interpretate sulla base di capacità e abilità individuali. L’interazionismo in pratica propone il superamento definitivo dell’esercizio ripetitivo proposto con metodi prescrittivi che riducono l’allievo a mero esecutore di indicazioni provenienti dall’esterno. L’alternativa alquanto allettante è la proposta di situazioni-stimolo in cui l’allievo è coinvolto integralmente secondo una concezione olistica della persona. E’ proprio lo sport che insieme al gioco costituiscono le forme più naturali di interazionismo. La loro proposta non come entità alternative ma in una sequenza logica che inizia nell’età prescolare con il gioco nelle sue espressioni più semplici (play) per evolversi poi in maniera più orientata verso la “struttura” (intesa secondo J. Bruner) delle diverse discipline sportive (game) nella scuola secondaria di primo grado e concludersi con la pratica di una precisa disciplina.

L’argomento richiederebbe opportuni approfondimenti soprattutto per mettere in evidenza la diversità degli interventi in funzione delle diversità tra gli sport ma anche i criteri con cui ogni scuola dovrebbe orientarsi nella scelta degli sport da proporre. 

Leandro De Sanctis

Torna in alto