Il caso Schwazer nella top 10 delle serie più viste su Netflix

Il caso Schwazer nella top10 delle serie più viste su Netflix.
Oltre che per Netflix, per il regista Massimo Cappello, per Marzia Maniscalco che ha curato la scrittura e naturalmente per i protagonisti Alex Schwazer e Sandro Donati, oltre a Mario De Benedictis che seguì il campione olimpico per la parte tecnica della marcia, è una bella e confortante notizia anche per me.
L’interesse del pubblico, soprattutto di chi magari sapeva poco o nulla di questa scandalosa vicenda ma ne aveva sentito parlare o letto nel tempo, è la risposta eloquente di come quanto avvenuto e il modo in cui è stata confezionata la docu serie abbiano catturato l’interesse del pubblico.
Ed è naturale che se per le vittime sia stato motivo di soddisfazione, purtroppo solo platonica, per chi operò in maniera tale da impedire a Schwazer di partecipare a due o forse addirittura tre Olimpiadi (se aggiungiamo la prossima del 2024), dimostrando che senza il doping ma con un allenamento di straordinaria efficacia, il suo talento e le sue qualità, poteva ottenere risultati migliori.
Facile quantificare gli effetti dirompenti sul fenomeno doping e sul commercio che alimenta. Insomma, se all’atletica e a chi istituzionalmente dovrebbe contrastare il doping interessasse davvero contrastare e combattere con ogni mezzo le pratiche illecite, la nuova vita di Schwazer atleta pulito riemerso dall’inferno del doping e dai tormenti personali che lo avevano indotto ad infrangere la sua pulizia di atleta verso i Giochi di Londra 2012, avrebbe potuto essere utilizzata e sbandierata come il più efficace degli spot per un’atletica pulita.

La serie evidenzia i punti focali dell’innocenza di Alex

Se pensiamo a ciò che è avvenuto anche a partire solo dal dicembre 2015, risulta chiaro anche allo spettatore generalista cosa sia accaduto, chi sia la vera vittima e chi abbia agito in maniera tale da determinare tutto quanto avvenuto ai danni di Schwazer. Il quale, va sempre ricordato, è entrato come imputato nel Processo di Bolzano, uscendone come vittima, assolto per non aver commesso il fatto.
Falso ideologico e frode processuale sono tra le frasi comprese nella sentenza. Oltre a “si ritiene accertato, con alto gradi di credibilità razionale che i campioni d’urina prelevati ad Alex Schwazer l’1-1-2016, siano stati alterati allo scopo di farli risultate positivi e dunque di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore Sandro Donati

Pur alle prese con materia spinosa e suppongo pressioni fortissime, gli autori della docu serie Il caso Schwazer sono riusciti nello scopo di spiegare e far capire bene la verità vera del caso, lasciando che le parole di chi proprio non è riuscito a convincere lo spettatore che la realtà fosse un’altra, parlassero da sole, talvolta non riuscendo a nascondere contraddizioni, mostrando linee di condotta e modalità che il pubblico generalista ha imparato a riconoscere e distinguere proprio nel suo ruolo di spettatore attivo di tante altre serie e docu serie televisive su temi legali. E quella macchina da presa dinanzi alla quale sono state affermate certe cose, si è anche trasformata in una sorta di specchio “deformante” sul quale sono rimbalzate le presunte verità istituzionali. Vincente la scelta di dare voce ad Attilio Bolzoni, collega esperto tra l’altro di vicende mafiose, che si era occupato del caso per il quotidiano La Repubblica.
Come evidenziato dal sapiente montaggio e dall’esposizione di una documentazione implacabilmente incontrovertibile. In particolare, solo per ricordarne qualcuna, le anomalie della catena di custodia e la relativa documentazione distonica tra scritto e orale, le mail rivelatrici, le dichiarazioni raccolte. Se è vero come è vero che la positività di Schwazer prima di Londra 2012 fu individuata sulla segnalazione di Donati, come era possibile e quanto era credibile la Wada affermasse che il tecnico non aveva nulla a che vedere con l’organizzazione antidoping diffidandolo dal farne riferimento?

Insomma, anche se sui social continuano a circolare “arrampicate sugli specchi” e falsità interpretative dagli irriducibili nemici, la docu serie Il caso Schwazer è fatta bene e con una onestà intellettuale da elogiare. E il pubblico lo ha capito. Una docu serie del genere che è arrivata anche al quarto posto in classifica al suo uscire e che dopo una settimana è ancora al sesto posto nella top ten di Netflix (top ten=le prime dieci) testimonia da un lato l’interesse degli spettatori, dall’altro la bontà del prodotto confezionato. Ci voleva proprio.

Schwazer innocente sui giornali, anche sul Corriere dello Sport-Stadio, quando seguivo io il caso, fino al giugno 2019.
Schwazer innocente, sui giornali, anche sul Corriere dello Sport-Stadio, quando seguivo io il caso, fino al giugno 2019.


Leandro De Sanctis

Torna in alto