L’Alligatore | Recensione serie tv

L’Alligatore, la serie tv tratta dai romanzi di Massimo Carlotto, si è rivelata un’opera decisamente diversa e originale nel gran mare seriale. In Italia non se ne producono molte e tra quelle che ho visto, regna una mediocrità talvolta imbarazzante (da Baby a Cuaron, tanto per non citare titoli).
Con L’Alligatore, serie diretta da Daniele Vicari ed Emanuele Scaringi, bisogna superare lo scoglio della prima puntata e sintonizzarsi con il mondo che viene rappresentato. Con la sua lingua, il suo paesaggio, i suoi tempi. Si parla con cadenza, accento e un po’ di dialetto veneto e milanese: proprio questo è già un elemento che rende la serie diversa e affascinante e gli attori interessanti. Luoghi probabilmente sconosciuti a molti, affascinanti nella loro genuinità. Per me che amo seguire i film in versione originale, la recitazione così poco impostata ma genuina, è stata una scoperta piacevole, un elemento che ha contribuito alla bellezza del racconto. Avendo letto ormai da tempo i romanzi di Carlotto, ammetto solo un pizzico di delusione per Il maestro di nodi, che avrei voluto più prodigo nel raccontare quel mondo e le sue caratteristiche.
Ma L’Alligatore ha superato brillantemente l’esame del pubblico che segue la Rai. Daniele Vicari si è chiesto perché abbia avuto maggior successo su Rai Play rispetto a Rai2, ma in realtà conosce già la risposta: il pubblico delle serie tv si è abituato a vederle quando vuole, con i suoi tempi e non con quelli imposti dalla Rai, che le infarcisce di intollerabili pubblicità e le fa iniziare in puntuale ritardo. Le piattaforme in streaming hanno abituato il pubblico ad un ritorno al passato: la storia si segue senza interruzioni. Io ho visto tutte le puntate su RaiPlay, prima che andassero in onda su Rai2 (sempre con ritardo sull’orario previsto nella programmazioni). Dettagli non trascurabili, che fanno la differenza.
L’Alligatore ha assemblato un ottimo cast, a cominciare da Matteo Martari (Marco Buratti, l’Alligatore) e Thomas Trabacchi (Beniamino), l’amico a cui è affidata l’ironia che rende leggera e accattivante il racconto. Eleonora Giovanardi (Virna) è una presenza incisiva che forse acquisterà peso nella seconda stagione. Valeria Solarino paga un po’ le caratteristiche del suo personaggio, e non arriva come dovrebbe, fin dalle parole che pronuncia, che a volte si fa fatica a comprendere.
Tempo fa leggevo che ci si lamentava che nelle fiction italiane non si parlasse mai dei peccati della Polizia, delle mele marce (o delle ceste di mele marce….): beh in realtà si è affrontato il tema sia in Io ti cercherò, la serie con Alessandro Gassmann, che nell’Alligatore appunto. E non poteva non essere così, alla luce del calvario che ha dovuto vivere Massimo Carlotto, l’autore dei romanzi, principe delle ingiustizie subite.
L’Alligatore è una scommessa vinta, per la cifra del racconto, per la sua essenzialità, che non è superficialità: storie di malavita nel Nord Est italiano, con persone perbene che nel nome della giustizia e del giornalismo (Gianluca Gobbi, il personaggio Max, la Memoria) etico, rischiano e si battono contro poliziotti corrotti e malavitosi. Andrea Gherpelli dà al suo Giorgio Pellegrini, scagnozzo killer con padrone, una caratterizzazione all’altezza dei “cattivi” che lo spettatore impara a odiare.
Un’opera che conferma le qualità del regista reatino di Castel di Tora, che aveva avuto coraggio nel raccontare le vergognose vicende dalla caserma Diaz e del quale avevo molto apprezzato Velocità massima. Anche se il vero colpo di fulmine e suo autentico capolavoro risale al 2016, quel Sole cuore amore (Isabella Ragonese protagonista) che è uno dei film italiani più belli e dolenti dell’ultimo decennio. Una di quelle storie che ti rimangono dentro per sempre.

Daniele Vicari ne ha parlato così

Daniele Vicari ha scritto così sulla sua pagina FB.
“Sapevamo che non sarebbe stato facile e sappiamo che non lo sarà ancora, ma confidiamo negli spettatori che stanno amando la serie e ne parlano innescando il magico passaparola. Il milione e duecentomila visualizzazioni (fino ad ora) di RaiPlay lo dimostrano, ma anche la costanza degli spettatori su Rai2 che dalla prima alla seconda puntata non ci hanno abbandonato. Non avevo mai fatto una serie prima de L’Alligatore, semplicemente perché i soggetti che mi sono stati proposti negli anni non mi hanno mai dato quella scintilla che devo sentire per fare cinema, anche soggetti belli, scritti benissimo che hanno dato luogo a serie molto riuscite e di successo. Questa scintilla l’ho trovata in Alligatore, perché quello di Carlotto è un mondo poetico con il quale è bello confrontarsi e nel quale è bello perdersi. I romanzi di Massimo sono labirintici, ti ci puoi perdere e ritrovare una infinita quantità di volte. Il lavoro non è stato semplice, a partire dalla scrittura (riscrittura a dire il vero) di 8 sceneggiature in 2 mesi che i due pazzi Andrea Cedrola e Laura Paolucci lavorando giorno e notte hanno portato a termine… tuttavia è stato molto divertente. Perché? Perché la serialità è un gioco combinatorio ed è proprio divertente trovare le infinite soluzioni del rebus. Mi rendo perfettamente conto che non tutte le soluzioni sono riuscite, se ci sarà concessa una “prossima volta” sapremo come risolvere questioni ancora irrisolte e faremo di sicuro altri errori… ma esco da questa esperienza con la sensazione chiara che se si ha un gruppo coeso, si può fare un buon lavoro anche per la tv “generalista”. Sì, ci vuole un gruppo di lavoro che remi nella stessa direzione e ci vuole una troupe che sposi il progetto. Con queste due leve si può fare di tutto nel cinema. Alcuni spettatori lamentano un sonoro non perfetto, ecco noi lo consegnamo perfetto, poi nel lungo processo tecnologico cha va dal caricamento su un server dell’opera finita, alla messa in onda che rimbalza poi su milioni di dispositivi possono crearsi sbilanciamenti e distorsioni per le quali noi non possiamo fare nulla, alcune tecnologie di trasmissione via etere sono da ammodernare, ma è un discorso difficile. Su RaiPlay mi pare che questi problemi siano ridotti al minimo.
Sì, le varie cadenze dialettali nordiche (dal veneto di Martari al Milanese di Trabacchi e Gobbi) non aiutano gli spettatori meridionali (quelli come me, insomma) anche perché in tv hanno sempre prevalso cadenze toscane, romane, campane, siciliane… ma l’Italia non si ferma a Firenze, io amo l’infinita varietà di lingue di questo bellissimo e “maledetto” paese nel quale abbiamo la fortuna di vivere. In tanti mi chiedono poi perché la serie in proporzione vada meglio su RaiPlay che su Rai2? non saprei, certamente siamo ormai tutti abituati alle piattaforme, a fare un po’ ciò che ci pare e piace costruendo il nostro palinsesto… il futuro è quello lì, credo. Certamente i canali tv tradizionali dovranno trovare delle soluzioni, ancora più chiaramente noi dovremo tenere maggiormente conto delle caratteristiche della messa in onda con la pubblicità che interrompe flussi narrativi forse basati su fili troppo esili… vedremo. Intanto sono felice come un bambino per l’entusiasmo di tante e tanti spettatrici e spettatori, anche appassionati lettori dei romanzi che non soffrono troppo la trasposizione o la accolgono totalmente. Sì, ci sono anche quelli che non apprezzano, devo dire un numero esiguo, ma faremo di tutto in futuro per convincere anche loro. Soprattutto mi fa felice il sorriso di Massimo Carlotto che pur consapevole dei grandi cambiamenti adottati rispetto ai suoi romanzi, riconosce nel racconto cinematografico le proprie creature.

L’Alligatore, la scheda

L’ALLIGATORE – Italia 2020. Otto episodi da circa 50 minuti ciascuno su Rau Play (e Rai 2).. Tratti dai romanzi di Massimo Carlotto, in questa prima stagione La verità dell’AlligatoreIl corriere colombiano e Il maestro di nodi.
Regia: Daniele Vicari e Emanuele Scaringi.
Interpreti: Matteo Martari, Thomas Trabacchi, Valeria Solarino, Gianluca Gobbi, Fausto Maria Sciarappa, Eleonora Giovanardi, Andrea Gherpelli.

Matteo Martari è L'alligatore. Serie Tv su Rai Play
Matteo Martari è L’alligatore. Serie Tv su Rai Play


Leandro De Sanctis

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