VOLLEY Ricordando Roberto Stracca

E’ stato appena assegnato, per il terzo anno, il “Premio Roberto Stracca”, che la Lega pallavolo maschile dà al miglior ufficio stampa del campionato. Nelle prime due edizioni i riconoscimenti sono andati a Francesco Segala dell’Itas Trentino e a Marco Tentella della Lube Macerata, che sono ancora in prima fila nell’ideale griglia degli uffici stampa pallavolistici. Nel 2013 premiata Giusy Bertolotto della Bre Banca Cuneo (per la A1) e Alberto Sanavia della Tonazzo Padova (per la A2). L’aspetto curioso è che Giusy Bertolotto è in pratica la prima volta che appare ufficialmente, poiché se non ricordo male, i comunicati della Bre Banca Lannutti Cuneo erano firmati Piemonte Volley, insomma non è scattato un filo diretto di conoscenza, che è la base di ogni rapporto serio e umano, anche nel lavoro.

Devo ammettere, ricordando con nostalgia la figura di Robertino Stracca, che sono particolarmente contento di aver avuto questa idea e soprattutto che la Lega l’abbia sposata senza indugi. A caldo, con il cuore gonfio di dolore e rabbia, perchè è sempre ingiusto doversene andare così presto e in quel modo.
Se non altro, anno dopo anno, almeno per un giorno anche chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo, di condividere parte del cammino, la sua scalata, discreta, meritata, verso ciò che aveva sempre sognato di raggiungere, avrà modo di nominarlo e pensare a lui, a ciò che è stato. 
Il “Corriere della Sera” era il palcoscenico giusto per la sua voglia di andare oltre lo scontato, di arrivare un metro oltre la velina, di capire per poi far capire, di nutrire la sua curiosità. Altro elemento fondamentale nel bagaglio di chi scrive, in qualunque campo,
Ma lo faceva con semplicità, in punta di piedi, sornione ed efficace nel tagliare il traguardo a fari spenti.
Roberto aveva avuto una delle qualità indispensabili per fare il mestiere del giornalista, quando ancora era una professione. Era umile. E ciò, abbinato al talento nella scrittura ed alle qualità umane, intrise d’umorismo, di quella voglia di stare nel gruppo senza essere “caciarone” ma potendosi esprimere liberamente. Lui romanista sfegatato: sempre pronto a sfidare a duello verbale e ironico l’amico juventino. Come si addice a tifosi sportivi veri.
E quel senso dell’umorismo, quell’ironia, la capacità di stare allo scherzo, di adeguarsi e rispondere sullo stesso tono. Tra noi negli ultimi dieci anni della sua vita, era in atto un tormentone per via di una maglietta. La maglia a righe bianche e gialle con il numero 11, quello di Osvaldo Hernandez nell’anno dello scudetto della Piaggio Roma. Era un souvenir di una stagione indimenticabile, che per una ragione o per l’altra non era mai riuscito a darmi. E nel tempo si era trasformato tutto in un gioco che dava origine ad altri giochi. Sfottò ironici, conversazioni surreali. Come si fa tra amici.
Ma ora, dopo tutto quello che è successo, il ricordo di quella maglia mai avuta, si è trasformato in qualcosa di diverso, ammantato dallo struggente velo della nostalgia di qualcosa di importante perduto, nel ricordo di come si riusciva a dialogare con Roberto. Semplice nel raccontare le sue paure, non senza ironia, dal lettino dannato. Per cui preferisco che l’ultimo ricordo sia quello di una serata vissuta insieme, a tavola come usava una volta, in occasione del Volley day di Bologna. Per una sera di nuovo nel suo mondo, tra amici veri che lo apprezzavano e che gli hanno voluto bene. E continuano  volergliene anche ora che ci ha lasciato il ricordo, la memoria.

Il suo nome è legato ad un Premio che ricorda l’inizio della sua attività, della sua ascesa. Il ruolo che ebbe nella Roma Volley che arrivò a vincere lo scudetto, il 17 maggio del 2000. Il giorno perfetto, come titolò un emozionante video celebrativo.
Si appoggiò a chi era già nell’ambiente, ne chiese e sollecitò consigli, quando c’era qualche spina da togliere, si confrontava per cercare di fare la cosa migliore per il club per cui lavorava. Con passione e correttezza.
Aveva vissuto sulla sua pelle l’ansia e i nervosismi delle prime volte, qualche difficile trasferta all’estero nell’anno della Champions League, la connessione che saltava, il pezzo da trasmettere che non partiva, mentre le lancette notturne dell’orologio avanzavano incuranti ed impietose. 
Almeno una volta ogni anno, anche chi non sa chi è stato Roberto Stracca, avrà forse la curiosità di sapere qualcosa. 
Sono certo che qualche addetto stampa capitato per caso nel nostro volley, messo in una scrivania più grande di lui (o di lei), proverebbe imbarazzo e vergogna, se potesse rendersi conto dell’abissale distacco, un confronto impossibile, tra come lavorava, da addetto stampa Roberto Stracca, e il modo di proporsi che troppi presidenti accettano come regola, infischiandosene non della stampa, ma dell’immagine stessa del loro club.
La speranza e l’augurio: il Premio che ricorda la figura di Roberto Stracca, rammenti come si dovrebbe lavorare, anche da semplice e mal pagato addetto stampa.

I premi Stracca 2013 (Foto Lega Pallavolo Serie A maschile)

Leandro De Sanctis

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