CINEMA Paolo Villaggio se n’è andato, ma Fantozzi resterà per sempre

 

Anche Paolo Villaggio se n’è andato, lasciandoci quella irrimediabile malinconia che i suoi personaggi più riusciti suscitavano, insieme con le risate. Fantozzi ragionier Ugo, il ragioniere più famoso d’Italia, e Giandomenico Fracchia le sue maschere esaltate dal cinema e dalla televisione, dove Paolo Villaggio approdò rivelandosi immediatamente, era la fine degli anni 60, personaggio comico controcorrente, in anticipo sui tempi. Quelli della domenica, E’ domenica ma senza impegno, poi anche Canzonissima

Periodo d’oro per la comicità televisiva italiana, che lanciava anche un’altra coppia dal linguaggio comico d’avanguardia, Cochi e Renato. Il Paolo Villaggio in bianco e nero, sul piccolo schermo, irruppe nelle case degli italiani precipitandosi per le scale dello studio televisivo con il suo cammellino di pelouche, era il professor Kranz, il tedesco di Germania un po’maldestro. Villaggio ruppe gli schemi “maltrattando” il pubblico degli studi televisivi, e inventando il succube Fracchia che sprofondava sul puff dinanzi al perfido e fantastico Gianni Agus, spalla del Fracchia televisivo come poi al cinema fu il Filini interpretato da Gigi Reder. Villaggio, ancorchè portatore di una comicità nuova, intercettè subito il gusto di una vasta platea. Ampia sì, ma nemmeno lontananente paragonabile a quanto sarebbe accaduto dopo, quando il fenomeno Fantozzi traghettò Villaggio nella storia del cinema e del costume italiano, al punto che la parola Fantozziano è diventata aggettivo e compare a pieno titolo nell’Enciclopedia Treccani:
www.treccani.it/vocabolario/fantozziano/fantozziano agg. [der. di fantozzi (v. la voce prec.)], fam. – Di persona, impacciato e servile con i superiori: quel collaboratore è proprio una figura fantozziana.

Le frasi di Fantozzi sono entrate nell’immaginario, dette e ripetute nella vita di tutti i giorni reiterando sorrisi e risate. I congiuntivi puntualmente sbagliati, le gag verbali e visive, semplici ma anche per questo irresistibili. La poltrona in pelle umana, l’acquario dove nuotano gli impiegati, il “per me la “Corazzata Kotionkin” è una cagata pazzesca!” (si dovette sostituire il titolo originale del film preso ad esempio per contestare una certa critica fossilizzata nel passato,  La corazzata Potëmkin di Ėjzenštejn). Ma davvero non si contano le espressioni immortali delle sue scene cinematografiche: il chi ha fatto palo? il kit del tifoso davanti alla tv davanti a frittatone di cipolle con rutto libero. La trasformazione della vita impiegatizia in una costante ricerca di fannullonismo (negli anni in cui agli impiegati si attribuiva – sdegnosamente, da chi impiegato non lo era – mancanza di voglia di lavorare), del rapporto schiavizzato con i padroni ricchi e dittatori. Fantozzi era l’Italia, parlava del Paese meglio di tanti saggi, come spesso il cinema sapeva fare. Perfino a me studente capitò d’intrattenermi sulla sua figura, nel corso dell’esame di maturità, per dire quanto il personaggio Fantozzi fosse divenuto popolare e significativo, universalmente conosciuto.

Ma prima ancora del cinema, ricordo le letture di Paolo Villaggio alla radio, la domenica mattina nel corso di Gran Varietà. Leggeva i capitoli del suo primo libro, narrava le disavventure del ragioniere con i suoi grotteschi momenti di vita, accanto alla signora Pina dai capelli color grigio topo, alla figlia, la “babbuina” Mariangela, la signorina Silvani, la collega per la quale Fantozzi ha fatto vanamente follie. Impossibile isolare le scene indimenticabili ma soprattutto nei primi film della serie (la più lunga del cinema italiano, e ad un certo punto ha palesato una certa stanchezza, con Fantozzi invecchiato e ancor più immalinconito, dispensatore anche di tristezza) non si contano i gioielli sintetizzanti i malesseri dei tempi. Gli scippatori in fila con il numeretto in attesa delle pensionate da scippare, le surreali gare sportive aziendali, le vacanze sulla neve con i colleghi, le serate da scapoloni ordinando “scotches”, la telefonia erotica irrisa dalla hot line che conduceva alla moglie nella stanza accanto.

Fracchia al cinema era altra cosa dal Fracchia televisivo a cui bisognava strecciare le dita delle mani (Mi streccia per favore? implorava il Villaggio con la salivazione azzerata e la bocca impastata al superiore Agus). Ma anche qui c’è il cult Fracchia contro Dracula, con Filini che si mette in macchina abbracciato al televisore e che poi, da cecato come è, sfotte Fracchia spaventato dai pipistrelli: “Ma che ha paura dei canarini? E la scena della taverna? Con Fracchia che chiede a chi gli sta davanti e gli chiude la visuale se può togliersi il cappellone dalla testa. E quando questi se lo toglie… la sua capigliatura ha la stessa forma del cappello che la copriva…

Si potrebbe andare avanti all’infinito, cogliendo perle di comicità anche da altre apparizioni cinematografiche di Paolo Villaggio (ad esempio l’episodio di Dove vai in vacanza o di Quelle strane occasioni).

Senza dimenticare l’altra faccia di Villaggio, quella più stralunata, ingenua, soprattutto degli inizi della sua carriera cinematografica, i film con Gassman e poi in seguito le occasioni con i grandi registi, fino al Fellini che lo reclutò insieme con Benigni per La voce della luna.

Ma le ultime emozioni legate a Paolo Villaggio, che ha avuto anche il merito di abbracciare e conquistare varie generazioni di pubblico, le ho vissute e respirate a teatro, qualche anno fa. Quella sera al Teatro della Cometa, a Roma, Paolo Villaggio, il grande affabulatore, parlava a modo suo, con abbondanti dosi di cinismo, della sua storia e del suo modo di intendere la vita, di quei rompicoglioni dei mariti che morivano favorendo il rifiorire delle vedove. Buio in sala, la voce di Villaggio che pareva provenire da altri mondi: dalla radio, dalla tv in bianco e nero, dalle pagine dei suoi libri, dalla mia fanciullezza e poi gioventù, per condurre altrove, nei luoghi della memoria, dove perfino i morti non muoiono davvero, lasciando che i personaggi creati e interpretati, continuino a far ridere e a suscitare affetto. Magari con un velo di commossa emozione e quel senso di cose perdute che andando avanti negli anni riempie la vita.

 

 

 

 

Filmografia

Attore

Cinema

Televisione

Sceneggiatore

Regista

Doppiatore

Televisione

Teatro

  • L’avaro (1996)
  • Delirio di un povero vecchio (2000-2001)
  • Vita, morte e miracoli (2005-2008)
  • Serata d’addio (2007-2008)
  • Il profumo delle lucciole (2009-2011)
  • A ruota libera (2010-2011)
  • La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca! (2012)
  • Il peggio della mia carriera (2012)
  • Siamo nella merda, anche la Corazzata Potemkin è affondata (2012-2013)
  • La guerra di Paolo (2015- )
  • Mi piacerebbe tanto non andare al mio funerale (2015-2016)

Radio

  • Il sabato del Villaggio (1968)
  • Formula uno (1971)
  • Gran varietà (1974-1975)
  • Dolcemente mostruoso (1975)

Opere letterarie

Discografia parziale

Album

  • 1971 – Giandomenico Fracchia (CGD)
  • 1980 – Fantozzi contro tutti (Ricordi)

Singoli

  • 1975 – La ballata di Fantozzi/L’impiegatango (EMI)
  • 1980 – Fantozzo/Banda Fantozzi (Ricordi)
  • 1986 – Grandi magazzini/Hapinesse (RCA)

Leandro De Sanctis

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