Educazione Fisica e sport, lontananza tra territorio e istituzioni

Educazione Fisica e sport, lontananza tra territorio e istituzioni. Un articolo del professor Lombardozzi che sottolinea l’enorme paradosso con cui spesso ci si trova a fare i conti e a combattere. Si parla di sport in questa sede, ma la vita insegna che quanto lucidamente e pacatamente messo a fuoco in questo articolo, è un male dell’intera società italiana. Troppo spesso i capi non solo non sanno comandare o dirigere, ma nemmeno vigilare sui meccanismi del sistema che sono chiamati ad organizzare e tenere in vita. Sono concetti semplici. Leggerli nell’articolo del professor Lombardozzi rincuorerà chi pensa che nessuno si accorga di queste inadeguatezze, ma fa anche rabbia perché nella sua semplicità, il problema non è mai non solo risolto, ma nemmeno affrontato.

di Attilio Lombardozzi

Il paradosso, … spiega la logica, è un enunciato contrario all’opinione comune o contraddittorio in sé stesso. Non solo gli enunciati però possono apparire tali anzi è probabile che siano le situazioni o le organizzazioni ad essere incredibilmente paradossali. La premessa è indispensabile per poter affrontare criticamente i motivi che spesso ostacolano l’attuazione dei principi delle scienze dello sport per quanto riguarda l’attività sportiva, e le metodologie d’insegnamento se si pensa all’Educazione fisica.
Sport e Educazione fisica infatti sono due settori della società che, pur essendo gestiti da istituzioni diverse, condividono molti aspetti tra i più evidenti dei quali purtroppo è la “lontananza” tra il territorio e i vertici delle Istituzioni. Lontananza che risulta sempre più visibile, perché più nociva, man mano che partendo dalle attività delle società sportive o della scuola si risale, passando per gli organi intermedi, a quelle figure che, chissà per quali meriti, svolgono funzioni direttive.

Spesso ai vertici dirigenti poco adatti

Il primo paradosso sta proprio nella constatazione che più si va in alto e più capita di incontrare dirigenti “poco adatti” ai compiti che i ruoli richiedono. Si nota curiosamente quella che può essere definita una variante “umoristica” del famoso principio del filosofo americano L. Peter detto anche “principio di incompetenza” che spiega come “in una organizzazione gerarchica ogni dipendente tende a salire di grado finché non raggiunge il proprio livello di incompetenza”. In questo caso vi è solo una differenza: mentre Peter illustra la scalata del singolo verso l’incompetenza, qui c’è la  collocazione di personaggi via via più incompetenti col crescere dei gradi di responsabilità. Di esempi, proprio nelle situazioni correnti, se ne potrebbero citare diversi ma l’intento non è quello di lanciare strali verso le persone ma casomai denunciare procedure senza senso, come quelle che non tengono conto dell’esistenza di istituzioni universitarie per la formazione di professionisti dello sport, che non vengono presi in considerazione non si capisce poi per quali motivi.

La riforma confonde lo sport con la burocrazia

Emblematico a tal proposito è il tema della riforma dello sport pensata, elaborata e forse ( ? ) ancora da definire da ( chi? ) confonde lo sport con la burocrazia. La riforma, ad esempio,  ha previsto la trasformazione della CONI Servizi in una struttura ( Sport & Salute ) in grado di supportare concretamente le istituzioni sportive. Per agire in tal senso però ci si dovrebbe prima rendere conto di quale natura dovrebbe essere il supporto di cui si parla. La questione richiede profonda competenza che la governance di questa struttura pare proprio non possedere, se si considera l’estrazione dei suoi componenti. Si ricorre quindi a esperti con la conseguenza di provocare ulteriori perplessità: su quali basi infatti chi non è competente riesce a individuare chi è esperto? Dimostrazione pratica di tale incongruenza è il “Progetto per la scuola primaria” presentato per il corrente anno scolastico che propone l’orientamento verso due discipline sportive. Tale proposta infatti è in netto contrasto con le istanze scientifiche che indicano nella multilateralità della formazione attraverso le attività motorie l’obiettivo primario per i ragazzi in età scolare, si rivela perciò un invito a utilizzare metodologie fuorvianti. Sullo sport giovanile e sulla scuola, cioè sull’Educazione fisica, incombono da tempo due grossi problemi che si scontrano con il totale disinteresse degli organi dirigenti, proprio a questi sarebbe opportuno trovare finalmente gli opportuni rimedi. Il primo caso riguarda l’abbandono precoce della pratica sportiva, il secondo l’esigenza di riorganizzazione dell’Educazione fisica che partendo dalle stanze del MIUR possa riflettersi sull’operato degli insegnanti. Le risoluzioni per i problemi citati possono essere di facile attuazione per evitare però ulteriori paradossi è necessario che se di innovazioni si potrà parlare le proposte dovranno scaturire dalla competenza e dalla esperienza degli insegnanti.                                               

Leandro De Sanctis

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