Trapped | Recensione serie tv

Trapped | Recensione serie tv islandese. Dall’Islanda le prime due stagioni di una serie poliziesca ambientata per lo più in un fiordo all’estremo nord dell’isola (girata a Siglufjörður). Attirano gli scenari, le vicende e i personaggi, che si muovono con modalità e tempi diversi rispetto ai cliché a cui si è abituati.
La prima stagione è ambientata in inverno, tra nevi, ghiacci e gelo, con strade interrotte e tormente ininterrotte che complicano la vita e le indagini, rendendo impossibili anche gli spostamenti dalla capitale Reykyavik. La seconda mostra Siglufjörður senza la neve, con i prati in una stagione che si presume più normalmente vivibile.
L’ufficio di polizia locale ha tre poliziotti tutori della legge: il gigantesco Andri (Ólafur Darri Ólafsson), il flemmatico Asgeir (Ingvar Eggert Sigurðsson) che ama giocare a scacchi al pc, la sensibile e intuitiva Hinrika (Ilmur Kristjánsdóttir).
La prima stagione si è rivelata interessante, con un intreccio di vicende private e pubbliche che hanno ingarbugliato non poco le indagini, tra commercio di esseri umani, incendi misteriosi, tragedie del passato e morti fatti a pezzi e ritrovati in mare. Andri è separato, marito ancora innamorato ma civile nel gestire il rapporto con la ex moglie. Poliziotto umano, si muove senza mai tradire fretta, si prende i suoi tempi per parlare e agire. Si dimostra sempre comprensivo ma al tempo stesso risoluto nell’insinuarsi tra le pieghe di chi ha cose da nascondere e sensi di colpa.
Ben caratterizzati dagli attori, i tre poliziotti cardine dell’avamposto contribuiscono all’empatia dello spettatore.
Alla fine la prima stagione ha meritato un ampio riscontro di qualità, perché la trama era ben intrecciata e si è dipanata pian piano mantenendo viva l’attenzione,

Trapped, seconda stagione, comportamenti illogici


La stessa cosa non si può dire per la seconda stagione, che avrebbe potuto tranquillamente risparmiarsi due puntate. Avvio choc, poi entrano in ballo i grandi temi: la solita grande opera da costruire, la fabbrica che fa lavorare immigrati, le proteste dei locali preoccupati per l’inquinamento che produce. Il tutto condito da una serie di omicidi che riveleranno terribili intrighi familiari. Ma le puntate finali poggiano su tutto ciò che detesto in un film o in una serie. I personaggi che iniziano a comportarsi in maniera illogica e fanno cose stupide. Solo per giustificare eventi della trama e allungare il racconto, procrastinare l’epilogo. Ora senza entrare in dettaglio, è possibile che un poliziotto riceva una chiamata dal suo collega in ufficio e non risponda, solo perché sta interrogando? Chi fa la telefonata non chiama l’altra collega che sa essere con Andri e non manda almeno un sms per dire la cosa importantissima che deve dire. Poi non aspetta riscontri, fa di testa sua e va a finire come va a finire.
Un passo indietro: il poliziotto che ha respinto la telefonata, quando ha concluso l’interrogatorio con il testimone cosa dovrebbe normalmente fare? Richiamare il collega a cui ha attaccato il telefono. Niente di tutto questo. Intollerabile.
Peccato perché Trapped, forte di un paesaggio mozzafiato e di interpreti adeguati, era una serie partita bene. Ne è stata girata una terza stagione, ma per ora su Netflix ci sono solo le prime due.


Trapped, la scheda

TRAPPED – Islanda 2015. Due stagioni da 10 episodi (20 episodi da circa 50 minuti ciascuno) e una terza stagione da 8 episodi. Su Netflix le prime due stagioni.
Regia: Baltasar Kormákur.
Interpreti: Ólafur Darri Ólafsson, Ilmur Kristjánsdóttir, Ingvar Eggert Sigurðsson, Baltasar Breki Samper, Þorsteinn Gunnarsson, Nína Dögg Filippusdóttir
Vista in versione originale con sottotitoli

Leandro De Sanctis

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