Gli spiriti dell’isola | Recensione

Gli spiriti dell’isola | Recensione.
All’uscita dal cinema, mentre abbottono il giaccone, una signora mi guarda con aria interrogativa, un paio di secondi di silenzio e poi mi chiede: Ma a lei è piaciuto il film? Esprimendo chiaramente la sua delusione per un film che ha lasciato sconcertata lei e il suo accompagnatore.
In effetti anche io mi sono chiesto come mai un film così colto e metaforico, ma innegabilmente dalla fruizione non propriamente facile, sia stato anche un grande successo al botteghino italiano nella sua prima settimana di programmazione. Significa che le recensioni entusiastiche e i premi hanno ancora una valenza? Nove nomination agli Oscar, otto con tre vittorie ai Golden Globe, Coppa Volpi a Colin Farrell, Osella d’oro per la migliore sceneggiatura a Martin McDonagh alla Mostra di Venezia e altri premi vari.

Duello sull’isola, assurdo come la guerra civile irlandese

La vicenda si svolge nel 1923, sull’isola immaginaria di Inisherin, mentre in Irlanda divampa la guerra civile, come ricordano le cannonate che di tanto in tanto fanno da contraltare alla guerra privata, altrettanto insulsa e assurda che scoppia tra gli ex amici Padraic (Colin Farrell) e Colm (Brendan Gleason). Un bel giorno all’improvviso Colm decide di non voler parlare più con l’amico Padraic, non vuole più sprecare tempo in chiacchiere inutili e noiose. E visto che l’ex amico non capisce, minaccia di amputarsi le dita della mano sinistra, con cui suona il violino.
In questo festival della cocciutaggine nessuno fa un passo indietro, innescando un processo tanto assurdo quanto inesorabile. Siamo in un’isola popolata da gente che qualcuno definirebbe semplice, altri tristemente ignorante e rozza, con un pub ritrovo, una chiesa, la commerciante pettegola e impicciona, un poliziotto che è un violento cattivo e stupido nell’anima, anche con Dominic (Barry Keoghan), figlio “ritardato” ma non completamente, capace di riconoscere il confine tra gentilezza e cattiveria quando viene superato.
L’unica intelligenza appartiene a una donna, la sorella di Padraic (Kerry Condon), bella, lettrice appassionata e distante da tutti gli altri.
C’è la storia, indubbiamente, sceneggiata mirabilmente e illuminante sul livello dei protagonisti. L’ambientazione è molto bella, gli scenari anche. E si riflette a lungo su tutti i significati trasversali di un film che funziona più come metafora che a livello di piacevole visione. Perché dopo un po’ questo dialogo tra personaggi che non sanno e non vogliono ascoltarsi, diventa perfino noioso, oltre che un filino irritante.
Un duello senza senso che trasforma: l’uomo che voleva essere il più gentile dell’isola e il musicista che per tenere il punto abbraccia l’inferno dell’autolesionismo. La guerra privata dei due ex amici non vuole conoscere fine, diventa una guerra insensata e infinita, con l’unico pensiero di pietà riservato agli animali. Servirebbe raccontare di più per entrare nel cuore di tutti i significati del film, ma non è il caso e non sarebbe giusto. Quindi, film interessante e colto, pur nutrendosi del basso livello culturale (e umano) di molti dei protagonisti, ma anche in grado di mettere alla prova menti troppo razionali. Non c’è da stupirsi se al di là delle critiche entusiastiche e del successo al botteghino, l’indice di gradimento non dovesse essere adeguato.

Gli spiriti dell’isola

GLI SPIRITI DELL’ISOLA – (orig. The Banshees of Inisherin) – 2022. Stati Uniti, Gran Bretagna, Irlanda. Durata 114′.
Regia: Martin McDonagh.
Interpreti: Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan, Gary Lydon.
* visto in versione originale.

Leandro De Sanctis

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