VOLLEY Carlotta Cambi, tricolore con Novara, non dimentica: “Grazie Volleyrò”

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Carlotta Cambi a
20 anni si è laureata per la prima volta campionessa d’Italia con la
Igor Novara. Carlotta è nata a San Miniato e il 28 maggio festeggerà il suo
ventunesimo compleanno. Lei e Anna Danesi, altro straordinario talento
passato per il Volleyrò Casal de’ Pazzi, hanno giocato insieme a Roma
vincendo tutto a livello giovanile prima di andare in Serie A. Dopo una
positiva stagione a Piacenza in Serie A2, Carlotta si è trasferita a
Casalmaggiore, dove ha vinto una Champions League, e quindi a Novara con
il fresco trionfo tricolore.

 “È stata un’emozione fortissima – racconta Carlotta
perché Novara voleva davvero tanto questo titolo. C’era molta tensione
in campo. Sia Novara sia Modena, chi per un motivo chi per un altro,
desideravano fortissimamente questo scudetto. Da parte nostra è stata
una stagione in crescendo e forse non ce l’aspettavamo. Siamo molto
contenti ma ancora un po’ frastornati per tutto quello che è successo”.

Da Casalmaggiore a Novara. Cosa vuol dire vivere la quotidianità con una campionessa come Francesca Piccinini?

“Con Francesca ho avuto il piacere di giocare insieme anche lo
scorso anno. La sua esperienza è stata fondamentale, perché quando è il
momento di vincere lei sa come farlo. Mi piace ricordare anche la
straordinaria voglia di vincere di Stefania Sansonna e Katarina Barun,
che hanno trasmesso a tutte noi il desiderio di portare a casa lo
scudetto”.

Dopo la Champions League dello scorso anno, è arrivato lo
scudetto. In che modo hai vissuto questo doppio successo e che
differenze hai trovato?

“Sono due successi bellissimi ma diversi per come sono arrivati.
Questo scudetto lo sento molto più mio, perché ho giocato tanto e sono
entrata in quasi tutte le partite disputate da Novara. Giocare e
vincere è un po’ diverso dal vincere stando pressoché sempre in
panchina. Ho provato una grandissima gioia in entrambi i casi, ma lo
scudetto con Novara è un successo a cui ho partecipato più
attivamente”.

Molte tue coetanee scelgono di andare a giocare in squadre
di fascia più bassa per trovare più spazio. Tu, al contrario, dopo
Piacenza hai optato per due top club, eppure ti sei sempre guadagnata
la fiducia dei tuoi allenatori, tanto da raggiungere anche il giro
della Nazionale maggiore. 

“Dopo la Serie A2 ho deciso di andare in un club importante come
Casalmaggiore, perché volevo vedere com’era la Serie A1 in una squadra
top. Casalmaggiore disputava anche la Champions, quindi era
un’opportunità in più per mettermi alla prova. Quest’anno, invece, mi ha
convinta un progetto importante. Poiché il mio cartellino è di Novara,
ero certa che avrebbero puntare su di me e che mi avrebbero dato
spazio per valorizzarmi”.

Hai conquistato la Champions League, lo scudetto e sei nel
giro della Nazionale, che altri obiettivi ti poni, visto che a soli
vent’anni hai già vinto tantissimo?

“Sicuramente voglio confermarmi a questo livello, per dimostrare
a tutti che sono una giocatrice importante. In bacheca manca la Coppa
Italia e magari potrei farci un pensierino…”

Tornando indietro con la memoria, in che modo ti ha aiutata a raggiungere questi risultati l’esperienza al Volleyrò CDP?

“Il Volleyrò è un progetto di giovani molto talentuosi. La
società punta a vincere e non vuole soltanto partecipare ai campionati
per fare esperienza. Affrontare una stagione con la pressione di dover
vincere ti forma il carattere in vista dei campionati di Serie A. Devi
sempre dare il massimo, ogni giorno. Negli altri progetti giovanili
l’unico obiettivo è quello di far crescere le proprie giocatrici senza
la pressione di arrivare alla vittoria. Questa cosa fa una grandissima
differenza e distingue il Volleyrò da tutte le altre società giovanili.
Il merito del Volleyrò non è soltanto quello di formare tecnicamente
le atlete, ma soprattutto di abituarle a cercare sempre la vittoria.”

Tu e Anna Danesi rappresentate per le tante ragazze del
Volleyrò CDP l’esempio di come si possa crescere e arrivare
all’eccellenza pallavolistica partendo da solidissime basi costruite
nel giovanile. Che qualità bisogna avere e che consigli puoi dare alle
giovani pallavoliste che vogliono arrivare in Serie A?

“Non bisogna mai perdere l’entusiasmo, perché la voglia di
divertirsi in campo ci deve sempre essere. E poi consiglio a tutte le
ragazze di non perdere mai la fiducia, anche quando i risultati
sembrano non arrivare. Non si può avere tutto e subito, ci vuole
pazienza. Se si lavora sodo, i risultati alla fine sono certi”.

Quando sei partita dalla Toscana per arrivare a Roma, come
hai vissuto quei primi giorni in una realtà completamente diversa e
come sei riuscita a superare le difficoltà?

“Sono arrivata al Volleyrò che avevo quindici anni. Ero convinta
di voler giocare a pallavolo ad alti livelli e i miei genitori sono
stati fantastici perché hanno accettato la mia scelta senza pormi degli
ostacoli. Arrivata a Roma mi sono trovata in una situazione
completamente nuova per me. Un conto è dire vado a vivere da sola, un
conto è farlo. I primi mesi sono stati difficili, ma devo ringraziare i
miei genitori e soprattutto Armando Monini, Andrea Scozzese, Laura
Bruschini e tutto lo staff del Volleyrò che mi sono stati sempre molto
vicini e mi hanno aiutata a superare i primi momenti di crisi. Poi è
andato tutto in discesa. Quella del Volleyrò è un’esperienza che
consiglio a tutte le ragazze che vogliono giocare a pallavolo ad alti
livelli. È una società favolosa e soprattutto una grande famiglia che ti
segue passo dopo passo senza abbandonarti mai. Uscite dal Volleyrò si è
giocatrici pronte ad affrontare la Serie A e persone più ricche e
abituate a lottare per ottenere i risultati anche nella vita. Ne
approfitto per ringraziare innanzitutto Armando Monini e Andrea Scozzese
(scomparso un anno e mezzo fa, ndr
che grazie a questo bellissimo progetto che è il Volleyrò hanno
permesso e permettono a tante ragazze come me di realizzare i propri
sogni. Ringrazio tutti anche per i rimproveri, perché sono quelli che
ti fanno crescere. Quando si arriva in Serie A e non si vive più la
realtà protetta del giovanile, si è già abituati a sopportare le
difficoltà dell’essere da soli e non si soffre il salto di categoria”.

Leandro De Sanctis

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