Caso Schwazer, Coe continua a stare dalla parte sbagliata

Caso Schwazer, Coe continua a stare dalla parte sbagliata e minaccia.

Non si è mai visto un assassino condannarsi per omicidio“, scriveva Howard Prince. Premessa figurata (nel caso Schwazer si parla di “morte” sportiva) per entrare nella logica distorta e minacciosamente di parte con cui, in maniera esageratamente sospetta, il presidente della World Athletics, il signor Sebastian Coe ha liquidato la sentenza del processo di Bolzano. Il signor Coe che, ai tempi del misfatto Schwazer, di quell’organismo (allora si chiamava Iaaf, ma il risciacquare e cambiare il nome non cancella gli scandali degli ultimi anni) era il vicepresidente ignaro. Nel senso che tutto ciò che è stato poi smascherato, avvenne senza che lui se ne accorgesse. Oltre agli scandali economici, anche la manovra per creare artatamente il caso di doping con cui è stata uccisa la carriera sportiva di Alex Schwazer. Il Tribunale di Bolzano ha cercato le prove che le urine del marciatore azzurro furono adulterate e le ha trovate, checché continui a blaterare il signor Coe.
Fatti, non opinioni o congetture. La manipolazione c’è stata. Così come, al contrario, non c’è stata una corretta procedura per tutto il caso, che fin dall’inizio presentò evidenti e numerose anomalie.
Il comportamento della Iaaf, della Wada (l’agenzia mondiale antidoping al quale l’Italia pare versi un milione di euro ogni anno: a che scopo se si può creare dal nulla un caso di doping, cosi sono tutelati gli atleti puliti?) e del Laboratorio di Colonia, sono sempre andati in direzione opposta alla ricerca della verità. Hanno fatto tutto quanto ritenevano possibile per opporsi al lavoro del Tribunale di Bolzano.
Ma è inutile tornare sui soliti argomenti: chi non è in malafede, chi non ha interessi da difendere o da fiancheggiare, ha potuto ormai maturare proprie convinzioni.

Cresce il conflitto: siamo scesi alle minacce

Le dichiarazioni del signor Coe riportate stamattina da alcuni giornali e siti italiani, sono molto significative e rivelatrici di molte cose. Innescano un preoccupante salto di livello. Ma dovremmo dire discesa di livello. Perché se un presidente di una federazione mondiale paragona due casi imparagonabili (Semenya e Schwazer) e pensa di argomentare la propria posizione minacciando, significa che realmente non c’è e non ci può essere futuro sereno per l’atletica e per lo sport. Non una parola per ribattere ai punti espliciti della sentenza emessa dal Gip Walter Pelino.
Già nel 2016 a Rio il signor Coe aveva rivelato la sua pochezza dirigenziale, non capendo o fingendo di non voler capire, che il caso Schwazer non era una cosuccia che riguardava solo l’Italia.
( leggi: https://www.vistodalbasso.it/2017/01/06/atletica-caso-schwazer-sebastian-coe/ )
E ieri ha ribadito la sua imbarazzante posizione. Imbarazzante perché testimonia la sua inadeguatezza per il ruolo che occupa. Forse in realtà testimonia altro, ma ognuno può farsi un’idea sugli argomenti fragili che ha usato non per affrontare le accuse pesantissime che ha espresso il Tribunale di Bolzano, ma per liquidare la vicenda, negare ogni revisione, valutare ogni nuova prova emersa. Non c’è stato un giornalista che gli ha posto le domande che sarebbe stato naturale fargli se si esercita questo mestiere, riprendendo i passi conclusivi della sentenza del Tribunale di Bolzano, le accuse circostanziate del Gip Walter Pelino.
Se una federazione mondiale continua caparbiamente a rifiutare la verità, può significare soltanto una cosa. Il Tribunale di Bolzano lo ha scritto chiaramente nella motivazione della sentenza.

La sentenza finale del TAS risale al 2016

In quella sede non si esaminò il memoriale difensivo dei legali di Schwazer. Ma soprattutto non c’erano ancora state le indagini del Tribunale di Bolzano. Ma per il signor Coe il tempo si è fermato al 2016: alla Iaaf-World Athletics non interessa valutare cosa è emerso alla fine di questi quattro anni di indagini. Conta solo dire che la sentenza è indiscutibile. Un comportamento che dovrebbe spaventare tutti gli atleti, anche se è vero che chi non è allenato da Sandro Donati fino a ieri non aveva nulla da temere.
Fino a ieri. Cosa significano le minacce di Coe? Il presidente mondiale è stato affrontato in maniera evidentemente decisa dal neo presidente della Fidal, Stefano Mei, che è stato atleta pulito e che ha sempre avuto idee e posizioni nette e limpide sul doping. Coe ha minacciato l’Italia dopo aver dovuto incassare le prese di posizione di Stefano Mei, presidente della Federatletica, e di Giovanni Malagò presidente del Coni.
Quindi il presidente dell’atletica mondiale che si appresta a riabbracciare la Russia, bandita per doping di stato diffuso, come se nulla fosse accaduto, tradisce irritazione e non trova di meglio che minacciare l’Italia che vuole tutelare il suo atleta truffato.
Siamo “ai materassi” dunque? Cosa vuole intendere il signor Coe quando parla di minacce? Altri atleti italiani potrebbero trovarsi a subire ciò che è stato inflitto a Schwazer? Nessun atleta italiano, specie se di vertice, potrà gareggiare tranquillo? Vuole escludere l’Italia dalle manifestazioni? Vuole far gareggiare gli italiani senza bandiera, da indipendenti come è stato concesso ad alcuni russi ritenuti meritevoli di non essere bloccati? Lo spieghi. Perché nessuno giornalista glielo ha chiesto?
Detto ciò, non può essere taciuta appunto la complicità più o meno silenziosa, più o meno manifesta, della quasi totalità della stampa italiana.
Ho trovato solo un giornalista, Riccardo Signori, Il Giornale, che ha accompagnato il resoconto delle dichiarazioni del signor Coe con una chiosa, un commento. Altrove un semplice avallo della veline presidenziale.
Mi chiedo come si possano pubblicare le parole minacciose di Coe, sic et simpliciter, senza spiegarle, approfondirle. Avallandole evidentemente, senza aver nulla da aggiungere e omettendo l’iniziativa della raccolta di firme su Charge.org per mandare Alex all’Olimpiade. Anche se pure a quella si riferiva Coe quando ha pronunciato quelle parole. “Spero che la gente capisca” ha detto Coe.
Si, signor Coe, la gente ha capito. Ma quello che ha capito non le piace. Ha capito che c’è stato un complotto e che Schwazer è stato defraudato di medaglie, soldi, e della sua carriera sportiva di campione della marcia. Ha capito che lo sport è morto, seppellito da questa vicenda.

Cosa ha detto Coe

Interrogato sul caso Schwazer subito dopo il consiglio della World Athletics, Sebastian Coe ha ignorato la sentenza e le accuse pesantissime e specifiche el Tribunale di Bolzano, preferendo snobbare e minacciare: “abbiamo trattato solo vicende di rilevanza internazionale, quindi il consiglio non si è occupato di Schwazer. Tuttavia, Aiu e World Athletics non si smuovono dalle posizioni assunte, siamo fermi e risoluti. Solo in Italia continuano a interessarsene. Amo l’Italia, mi ci sono allenato a lungo. Non voglio si metta dalla parte sbagliata e che l’atletica azzurra, per quel che rappresenta, venga contaminata. Spero che la gente capisca: la storia, diversamente, non sarà gentile. Respingiamo con forza qualsiasi tentativo dell’atleta o di chiunque a lui associato di indebolire o annullare la decisione presa dal Tas in base a teorie inverosimili di manipolazione. Noi e Wada ci siamo già difesi con successo da un ricorso alla Corte federale svizzera. Saremo inflessibili ed è un bene sia così: non per questo caso isolato, ma per tutte le giuste cause“.

Leandro De Sanctis

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