Stano tutti bene, col terzo oro in marcia per l’Italia atletica

Stano tutti bene col terzo oro in marcia per l’Italia. L’impresa di Massimo Stano a Sapporo ha reso addirittura trionfale l’Olimpiade dell’atletica italiana, svilita e perfino dileggiata alla vigilia, con fosche previsioni di mega flop. Chissà che gli uccelli del malaugurio in realtà non abbiamo portato bene, come potrebbe pensare chi crede alla scaramanzia. Il marciatore azzurro ha vinto la gara in 1h21’05”, precedendo i giapponesi Koki Ikeda (1h21’14”), argento, e Toshikazu Yamanishi (1h21’28”), bronzo.
Da sottolineare il gesto di fair play dell’azzurro, che conoscendo e rispettando la cultura giapponese subito dopo aver tagliato il traguardo ha atteso in piedi i due rivali nipponici facendo loro l’inchino.
L’atletica italiana festeggia cosi la terza medaglia d’oro della spedizione giapponese, arricchita da un comportamento generale assai positivo, al di là di qualche prestazione inferiore alle attese e speranze, come peraltro sempre avviene.
Insomma, i segnali che avevano regalato le rassegne giovanili hanno avuto un seguito, nel senso che sembra esserci un risveglio generale di ambizioni e prestazioni dopo questa lunga notte della pandemia. I meriti sono innanzi tutto degli atleti, perché l’Olimpiade è il loro momento sognato. E poi a ruota dei tecnici e di tutto l’ambiente.
Il fresco presidente Stefano Mei, al di là delle problematiche interne e conflittuali di una Fidal sempre in fermento, ha sicuramente avuto merito e fortuna nel guidare l’atletica in una Olimpiade che passerà alla storia di questo sport. Senza dimenticare il lavoro del recente passato, tra alti e bassi, tra speranze e delusioni che hanno accompagnato anche la presidenza di Alfio Giomi, che affidò infine a La Torre la direzione tecnica. I risultati raramente scaturiscono per caso, spesso sono l’epilogo di un lungo percorso, che coinvolge tante persone.
Ci si augura che queste medaglie (Jacobs, Tamberi, Stano, il cui cognome mi ha indotto a giocare nel titolo con il film di Tornatore) possano contribuire a rasserenare tutto l’ambiente e a far trovare quella coesione, quell’unità di intenti, che la squadra azzurra ha messo in mostra con orgoglio e qualità, durante questa Olimpiade di Tokyo, peraltro non ancora conclusa.
Sotto a firma di Nazareno Orlandi dell’Ufficio Stampa della Fidal, il racconto dell’oro di Massimo Stano, tredici anni dopo l’oro di Schwazer nella 50 km di Pechino. Nella 20 km si tratta della terza medaglia d’oro dopo quelle di Maurizio Damilano (1980) e Ivano Brugnetti (2004) e settima globale (due bronzi per Maurizio Damilano (1984 3 1988) e uno di Giovanni De Benedictis (1992).

di Nazareno Orlandi (* Fidal)

Aveva studiato il giapponese (“una paginetta al giorno”), lui che della cultura orientale è un vero appassionato. Lo approfondiva da anni, per interesse personale e per scoprire i segreti degli avversari più forti, traducendo i suggerimenti che durante la corsa avrebbero dato i loro allenatori. È servito. Eccome. Massimo Stano ha battuto due giapponesi in casa loro nella 20 km di marcia. “Era importante vincere in Giappone, è la mia seconda casa. Adoro gli anime, i manga. Durante la gara a Yamanishi ho detto ‘andiamo’ in giapponese. È rimasto un po’ stranito…”. Italia con tre medaglie d’oro nell’atletica. Da non crederci. “Me lo sentivo quest’oro. Le medaglie di Jacobs e Tamberi mi hanno dato motivazioni in più, il ringraziamento va anche a loro”.

“È stata una gara veramente dura – racconta Stano, in estasi dopo la cerimonia di Sapporo, anteprima della consegna ufficiale della medaglia che avverrà domani a Tokyo (ore 12.50 italiane) – Caldo, umido, come piace a me. Ho sperato che piovesse e ci fosse ancora più umidità perché so che in queste condizioni soffro meno degli altri. Non ho mai avuto ottime sensazioni in gara, anche se può sembrare strano. Negli ultimi due mesi per darmi coraggio mi ripetevo ‘sono il più forte, sono il più forte del mondo’, e anche in gara ho lavorato molto mentalmente. Mi ripetevo in testa di essere il migliore. Un mese e mezzo fa ho avuto un’infiammazione al bicipite, quindi abbiamo dovuto frenare un po’ con gli allenamenti. Per compensare quello che non ho guadagnato con il lavoro, ho dovuto lavorare a livello mentale. Questa strategia mi ha dato fiducia”.

“Ovviamente la vittoria è dedicata a mia figlia Sophie (nata a febbraio, ndr) e mia moglie Fatima che mi sopportano e supportano – prosegue il campione olimpico – Volevo un figlio, ma avevo paura, preferivo aspettare le Olimpiadi. Però oggi posso dire che è stata una forza in più, mi ha dato una spinta, durante tutta la gara ho pensato a lei. Il mio grazie, poi, va al migliore allenatore del mondo, Patrizio “Patrick” Parcesepe, perché non si può fare un risultato da soli, ma serve intorno un grande staff. Al fisioterapista Cristian Bruno. A tutti quelli che mi hanno aiutato nel cammino verso le Olimpiadi. Sono veramente contento e incredulo, spero non sia soltanto un sogno. Oggi, prima della gara, al mio team manager delle Fiamme Oro Sergio Baldo ho detto… non c’è due senza tre! Glielo avevo promesso. Ringrazio anche le Fiamme Gialle che mi ospitano, io sono un ibrido, squadre diverse ma funzioniamo insieme, con la maglia Italia”.

I temi sono tanti, le domande in collegamento da Casa Italia, filo diretto tra Sapporo e Tokyo spaziano su ogni aspetto sportivo e personale. Sulla tecnica di marcia: “Oggi ho preso soltanto un rosso nel penultimo chilometro, a Doha invece ero finito in penalty zone perché marciavo male. Senza quella disavventura probabilmente non mi sarei concentrato sulla tecnica, nei mesi successivi. Una delusione che mi ha insegnato tanto”. Sulla scelta di diventare musulmano: “È per amore, non ci vedo nulla di scandaloso”. 

La Torre: “Un campione semplice”

Antonio La Torre trattiene a stento le lacrime. Da allenatore ha accompagnato Ivano Brugnetti alla gloria olimpica di Atene 2004, da direttore tecnico prende per mano Stano fino all’Olimpo: “Le emozioni che ho cercato di controllare fino ad ora, le ho liberate con la medaglia d’oro di Massimo – sottolinea il DT – Conosco perfettamente tutta la sua storia. Da quando per un periodo si è allenato a Milano con Alessandro Gandellini prima di passare a un tecnico straordinario, di cui voglio enfatizzare il valore: Patrizio Parcesepe, artefice delle medaglie di Antonella Palmisano e della crescita di Francesco Fortunato. Continua il fil rouge della tradizione italiana della marcia, con una medaglia parte da lontano. Niente è stato lasciato al caso. Siamo venuti qui due anni fa, in Giappone, e Massimo ricorda bene le levatacce all’alba, alle 4.25, per prendere le temperature, la percezione dello sforzo e del calore. Questo adattamento ha funzionato. Ieri gli ho ricordato che la temperatura sapeva gestirla meglio degli altri”. 

Il campione olimpico della 20 km di marcia ha avuto incoraggiamenti e consigli fondamentali nelle ore scorse: “Ha sentito spesso al telefono Ivano Brugnetti, tante chiamate negli ultimi giorni: per lui è un modello, un’ispirazione. Ieri sera Ivano gli ha detto ‘non avere paura, perché hai tutte le carte in regola per fare una grande gara’. In gara, nella seconda parte, mi ha ricordato l’Ivano di Atene. Ha marciato bene, ha costretto i giapponesi a marciare male, ha staccato due marciatori bravi tecnicamente come gli spagnoli. Si è goduto la sua Olimpiade. È un uomo di grande equilibrio, semplice, come sanno essere semplici i campioni. So tutta la sofferenza che c’è stata a Doha. Da lì è iniziata la sua ricostruzione. Oggi ha dominato”.

Mei: Squadra serena, senza pressioni

“A questo punto perché fermarsi… Ci sono le prospettive per fare ancora qualcosa di buono. A Sapporo, o qui in pista, c’è la possibilità di avere altre sorprese nei prossimi giorni”. Il presidente della FIDAL Stefano Mei festeggia il terzo successo azzurro di una memorabile edizione delle Olimpiadi, tra Tokyo e Sapporo. E rilancia. Sull’onda azzurra di una spedizione magnifica, inaspettata e per questo ancora più entusiasmante. Il trionfo di Massimo Stano nella 20 km di marcia arricchisce un sontuoso medagliere azzurro (3-0-0) e dimostra quanto questa Nazionale sia competitiva ai massimi livelli sia in pista sia su strada. “Vedo questi ragazzi sereni, tranquilli, senza pressioni: è il plusvalore di questa trasferta, oltre alla bravura in sé di tecnici e atleti”, le parole del presidente federale. 

Leandro De Sanctis

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