Il Divin Codino | Recensione

Il Divin Codino, il film su Roberto Baggio è sbarcato su Netflix, che continua a credere nelle biografie romanzate degli eroi del calcio, uno sport che al cinema ha sempre faticato ad emergere.
Chi non sa nulla di calcio e di Baggio, apprezzerà i circa novanta minuti del film (la durata di una partita, supplementari e rigori esclusi) perché il cast è di qualità, a dispetto della popolarità limitata di un gruppo di ottimi attori. A cominciare da Andrea Arcangeli, che dà volto ed espressioni al Divin Codino, ma comprendendo anche Valentina Bellè (la moglie Andreina), l’ottimo Andrea Pennacchi (papà Florido), Anna Ferruzzo (la mamma Matilde). Impossibile non citare la partecipazione straordinaria di Martufello, che sul filo della macchietta non svacca e restituisce lo spirito del grande tecnico romano Carletto Mazzone. Non poteva mancare Arrigo Sacchi, che ha il volto un po’ tirato di Antonio Zavatteri.
Ma se gli attori sono bravi, e se non fosse un film biografico sul calciatore amato dalla gente e in perenne conflitto con quasi tutti i suoi allenatori, perché allora Il Divin Codino non convince lo spettatore che la storia di Baggio la conosce?
Il vizio è di partenza: novantadue minuti sono assolutamente insufficienti per una storia complessa come quella di Roby Baggio. Ventidue anni nel calcio di alto livello, sette squadre, la Nazionale con due Mondiali: troppo per essere ristretto nella durata di un film. Ci sarebbe voluta una serie perché di materiale da raccontare ce n’era tanto. Non si tratta di voler vedere ogni passaggio della sua carriera, ma se si fa un film su un campione in genere si punta su un determinato periodo, si mette a fuoco un passaggio fondamentale, come è accaduto ad esempio al film su Totti di Alex Infascelli, sviluppatosi su altri registri. Oppure si dà ampio respiro e si sfrutta la possibilità di una serie tv.
Senza esprimere la pedanteria del tifoso calcistico, non è possibile vedere un film su Baggio senza praticamente traccia della squadra con cui ha giocato più a lungo e con cui ha vinto due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa (la Juventus, cinque anni). Senza Bologna, Inter, Milan.
Tanto per restare nel solco dell’abitudine, il focus è sul rigore sbagliato nella finale mondiale con il Brasile a Usa ’94, ma non c’è traccia del Mondiale italiano, che lo vide protagonista insieme alla rivelazione Totò Schillaci.
Ricordo che quando nel andai in Giappone con la Nazionale di pallavolo, nei ristoranti riconoscendoci come italiani nominavano subito Baggio, popolarissimo anche in Giappone, come stella del calcio per di più buddhista.
Non si voleva una cronistoria, sia chiaro, ma i puntuali dissidi con i suoi allenatori offrivano materiale interessante su cui lavorare. Perché alla fine, come nel film e nella serie su Totti dove il “nemico” era Spalletti (a proposito, auguri ad Insigne…) nel film viene mostrato il rapporto conflittuale con Arrigo Sacchi e il tradimento di Giovanni Trapattoni ct, che lo illude e poi (pur essendo guarito dopo un brutto infortunio) lo esclude dal Mondiale 2002 nippo-coreano a cui Roby tanto teneva (e la storia ha poi detto che fu un grave errore non portare Baggio).
Si sono spese energie nella rappresentazione delle reali partite di calcio, ma forse sarebbe stato più produttivo usare gli spezzoni originali e puntare di più sulla real-fiction, perché Andrea Arcangeli ha dimostrato di essersi calato ottimamente nei panni di Roby. Un Baggio tormentato, conflittuale interiormente e non solo. Ma nonostante ciò, forse troppo poco del vero Baggio è rimasto nel film.
Molto bella invece la canzone scritta da Diodato per i titoli di coda: L’uomo dietro il campione

La dedica finale di Roberto Baggio

IL DIVIN CODINO – Italia 2021. Durata 92′. Su Netflix.
Regia: Letizia Lamartire.
Interpreti: Andrea Arcangeli, Valentina Bellè, Andrea Pennacchi, Anna Ferruzzo, Thomas Trabacchi, Antonio Zavatteri, Riccardo Goretti, Martufello, Simone Colombari.
La canzone sui titoli di coda (“L’uomo dietro il campione”) è cantata da Diodato

L’uomo dietro il campione, Diodato

Leandro De Sanctis

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