La nuova frontiera degli ultrà | Recensione

La nuova frontiera degli Ultrà, il libro appena pubblicato di Daniele Poto, autore prolifico che spazia tra società e sport, dando libero corso alla sua vena polemica e controcorrente, seguendo la sua visione degli argomenti che affronta.
La nuova frontiera degli ultrà è opera scomoda e coraggiosa, che non trae forza da un punto di vista personale che potrebbe essere pur sempre opinabile, ma dalla realtà, da fatti assodati, rapporti, sentenze, Insomma, punti fermi indiscutibili, a meno che non si voglia negare la realtà o vedere bianco ciò che è nero.
Partecipando alla presentazione che del libro è stata fatta ieri a Roma, presso la Libreria ELI di viale Somalia questo assunto è emerso chiaramente come preambolo, ma non tutti lo hanno voluto comprendere, arricchendo senza volerlo il quadro dipinto nel suo libro da Daniele Poto. Quando si parla di calcio, anche se La nuova frontiera degli ultrà si concentra su un preciso aspetto, si tende ad andare fuori tema, a mischiare argomenti, a mettere a fuoco, talvolta a confondere tematiche anche estranee a ciò di cui si parla. Ed è indiscutibile che il modo in cui spesso il tifoso, ultra o meno, dipinge se stesso, non aderisce alla realtà conclamata di fatti ma ad un modello auto delineato, anche se non veritiero.
Lo spunto per approfondire il fenomeno ultrà è stato suggerito a Daniele Poto da un episodio di cronaca nera, la morte di Piscitelli, che tra la varie occupazioni per lo più illegali era anche ultrà della Lazio, Poto racconta il passaggio traumatico tra il tifo organizzato degli anni ’70 e le organizzazioni che hanno preso piede dopo la tragedia di Paparelli (il tifoso laziale ucciso in Curva Nord da un razzo lanciato dalla Curva Sud romanista) e soprattutto dagli anni ’80.
Inizialmente contrapposizioni anche ideologiche: ultrà di estrema destra, fascio nazisti contro ultrà di sinistra. Ma nel tempo, probabilmente assecondando la dissoluzione avvenuta in politica, il tifo ultrà si è omologato, unicamente contemplando ideali e modalità di un solo schieramento. E il confine tra stadio e (dis)ordine pubblico si è fatto più vago, solo apparentemente collidente, in realtà assolutamente elidente.
Attraverso il tifo ultrà si sviluppano anche tematiche collaterali: sfruttamento dell’immagine legata alla squadra di calcio da far fruttare nel traffico di droga, nel contatto attivo con la malavita, con i clan, camorristici, mafiosi, della ‘Ndrangheta. Da Verona a Napoli, dalla Juventus alla Lazio, alla stragrande maggioranza di club che hanno dovuto fare i conti con una realtà che più che al calcio pensa ai soldi. Enormi giri economici che passano anche per le curve, per il rapporto ambiguo con le società, sempre sotto scacco del ricatto se non acconsentono a cedere biglietti gratuiti (che spesso alimentano poi il bagarinaggio), diritti di marketing e altro.
Naturalmente questo è il volto sporco del fenomeno ultrà, che presenta anche più rare ma benemerite iniziative sociali e a scopo benefico. I risvolti sono molteplici e variano da Paese e Paese. Se in Inghilterra gli stadi sono dotati di stanze prigione per accogliere chi sgarra, in Italia lo stadio è una zona franca dove entra di tutto e si fa di tutto. A chi sostiene che le Curve degli ultrà sono luogo sicuro, bisognerebbe domandare come mai allora nemmeno la Polizia si azzarda ad entrarci? Pur sapendo che lì si svolgono anche attività legali e conoscendo le fedine penali di alcuni personaggi particolarmente “vivaci”. Insomma, curve sicure per gli ultrà. Ma gli stadi sono diventati una zona franca, dove spesso si possono compiere impunemente azioni che altrove sarebbero perseguite. Certo, è più semplice andare a “pizzicare” canne e punire adolescenti ai concerti musicali, piuttosto che contestare reati di narcotraffico in curve inaccessibili alle stesse Forze dell’Ordine.
Non è soltanto lo stadio a dover essere sicuro per accogliere senza rischi i veri appassionati, ma anche le zone adiacenti, i percorsi che il tifoso appassionato compie per seguire la partita. Invece può succedere anche che un bambino venga aggredito e picchiato per una maglia o una sciarpa della squadra avversaria.
La Fifa ammette che il pubblico del calcio è in calo, ma poi non fa nulla per salvaguardare i veri appassionati che ne alimentano la leggenda. E sul fenomeno ultrà chiude gli occhi, pulendosi la coscienza con campagne che sanno di ipocrisia. Ormai gli organismi del calcio (ma di tutto lo sport si può tranquillamente aggiungere) pensano soltanto a come far soldi, al modo di far lievitare i proventi, a scapito di tutto e di tutti: dei calciatori, delle società, del pubblico pagante, vessato da palinsesti creati sotto dettatura per ordine delle tv che pagano lauti diritti.
Una deriva senza fine.



Responsabilità oggettiva, arma di ricatto da abolire

Ciò che si legge nel libro La nuova frontiera degli ultrà corrobora la mia idea sulla responsabilità oggettiva, sulla legge vigente nel calcio italiano, in aperta contraddizione con quanto ha recentemente affermato lo scrittore Maurizio De Giovanni. Lo scrittore sostiene che il razzismo negli stati va combattuto con le squalifiche di campo. Dopo la prima punizione, al ripetersi la parte sana dei tifosi a suo dire interverrà per zittire le mele marce che insultano e fanno buuuu.
Ma proprio per tutto ciò che si legge nel libro di Daniele Poto, lo spettatore perbene dovrebbe accollarsi i rischi di controbattere ai gruppo più beceri e magari abituati alla violenza?
In realtà la responsabilità oggettiva è oggi diventata una insostituibile arma di ricatto in mano agli ultrà, che con azioni, striscioni, contestazioni montate ad arte, possono influenzare la vita di un club, la scelta di giocatori e allenatori, la disputa di una partita.

Il fenomeno ultrà al cinema

Interessante la lunga appendice che Daniele Poto ha dedicato al cinema, indicizzando i film che è riuscito a trovare sul tema, dai più seri ai più commerciali, dalle opere che hanno affrontato in vario modo la rappresentazione del fenomeno ultrà alle pellicole che l’hanno buttata in commedia. Non è nella lista, non parla di calcio, ma suggerisco la visione del film This is England, per farsi un’idea sui fenomeni del branco, del condizionamento comportamentale di giovani e giovanissimi, catalizzante malesseri e disagi sociali, crisi di identità che sfociano pericolosamente nella violenza e nel razzismo.

La nuova frontiera degli ultrà, la scheda

LA NUIOVA FRONTIERA DEGLI ULTRA’ – di Daniele Poto. 300 pagine, euro 15. Absolutely Free Libri/Edizioni Slam.

Leandro De Sanctis

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