MUSICA Mengoni pronto a correre al Bentegodi

http://www.youtube.com/watch?v=ZvrJafIrgIA

Marco Mengoni dai palasport allo Stadio. Lo sport è una costante nella vita del musicista di Ronciglione che giocava a pallavolo. Per lanciare “Pronto a correre” ha girato un video, la cui regia è stata affidata a Gaetano Morbioli, uno dei registi italiani più noti nel settore musicale. Essendo veronese, Morbioli ha scelto proprio lo stadio cittadino, il Bentegodi, per ambientare e girare il video che illustra il brano trainante dell’ultimo album di Marco Mengoni,  #Pronto a correre

La prima volta che parlai con Marco, per il Corriere dello Sport

ROMA, 24 marzo 2010 – Da quando è uscito il suo primo cd, è in testa alla hit parade. Dopo aver vin­to il campionato di X Factor, si è piazzato terzo nella Champions League canora, il Festival di Sanremo. Nemmeno l’album po­stumo di Ji­mi Hendrix è riuscito a scalzare il Re matto di Marco Mengoni dalla vetta della classifica degli album più venduti. Non c’è dubbio che Marco sia il fenomeno musicale del momento: tut­ti lo cercano, tutti lo voglio­no, pochi forse sanno che Marco da ragazzo è stato un giocatore di pallavolo, nella sua Ronciglione. «Si, ho giocato in vari ruoli ­racconta Marco, entrato nel frullatore degli impe­gni promozionali per il suo ep d’esordio – mi piaceva di più quello di martello, ero più bravo in attacco che in ricezione. Ho gioca­to tanti tornei nella Tu­scia».

La sua era una passione autentica, che lo ha portato al Palazzetto per vedere i suoi campioni preferiti:
«Ho pure l’autografo del grande Mastrangelo, mi piacciono molto anche al­tri giocatori, come Vermi­glio ad esempio».

Andrà a vedere i Mondia­li di Italia 2010?
«Con gli impegni che ho adesso dovrei sdoppiarmi. Ma se mi invitano vado vo­lentieri, farò il possibile per esserci».

Qualche anno fa fu pro­prio lo sport la sua salvez­za.
«È vero, per certe pro­blematiche ero arrivato a pesare 95 chili, avevo ce­duto al cibo. Fu allora che mi buttai sullo sport, gioca­vo anche a tennis. Mi piace molto, purtroppo finora so­no riuscito a vedere soltan­to le donne agli Internazio­nali del Foro Italico».

Figlio unico («Viziato? Un po’ forse si… ») Marco Mengoni asseconda la tra­dizione familiare tifando nel calcio per la Roma. A 14 anni si rimbocca le maniche, co­mincia a darsi da fare per guada­gnarsi l’indi­pendenza, la possibilità di vivere a Ro­ma.
«Ho lavorato nei pub, arrivavo a fine mese con 10 euro in tasca, avete presen­te quando si mangiano sca­tolette e roba del di­scount?».

È nato il giorno di Nata­le («Che sfiga, mai un com­pleanno con gli amici, solo parenti»). La passione per il canto, l’amore per la mu­sica, l’umiltà nell’approc­cio con qualunque cosa fa­cesse. Marco guadagnava andando a cantare ai ma­trimoni, qualche se­rata nei pia­no bar, ha fatto anche il fonico.
«Ero quel­lo a cui da­vano le cose più noiose da fare. Ma per me non era una palla, mi piaceva oc­cuparmene».

Ora che ha conosciuto il successo, non intende certo sentirsi arrivato, sapendo bene quanto possa essere effimero e sfuggente se non sostenuto da basi soli­de.
Canta, strimpella la chi­tarra, suona il pianoforte, ama i classici del rock.
«Devo assolutamente ri­prendere a studiare il pia­no» dice Marco, che inizia a lavorare alle sue can­zoni nello studiolo ca­salingo, con l’aiuto del pc. Lì nasco­no le idee che poi por­ta allo studio di registrazione. «Sono uno che non ama gli accademismi. Nel mio Re matto ci sono le influen­ze della musica che mi pia­ce. Le note sono sette… la musica è come la moda: bi­sogna conoscere ciò che c’è stato, impossibile non farsi influenzare».

Di quale gruppo le sareb­be piaciuto essere il can­tante?
«Amo tante band, diffici­le sceglierne solo una. Pos­so dire che avrei tanto vo­luto anche solo raggomito­lare i fili ai Rolling Stones, oppure ai Queen, ai Pink Floyd».

È orgoglioso dell’acco­glienza che gli hanno riser­vato molti musicisti, Mina e Celentano sono tra i big che gli hanno espresso am­mirazione. Traguardi?
«Faccio quel che posso nel quotidiano, senza pretese».

Ora lo attendono lunghi mesi in giro per l’Italia, sa­rà in Tour fino alla fine del­l’anno
«Ma almeno a Na­tale, per i miei 22 anni, vo­glio essere a casa… ».

Leandro De Sanctis

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