Marco Mengoni dai palasport allo Stadio. Lo sport è una costante nella vita del musicista di Ronciglione che giocava a pallavolo. Per lanciare “Pronto a correre” ha girato un video, la cui regia è stata affidata a Gaetano Morbioli, uno dei registi italiani più noti nel settore musicale. Essendo veronese, Morbioli ha scelto proprio lo stadio cittadino, il Bentegodi, per ambientare e girare il video che illustra il brano trainante dell’ultimo album di Marco Mengoni, #Pronto a correre
ROMA, 24 marzo 2010 – Da quando è uscito il suo primo cd, è in testa alla hit parade. Dopo aver vinto il campionato di X Factor, si è piazzato terzo nella Champions League canora, il Festival di Sanremo. Nemmeno l’album postumo di Jimi Hendrix è riuscito a scalzare il Re matto di Marco Mengoni dalla vetta della classifica degli album più venduti. Non c’è dubbio che Marco sia il fenomeno musicale del momento: tutti lo cercano, tutti lo vogliono, pochi forse sanno che Marco da ragazzo è stato un giocatore di pallavolo, nella sua Ronciglione. «Si, ho giocato in vari ruoli racconta Marco, entrato nel frullatore degli impegni promozionali per il suo ep d’esordio – mi piaceva di più quello di martello, ero più bravo in attacco che in ricezione. Ho giocato tanti tornei nella Tuscia».
La sua era una passione autentica, che lo ha portato al Palazzetto per vedere i suoi campioni preferiti:
«Ho pure l’autografo del grande Mastrangelo, mi piacciono molto anche altri giocatori, come Vermiglio ad esempio».
Andrà a vedere i Mondiali di Italia 2010?
«Con gli impegni che ho adesso dovrei sdoppiarmi. Ma se mi invitano vado volentieri, farò il possibile per esserci».
Qualche anno fa fu proprio lo sport la sua salvezza.
«È vero, per certe problematiche ero arrivato a pesare 95 chili, avevo ceduto al cibo. Fu allora che mi buttai sullo sport, giocavo anche a tennis. Mi piace molto, purtroppo finora sono riuscito a vedere soltanto le donne agli Internazionali del Foro Italico».
Figlio unico («Viziato? Un po’ forse si… ») Marco Mengoni asseconda la tradizione familiare tifando nel calcio per la Roma. A 14 anni si rimbocca le maniche, comincia a darsi da fare per guadagnarsi l’indipendenza, la possibilità di vivere a Roma.
«Ho lavorato nei pub, arrivavo a fine mese con 10 euro in tasca, avete presente quando si mangiano scatolette e roba del discount?».
È nato il giorno di Natale («Che sfiga, mai un compleanno con gli amici, solo parenti»). La passione per il canto, l’amore per la musica, l’umiltà nell’approccio con qualunque cosa facesse. Marco guadagnava andando a cantare ai matrimoni, qualche serata nei piano bar, ha fatto anche il fonico.
«Ero quello a cui davano le cose più noiose da fare. Ma per me non era una palla, mi piaceva occuparmene».
Ora che ha conosciuto il successo, non intende certo sentirsi arrivato, sapendo bene quanto possa essere effimero e sfuggente se non sostenuto da basi solide.
Canta, strimpella la chitarra, suona il pianoforte, ama i classici del rock.
«Devo assolutamente riprendere a studiare il piano» dice Marco, che inizia a lavorare alle sue canzoni nello studiolo casalingo, con l’aiuto del pc. Lì nascono le idee che poi porta allo studio di registrazione. «Sono uno che non ama gli accademismi. Nel mio Re matto ci sono le influenze della musica che mi piace. Le note sono sette… la musica è come la moda: bisogna conoscere ciò che c’è stato, impossibile non farsi influenzare».
Di quale gruppo le sarebbe piaciuto essere il cantante?
«Amo tante band, difficile sceglierne solo una. Posso dire che avrei tanto voluto anche solo raggomitolare i fili ai Rolling Stones, oppure ai Queen, ai Pink Floyd».
È orgoglioso dell’accoglienza che gli hanno riservato molti musicisti, Mina e Celentano sono tra i big che gli hanno espresso ammirazione. Traguardi?
«Faccio quel che posso nel quotidiano, senza pretese».
Ora lo attendono lunghi mesi in giro per l’Italia, sarà in Tour fino alla fine dell’anno
«Ma almeno a Natale, per i miei 22 anni, voglio essere a casa… ».