Caso Schwazer | Coe, AIU, bugie e minacce poco etiche

Caso Schwazer, c’è ancora chi fa il mestiere di giornalista e non ha condizionamenti. C’è ancora chi si ferma a pensare e riflettere sulle veline propinate alla stampa distratta o complice, e tiene accesa la fiammella del giornalismo, della ricerca della verità, smantellando strategie e bugie che vorrebbero essere fatte passare per verità. C’è chi legge le minacce pronunciate da Coe per quello che sono state: espressioni da boss, arrogante, minaccioso e vendicativo.
L’Agenzia Italia e Nando Sanvito (Il Sussidiario.net) hanno dato un contributo significativo dopo la farsesca conferenza stampa di Sebastian Coe, presidente della World Athletics (WA), la ex Iaaf. E va ricordato che Nando Sanvito è sempre stato uno di quei giornalisti che non hanno avallato il caso doping creato a tavolino, battendosi sempre per la verità.
Dopo tanto silenzio, il presidente del Coni e il presidente della federatletica italiana si sono espressi chiaramente chiedendo il riesame della squalifica di Schwazer, marciatore azzurro campione olimpico a Pechino 2008, incastrato e fatto fuori da un complotto articolato, progettato e messo in atto a partire dall’1 gennaio 2016.

Bravo Stefano Mei, determinato e coraggioso

Parlando in una conferenza stampa ad inviti mirati, poi rimbalzata sul web dai reggicoda che pensavano di rafforzare la pietra tombale sulle speranze di Alex Schwazer (tipo “sentite un po’ che dice il presidente Coe, altro che tornare all’Olimpiade di Tokyo!”) e invece non hanno fatto altro che aiutare a mostrare a tutti l’arroganza di un numero uno che invece di rispondere alle durissime accuse di un tribunale italiano, ha reiterato una strategia autodistruttiva, che non fa che confermare l’impossibilità a rispondere alle accuse, in quanto reali e documentate. Quando Coe ha parlato con Stefano Mei, ha deciso di alzare il tiro. Non so ancora se Mei sarà il bravo presidente della Fidal che conta di essere. Ma di sicuro ha già mostrato di avere coraggio e carattere, gli attributi che non gli mancavano quando correva e diceva pane al pane e vino al vino anche a chi lo intervistava in merito al doping. La determinazione di Mei e le parole di Malagò, hanno fatto compiere a Coe un pubblico passo falso.
Coe ha sostenuto che WA e AIU sono sintonizzate sul caso Schwazer che interessa solo gli italiani (chissà se intendeva alludere anche al fatto che tutto potrebbe essere nato dall’Italia e/o da italiani?) e non riguarda l’atletica mondiale e la sua integrità etica. Uno dei problemi dello sport è la mancanza di autentica indipendenza tra le varie organizzazioni. In teoria la AIU lo sarebbe, in realtà è semplicemente una emanazione della ex IAAF.
Mentre Coe ha sostenuto che la AIU la pensa come lui e la WA, la AIU dice che non si occupa del caso poiché antecedente alla sua nascita, 2017 e che pertanto è esclusiva pertinenza della World Athletics (WA).
Ma ci si rende conto della gravità delle minacce di Sebastian Coe? Un presidente di un organismo sportivo minaccia e intima di non considerare una sentenza della magistratura italiana!
Tale è l’abitudine a sentirsi al di sopra di tutto, e il falso caso di doping creato ai danni di Schwazer lo dimostra chiaramente, che non si recede dinanzi a nulla. L’autoreferenzialità, quell’insopportabile senso di impunità che macchia anche molti numeri uno dello sport, ne ha decretato la fine, se non altro a livello etico. Scusate la parolaccia

Cosa ha scritto l’agenzia Agi

https://www.agi.it/sport/news/2021-03-22/caso-schwazer-comitato-etico-atletica-mondiale-resta-fuori-11877468/

AGI – L’Athletics Integrity Unit (AIU), il comitato etico dell’atletismo mondiale, a quanto apprende l’AGI, avrebbe deciso di non entrare nel caso di Alex Schwazer. L’organismo mondiale, fondato dalla stessa federazione di atletica leggera (ex Iaaf, oggi World Athletics) ed entrato operativo il 4 aprile del 2017 per combattere il doping nella ‘Regina dello sport’, fa sapere che “il caso di Alex Schwazer è precedente all’Athletics Integrity Unit e quindi trattato da World Athletics”.

L’AIU, organo inquirente e giudicante in materia di doping ed etica nell’atletica leggera, risulta impegnata anche nella vicenda del doping nell’atletica russa: la federazione russa RusAF è sospesa dall’ex Iaaf, che comunque aveva un comitato etico, da fine novembre 2015.

Nei giorni scorsi il presidente di World Athletics, Sebastian Coe sul caso Schwazer aveva dichiarato, “World Athletics e Athletics Integrity Unit sono assolutamente fedeli alla posizione assunta”. Lo stesso Coe aveva avvertito (o meglio, minacciato, ndr) l’Italia, dopo le dichiarazioni del presidente del Coni Giovanni Malagò e del numero uno dell’atletica Stefano Mei – che chiedevano chiarezza sul caso Schwazer – ammonendo, “non voglio che l’Italia si trovi dalla parte sbagliata di questa storia”. 

L’AIU, Athletics Integrity Unit

La funzione dell’Athletics Integrity Unit è ufficialmente indipendente dall’operato della World Athletics, ma resta comunque una sua emanazione. Prima dell’aprile di quattro anni fa l’ex Iaaf aveva un dipartimento antidoping. A capo c’era Thomas Capdevielle colui che nel pomeriggio del 21 giugno 2016 notificò la seconda positività di Schwazer alla Federatletica italiana.

Dall’aprile 2017, Capdevielle è il responsabile dei controlli antidoping in seno all’Athletics Integrity Unit della quale è anche vicedirettore. Il funzionario francese, come si legge negli incartamenti giudiziari del Tribunale di Bolzano, è colui che scrisse la parola ‘complotto contro AS’ (AS era Alex Schwazer) in uno scambio di email con il consulente legale dell’allora Iaaf, Ross Wenzel. Messaggi che si riferivano al braccio di ferro del laboratorio di Colonia nel non consegnare – cosa poi avvenuta nel febbraio 2018, un anno dopo la richiesta del giudice italiano – le provette contenenti le urine di Schwazer. Il giudice bolzanino Walter Pelino in merito parlò di “pressioni indebite e frode giudiziaria”. Nello stesso statuto della World Athletics si legge, “tutte le questioni antidoping sono gestite dall’Athletics Integrity Unit”.

L’organo inquirente e giudicante in materia di doping ed etica nell’atletica leggera, che ha comunicato di non occuparsi del caso Schwazer perché antecedente la sua operatività, si sta occupando con una taskforce dell’evolversi della situazione in Russia con la federazione nazionale di Mosca (RusAF) sospesa per casi di doping da fine novembre 2015.

L’intero incartamento della vicenda Schwazer prossimamente approderà sui banconi della Corte Federale svizzera. I legali del marciatore altoatesino chiederanno alla massima autorità giudicante in territorio elvetico il provvedimento di sospensione della squalifica di 8 anni inflitta a Schwazer nell’agosto 2016 dal Tribunale Arbitrale Sportivo di Losanna, organa giudicante in ambito sportivo.

Perché sospensione? Il 18 febbraio scorso il giudice Pelino, nell’archiviare il procedimento penale per doping a carico di Schwazer, nelle 87 pagine aveva evidenziato diversi aspetti molto significativi. Il giudice ha ritenuto che “i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer l’1.01.2016 siano stati alterati allo scopo di risultare positivi” citando il “sistema autoreferenziale da parte di Wada (agenzia antidoping) e Iaaf che non tollerano affatto controlli dall’esterno ed anzi siano pronte a tutto per impedirlo, al punto da produrre dichiarazioni false e porre in essere frodi processuali”.

La Corte Federale svizzera nel maggio 2020 aveva respinto la richiesta di annullamento della squalifica anche perché non vi erano elementi nuovi. Ora, con la sentenza del giudice Pelino, le porte per una partecipazione di Schwazer alle Olimpiadi di Tokyo non sono tecnicamente chiuse.

Se la Corte Federale svizzera ammetterà le novità, ovvero quanto scritto dal giudice bolzanino, potrà emettere un decreto di sospensione della squalifica e quindi consentire all’atleta di gareggiare. Si tratterà comunque di un provvedimento provvisorio in attesa di quello definitivo del Tribunale Arbitrale Sportivo di Losanna che, a quel punto, potrebbe confermare la squalifica oppure annullarla. In caso di sospensione Schwazer potrebbe gareggiare sub-judice ma essere estromesso dalle classifiche in un secondo momento, ovvero quando il Tas si pronuncerà.

Cosa ha scritto Nando Sanvito su il Sussidiario.net

https://www.ilsussidiario.net/news/caso-schwazer-comitato-etico-si-chiama-fuori-per-non-indagare-il-suo-vicedirettore/2146804/

Succede che un bravo cronista dell’agenzia Agi legga le parole del boss dell’atletismo mondiale Sebastian Coe: “Athletics Integrity Unit (AIU) e World Athletics (WA) sono assolutamente fedeli alla posizione che hanno assunto sul caso Schwazer”.  Succede che non si fossilizzi sul fatto che il capo della WA (prima si chiamava IAAF) parli indebitamente a nome di un organismo/tribunale sulla carta indipendente come la AIU. Succede invece che dal suo computer faccia partire una mail indirizzata alla AIU per ottenere un’intervista sul caso Schwazer. Succede che ottenga la seguente risposta: “Noi non ci occupiamo del caso Schwazer, dato che risale a un’epoca anteriore alla nostra esistenza (2017). Lo tratta esclusivamente la World Athletics”.

Che dire? Abbiamo un presidente della Federazione mondiale di atletica distratto oltre che arrogante? Oppure il balletto è un gioco delle parti? Ragioniamoci.

Con tanto di occhiali inforcati per leggere bene gli appunti, Coe nella conferenza stampa di giovedì post Consiglio direttivo non è andato a braccio quando ha dovuto precisare il suo articolato e minaccioso pensiero sul caso Italia/Schwazer. In effetti i suoi consiglieri giuridici lo avevano preparato bene sull’argomento: diamo un avvertimento chiaro alle istituzioni politiche, giuridiche e sportive italiane. Che non venga in mente a loro di prendere sul serio l’Ordinanza strampalata di quel giudice di Bolzano e di nominare ad esempio un pm che metta in piedi una inchiesta penale ai nostri danni sulla scia delle notizie di reato elencate nell’Ordinanza.

In effetti al momento il pm non è stato nominato e l’inchiesta penale non è decollata. Ma c’è un piccolo problemino. In quell’Ordinanza vi è un elenco di reati consumati dopo la sentenza del Tas o Cas (che dir si voglia) che ha condannato e squalificato Schwazer. Sono reati connessi all’incidente probatorio nell’ambito delle indagini preliminari che dovevano stabilire se rinviare a giudizio o archiviare la posizione penale del marciatore. Sono dunque avvenuti tra il 2017 e il 2020, quando cioè la Athletics Integrity Unit (AIU) era già costituita e operativa!

Dunque, Sebastian Coe sarà sì arrogante, ma non distratto. Perciò questi reati segnalati da un giudice italiano riguardanti dipendenti della ex IAAF, ora World Athletics, sono di stretta pertinenza del Comitato etico preso in carica dalla Athletics Integrity Unit (AIU) e dal suo Tribunale disciplinare. Chiamarsi fuori è una furbata meschina (oltre che illecita) per non essere costretti ad acquisire gli atti dalla magistratura italiana e a valutare l’operato di un proprio dipendente. Ma poi su chi dovrebbe pronunciarsi il facente funzione di Comitato etico della AIU? Su uno – tuttora nell’organigramma della AIU come manager – accusato dal Tribunale di Bolzano di frode processuale e che risponde al nome di Thomas Capdevielle. Guarda caso, Thomas Capdevielle è vicedirettore della AIU e dalla sua fondazione ha continuato a ricoprire l’incarico di responsabile dei controlli antidoping. Capito?

https://www.vistodalbasso.it/tag/schwazer/

Leandro De Sanctis

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