Lollobrigida, pattini di bronzo e oro per la simpatia a Pechino 2022

Lollobrigida, pattini di bronzo e oro per la simpatia a Pechino 2022.
Il collega Fausto Narducci, che ha seguito nove Olimpiadi per la Gazzetta dello sport, scrive per noi di Pechino 2022. Ogni giorno il pagellone dell’Olimpiade Invernale. Da 10 a 1 un voto per tutte (o quasi) le discipline in programma, un modo diverso e divertente per rileggere la giornata olimpica.
Oggi, quindicesima giornata, per l’Italia è arrivata la medaglia numero 17 dal pattinaggio velocità e lo slittamento del team event dello sci alpino lascia aperta un’ultima possibilità nella giornata di chiusura.


DIECI: Lollobrigida, i podi della simpatia

Francesca Lollobrigida conquista il bronzo della mass start e l’oro della simpatia nella specialità che chiude il programma della velocità su ghiaccio, la cosiddetta pista lunga. Dopo la medaglia strappata con i denti in una volata forsennata abbiamo visto la romana festeggiare con il c.t. Maurizio Marchetto (a proposito, , sapete che è il padre della nota conduttrice televisiva Melissa Greta Marchetto?) e poi accovacciata a bordo pista mentre si toglieva i pattini parlando al cellulare: “Amo, mi hanno massacrata ma le ho recuperate, potevo recuperarne anche altre…”. Una gioia radiosa con una punta di rammarico (ribadita nelle interviste post-gara) per quel bronzo che poteva essere qualcosa di più, magari un argento come quello conquistato nei 3000. Niente da dire sull’oro, visto che è finito nei pattini magici dell’olandese Irene Schouten che in questa Olimpiade ne ha conquistati tre (3000 e 500 metri in precedenza) oltre al bronzo della staffetta.
Per il momento la 29enne orange è praticamente imbattibile. Ma a conti fatti il vero rollerblade dello speed skating, una specie di gara a eliminazione in cui bisogna avere mille occhi, poteva andare anche peggio per l’Italia. Francesca è sfuggita alle cadute in serie che spaccavano il gruppo alle sue spalle, si è guardata attorno ed è partita a due giri dalla fine accodandosi al treno giusto che l’ha portata al traguardo. A batterla anche la canadese Ivanie Blondin che aveva guidato la sua squadra all’oro della staffetta. Alle spalle dell’azzurra tanti nomi importanti fra cui, al 9° posto, la veterana tedesca Claudia Pechstein che non si è data mai per vinta. Con due medaglie al collo oggi l’ex rotellista, che era uscita delusa da PyeongChang, concluderà la sua più bella avventura olimpica come portabandiera della cerimonia di chiusura. Che volete di più? Una vera consacrazione.


NOVE. L’oro di Porteous, acrobata neozelandese

Eravamo abituati ai neozelandesi vincenti nel rugby e nella vela ma dobbiamo allargare il nostro immaginario. Dopo la snoaboarder d’oro dello slopestyle Zoi Sadowski Synnot e la sciatrice Alice Robinson – che comunque si allena in Italia e in questa Olimpiade non è riuscita a entrare neanche fra prime 20 nelle tre gare disputate – ecco nell’half-pipe del freestyle l’impresa del ventenne Nico Porteous, che a PyeongChang col bronzo era stato il primo medagliato maschile della Nuova Zelanda ai Giochi Invernali. A Pechino per Nico oggi è arrivato l’oro davanti a due americani. Commovente l’abbraccio col fratello maggiore Miguel, piazzatosi 11°, che l’aveva avviato al freestyle. Vi consigliamo di leggere la storia di questo fenomeno cresciuto sciisticamente fra Francia e Australia e capace fin da piccolo di acrobazie mai viste nel mondo dello sci artistico.

OTTO: la Svezia senza rivali nel curling maschile

Lo svedese Niklas Edin con il primo titolo olimpico dopo cinque mondiali entra nella leggenda del curling, anche se ci sarà qualcuno che storcerà la bocca per questo spreco di paroloni nello “sport delle pentole e delle casalinghe”. Comunque sia, la Svezia ha battuto in finale per 5-4 la Gran Bretagna (solo un argento olimpico nella storia britannica maschile) completando un quadriennio trionfale dopo le delusioni delle ultime due Olimpiadi dove l’argento e il bronzo non avevano appagato le ambizioni degli scandinavi. Una vittoria maturata all’extra-end dopo una partita equilibrata. L’assenza dell’Italia fra le semifinaliste non deve stupire ma effettivamente l’oro delle coppie ci aveva un po’ illuso.

SETTE: Apoteosi cinesi nella figura

Per 63 centesimi di punto i cinesi Weinjing Sui e Cong Han hanno salvato l’oro delle coppie dall’assalto dai russi TarasovaMorozov, grandi delusi di PyeongChang dove erano scesi giù dal podio proprio nel libero: 239,88 contro 239,25. Un finale al cardiopalmo per il programma del pattinaggio figura che si è concluso come gli organizzatori sognavano: il trionfo degli idoli di casa. Un piccolissimo errore in un salto ha messo a rischio l’oro cinese ma alla fine ha vinto la coppia migliore, con buona pace dei russi che hanno occupato anche la terza posizione con Mishina-Galliamov e la quarta con Boikova-Kozlovskii. Quinti gli altri cinesi Peng-Jiin: americani e giapponesi all’asciutto. Per gli italiani solo un 13° e un 14° posto: Della Monica-Guarise sognavano di chiudere meglio la carriera in coppia e meritavano un piazzamento migliore. Forse continueranno fino ai Mondiali, poi Nicole smetterà e Matteo cercherà una nuova compagna per arrivare fino a Milano 2026. Terzultimo posto finale invece per Rebecca Ghilardi e Filippo Ambrosini che dopo il disastro del corto hanno tenuto duro evitando il fanalino di coda con un buon libero, forse il migliore della loro fresca carriera, che non è stato premiato adeguatamente dalla giuria.

SEI. Giovannini troppo rassegnato

Inutile nascondere che si sperava di più da Andrea Giovannini nella pista lunga. Il trentino, 20° nei 5000 e settimo nella staffetta, si presentava alla mass start con la forza del terzo posto in coppa del Mondo e poteva puntare obiettivamente al podio. Ovviamente impossibile fare pronostici in una gara caotica come questa ma Andrea ha commesso qualche ingenuità tattica allargandosi troppo nei giri decisivi e rialzandosi (perché?) con le braccia alzate in segno di rassegnazione quando ha visto in volata che la medaglia era sfumata. E’ arrivato 11° quando alle Olimpiadi un piazzamento nei primi dieci non è mai da buttare. Lo rivedremo fra quattro anni nella sua Baselga di Pinè, orgoglioso della copertura che trasformerà la pista in cui si allena in un centro permanente della velocità su ghiaccio. Per il podio il belga Bart Swings, argento a PyeongChang, ha beffato i due sudcoreani.


CINQUE: Il Team Event slitta, slitta, slitta…

Con buona pace dei coraggiosi nottambuli la programmazione del team event dello sci alpino si è trascinata fino all’alba e alla fine è stata aggiornata a domani: forse non si farà nemmeno. Anche la 50 km di fondo si è disputa su distanza ridotta (30 km), come alle Olimpiadi era successo solo a Chamonix 1928, in condizioni proibitive (-16 gradi). Comunque sempre meglio di quello che si era visto in precedenti Olimpiadi (Nagano ’98 valga per tutte) in precedenti Mondiali di sci alpino (Morioka su tutti). L’organizzazione cinese ha traballato ma, dopo i problemi della discesa di apertura del programma dello sci alpino, avevamo temuto molto peggio. A parte i due episodi di ieri, bisogna ammettere che l’organizzazione ha gestito in qualche modo le condizioni climatiche incerte e ha salvaguardato l’integrità del programma. Ha nevicato (cosa rarissima da queste parti), il vento ha spezzato il trampolino, il freddo è sceso a temperature a cui in Italia non siamo abituati ma l’Olimpiade di Pechino tutto sommato ha saputo resistere non solo al covid.


QUATTRO: senza Pellegrino il fondo non esiste

Alla fine il 18° posto di Giandomenico Salvadori e il 32° di Paolo Ventura sono in linea con le aspettative ma come è collocato in basso il fondo italiano quando non c’è Pellegrino. La prova più lunga degli sci sottili, accorciata a 30 km per questioni meteorologiche, si è disputata a una temperatura di meno 16 gradi ma la vittoria non è sfuggita al russo Alexander Bolshunov che aveva già vinto la skiathlon e la staffetta con la sua squadra. Complessivamente tre ori e un bronzo per il 25enne esponente dello squadrone (argento a Ivan Yakimushkin) che in campo maschile ha dato lezione anche ai favoriti norvegesi che qui si sono accontentati del bronzo con Simen Hegstad Krueger. Prima della 30 km femminile conclusiva, la Russia è in testa al medagliere della disciplina: 4 ori alla pari della Norvegia ma con 11 medaglie complessive (7 la Norvegia).


TRE. Malagò paga la “rigidità” cinese

Impressionante il racconto della quarantena cinese di Giovanni Malagò. Il presidente del Coni ha raccontato il suo forzato isolamento e le regole rigidissime che gli hanno impedito di seguire le gare dal vivo. Due tamponi al giorno, tanta ginnastica e cibo così scarso che ha perso sei chili. Va bene la “bolla” ma si può essere meno rigidi.


DUE. Ma dov’è la tradizione del bob?

Ma come abbiamo fatto a cadere così in basso nel bob, la disciplina di Eugenio Monti e Nevio De Zordo?
Nel bob a quattro, che assegna oggi le medaglie, i due equipaggi italiani sono al 19° e al 27° posto. Baumgartner e compagni puntavano a un piazzamento vicino ai primi dieci, Mattia Variola ha sbagliato le partenze e dopo sbandate paurose si colloca al penultimo posto con poco più di un secondo di vantaggio sui folkloristici giamaicani, una delle attrazioni anche di questi giochi con il loro coloratissimo bob. Ovviamente guidano i tedeschi: una lotta in famiglia fra Friedrich e Lochner separati solo da 3 centesimi.


UNO: Due federazioni, stessi problemi di gestione

Alla doppia polemica Fontana-Gios e Brignone-Goggia che purtroppo tengono banco mediaticamente più delle imprese sportive. Non è un voto alla categoria giornalistica di cui facciamo parte e comunque deve fare il suo mestiere ma alla gestione di questi dualismi all’interno delle squadre di sci alpino e short track. Certo contribuiscono i fattori familiari (mamma della Brignone e marito della Fontana) ma parliamo di due federazioni distinte (federsci e federghiaccio) che hanno mostrato la stessa leggerezza nel chiudere il recinto quando i buoi erano già scappati.

Fausto Narducci

Torna in alto