CINEMA Revenant

REVENANT – Redivivo. Regia: Alejandro González Iñárritu. Interpreti: Leonardo Di Caprio, Tom Hardy, Domnhall Gleeson, Will Poulter. Musica: Ryuichi Sakamoto, Alva Noto, Bryce Dessner.

* Visto in edizione originale inglese con sottotitoli in italiano.

Into the wild, wild West. Con l’Oscar per Birdman in cassaforte, Iñárritu fa il film della vita, uno di quei filmoni che solo il pensare di realizzare, senza effetti speciali, sembra follia. Revenant è un drammone per certi versi indimenticabile, che anticipa l’esplorazione del selvaggio West raccontando l’incredibile avventura del trapper Hugh Glass, nei primi decenni dell’Ottocento (1823 per l’esattezza). Il titolo tranquillizza sulla sorte del protagonista ma non toglie un briciolo di pathos ad una storia cruda, selvaggia e dura come deve essere stata quell’epoca. Unica costante l’essenza peggiore dell’uomo, l’avidità di denaro che anche allora molto muoveva, cancellando ogni forma di etica e di pietà. Il fascino del film, oltre che nell’interpretazione (quasi…muta) di Leonardo Di Caprio ma anche di Tom Hardy, risiede negli incantevoli e affascinanti ambienti naturali che sono i veri coprotagonisti del film.
Iñárritu sa dove porre la macchina da presa e come usarla, mette in scena crudi e realistici combattimenti tra indiani e trapper/soldati (l’ L’ultimo dei Mohicani è stato un modello imprescindibile), fa parlare la natura, gli agenti atmosferici, gli animali. I visi pallidi fanno la loro abituale figura (viscidi, avidi, che indossino l’uniforme o che parlino francese e vendano armi agli indiani, in lotta anche fra tribù e tribù). Centocinquantasei minuti di film che volano senza annoiare, rendendo spettacolare anche la lentezza inevitabile imposta dai movimenti di un moribondo. La musica di Ryuichi Sakamoto elaborata con il supporto di Alva Noto (pseudonimo dell’artista tedesco Carsten Nicolai, specialista della glitch music, un sottogenere della musica elettronica) sottolinea la drammaticità e l’intensità della storia, girata tutta con luce naturale e a temperature polari. Non c’è dubbio che la prova di resistenza fisica importa dal regista, abbia prodotto un risultato apprezzabile.

Leandro De Sanctis

Torna in alto