Lo Duca, il gentleman pioniere della pallamano italiana

Lo Duca, il gentleman pioniere della pallamano italiana.
Se n’è andato all’età di 79 anni l’uomo che più di ogni altro ha legato il suo nome alla pallamano italiana, lo sport che amava e che ha attraversato praticamente quasi in ogni ruolo, Fondatore della società di Trieste che detiene ancora il record di scudetti (17), nell’handball è stato giocatore, allenatore, presidente di società, commissario tecnico della Nazionale, consigliere e vicepresidente federale nella FIGH.
La sua carriera sportiva è nelle note diffuse dalla Federazione: è stato un autentico pioniere di uno sport che sa essere bello ed emozionante ma che non è ancora riuscito a ritagliarsi il ruolo che meriterebbe nel complicato mondo dello sport italiano.
Nel momento dell’addio mi piace invece ricordarlo attraverso il bel periodo che ho condiviso con l’ambiente e con il mondo dell’handball negli anni della mia giovinezza. Anni che hanno coinciso con l’inizio della mia carriera giornalistica e dell’amicizia, grazie alla pallamano, con un valente e brillante giornalista come Fausto Narducci, con il quale condivisi nel 1984 l’esperienza dei Mondiali di handball gruppo C, al PalaMaggiò di Caserta. L’apice di un percorso che avevo iniziato da collaboratore del Corriere dello Sport, seguendo settimanalmente la Serie A di pallamano, che la domenica mattina era di scena al Palazzetto dello Sport che ospitava due squadre capitoline (Eldec e Bancoroma) e poi anche una terza, il Tor di Quinto di Andrea Scozzese e Lionello Teofile, che tanti anni dopo avrei ritrovato protagonisti nella pallavolo (il compianto Andrea fondò Volleyrò con il suo amico Armando Monini). Erano gli anni di Rovereto e Bressanone, Bolzano, Cassano Magnago, Bologna e poi Gaeta, Fondi, Scafati, Ortigia Siracusa. Ma soprattutto del Cividin (o della Cividin, a scelta) di Trieste, allenata appunto da Giuseppe Lo Duca.

Quanta pallamano usciva sul Corriere dello Sport!


Scrivevo le cronache della partite di pallamano delle squadre romane sull’edizione romana e regionale del Corriere dello Sport, ma poi nacque un rapporto tra la Federazione, che ebbe come presidente l’ex arbitro di calcio Concetto Lo Bello e il giornale, che aveva affidato a Maurizio Evangelista il compito di seguire la rubrica pallamano. L’entusiasmo era tale che Maurizio Evangelista fondò anche una rivista quindicinale dedicata alla pallamano-handball, che si avvaleva tra le altre firme anche dei miei articoli e di quelli di Carlo Lisi, vicino di casa di Maurizio nella zona romana di Monteverde.
In quegli anni per il Corriere dello Sport non dico che seguissi tutti gli sport, ma quasi. Il lunedi e il venerdi uscivano spesso anche sei articoli, raddoppiando tra edizione nazionale e regionale pallamano, hockey prato e pallanuoto. Conoscevo personaggi nuovi e prestigiosi dei vari sport: da Enzo Corso a Gianni De Magistris e Gianni Lonzi, solo per citarne qualcuno e chiedo scusa a tutti gli altri, incluse le protagoniste della pallamano femminile che era particolarmente attiva a Roma (c’era anche una squadra che aveva sede nei pressi di via della Giuliana, che frequentavo fin da bambino perché ci vivevano i nonni materni).
La pallamano mi piaceva molto e a forza di vedere partite settimanalmente e di parlare con giocatori e tecnici, da Attias a Culini, da Toni Manzoni a Cinagli e a molti altri) avevo anche imparato a comprenderla meglio, a leggere gli schemi e a poterne scrivere con maggior cognizione. Erano gli anni in cui spopolava il bomber di Cassano Magnago Zarko Balic e cominciava a brillare la stella di Franco Chionchio. L’accordo tra giornale e federazione prevedeva due uscite settimanali, due articoli da ben 70 righe che nella maggior parte dei casi curavo io, con interviste. Ma il sabato si giocavano anche anticipi e Maurizio Evangelista si batteva per trovargli spazio sull’edizione domenicale. Ciò significava però, che io per qualche lungo tempo, trascorsi i sabati sera da abusivo in una stanzetta al primo piano di Piazza Indipendenza, attaccato al telefono e rompendo le scatole a non ricordo chi (il custode? un membro della società?) per farmi dare il tabellino dell’anticipo. Con quanto entusiasmo della mia fidanzata di allora potete immaginare: niente uscita del sabato sera e nemmeno la firma sul giornale. Solo tabellini. Allora anche sul Guerin Sportivo usciva settimanalmente una rubrica, con risultati, classifiche e il commento di Luigi De Simone.
Paradossalmente il mio coinvolgimento con il mondo della pallamano, si concluse quando fui assunto dal Corriere dello Sport e iniziai a svolgere lavoro redazionale e a seguire altre cose. La mia prima trasferta da assunto però, fu proprio nella pallamano, a Napoli e Caserta per i Mondiali di gruppo C del 1984, che il presidente Lo Bello aveva ottenuto di organizzare. Fu una bellissima esperienza: per la pallamano, per la conoscenza di Napoli attraverso la gentilezza dei colleghi e soprattutto per l’amicizia nata con Fausto Narducci, che di lì a poco sarebbe stato assunto a Milano dalla Gazzetta dello Sport.
A saldare un rapporto condito da interessi comuni e stima, ci fu anche la reazione silenziosa e ironica, in una particolare occasione che aveva visto il presidente Lo Bello esprimersi in una certa maniera, abituato come era a comandare sui campi di calcio con il suo prestigioso e autorevole fischietto. Conservo ancora da qualche parte la mia lettera ufficiale di risposta al presidente, che si era lamentato con il giornale per il contenuto di un articolo che avevo scritto sulla formula e su altro. Naturalmente risposi murando ogni lamentela gratuita e rispedendo al mittente accuse che non avevano riscontro poiché avevo scritto solo la nuda verità. Allora i giornali avevano fiducia nei loro giornalisti, e non ebbi ulteriori problemi.
La scomparsa di Giuseppe Lo Duca, per noi anche il sommo ct azzurro di quegli anni lontani, ha fatto ricordare a Fausto e a me un personaggio di stile e umanità. “Per me era un mito – mi diceva Fausto Narducciogni volta che l’ho sentito era sempre un signore. Mi sembrava un aristocratico di questo sport spesso snobbato che io, te e pochi altri avevamo imparato ad amare”. Non posso che confermare e sottoscrivere: quando parlava, con pazienza, dopo le partite, ti guardava dritto negli occhi. E il pensiero che ancora oggi custodisco orgogliosamente, è un suo complimento per una domanda su una sua variazione di schema in partita, che gli fece capire che ero diventato un giovanissimo giornalista competente e appassionato della pallamano.

Il comunicato della Federazione Handball (FIGH)

La pallamano italiana piange la scomparsa, all’età di 79 anni, di Giuseppe Lo Duca. Il Prof, soprannome con cui era noto in tutta Italia, è stato indiscusso protagonista dell’handball nazionale e simbolo di Trieste, città di cui ha scritto la storia sportiva attraverso risultati rimasti ancora oggi ineguagliati. 

In bacheca 17 Scudetti, 6 edizioni della Coppa Italia tra le stagioni 1975/76 e 2001/02, oltre a 11 tricolori giovanili: traguardi, questi, capaci di regalare al movimento intero alcuni dei suoi momenti più indelebili. Ma non solo: Giuseppe Lo Duca rimarrà tra i pionieri della pallamano in Italia. Aveva fondato la società alabardata nel 1970, in concomitanza con la nascita della FIGH nel dicembre 1969, diventandone giocatore, poi storico allenatore e infine presidente. Ai successi con il club giuliano si è affiancata di pari passo l’esperienza, che allo stesso modo si è snodata tra gli anni ’70 e i giorni nostri, di Direttore Tecnico della Nazionale.

A lungo, ininterrottamente dal 2001 al 2017, aveva ricoperto l’incarico di consigliere e, dal 2012 in poi, di vice-presidente vicario della Federazione. 

Alla figura di Giuseppe Lo Duca rimarranno legati alcuni degli istanti più importanti nella storia: il record imbattuto di Scudetti, gli spalti gremiti del Pala Chiarbola, le partecipazioni alla Champions League, la semifinale di Challenge Cup raggiunta nel 2004 per quello che rappresenta – in condivisione con Brixen (Bressanone) e Bologna – il percorso più lungo compiuto da un club italiano in una competizione europea.

Il presidente Loria: “E’ la fine di un’era durata 50 anni”

Il presidente della Federazione Handball (FIGH), Pasquale Loria, esprime personale dolore e il profondo cordoglio, anche a nome del Consiglio Federale e di tutto il movimento, per la scomparsa di un uomo, Giuseppe Lo Duca, che lascia un’impronta unica e inconfondibile nella pallamano italiana.

Il ricordo del Presidente Loria“La scomparsa del prof Lo Duca rappresenta un momento particolare per il Nostro Movimento, quasi a definire, con precisione temporale, la fine di un’era durata cinquant’anni, durante la quale il Prof è stato indiscutibile protagonista della nascita e della prima diffusione della nostra disciplina, della sua crescita, del declino ed anche della fase attuale, in cui ha voluto essere presente e protagonista con l’organizzazione delle Finals si Coppa Italia nel 2019 e con la celebrazione dei 50 anni del Trieste in occasione della partita Italia-Ungheria, che la Nazionale giocò in maglia rosso-alabardata in onore della storica società Giuliana e del suo Fondatore. Il Prof Lo Duca mancherà a tutta la Pallamano Italiana ed in particolare ai Suoi Ragazzi di Trieste con i quali ha ottenuto tanti successi ed ha instaurato un rapporto di vita indissolubile. Le mie personali condoglianze a loro e per loro in particolare all’amico Giorgio Oveglia, che forse più di ogni altro incarna lo spirito profondo di questa grande storia di sport e di vita”.

Leandro De Sanctis

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