È stata la mano di Dio | Recensione

È stata la mano di Dio | Recensione. Sorrentino è un regista che divide, come chiunque in Italia abbia successo e riconoscimenti. Il cinema di Paolo Sorrentino, premiato con l’Oscar per La grande bellezza che non era certo il suo film più facile, ha ampliato i suoi orizzonti spaziando nelle serie tv e sbarcando ora quasi direttamente su Netflix. In fondo anche Loro, il film dedicato a Berlusconi, non certo il suo migliore, aveva anticipato la voglia di un respiro più ampio che avrebbe poi assecondato con le due serie sui Papi: The young Pope e The new Pope, divertenti e genialmente uniche. In ogni suo film c’era qualcosa di lui ma in questo il rimando alla sua vita vissuta è dominante e manifesto, quando il ricordo diventa filmico non può più nascondersi. L’Amarcord napoletano di Sorrentino (e Fellini è più che evocato) è opera ispirata e sincera, con qualche sorrentinata che ormai ci si aspetta ma anche con momenti di magia cinematografica che divertono e coinvolgono. Non so, non credo, che È stata la mano di Dio abbia un respiro internazionale per agguantare un altro Academy Awards, ma a me è piaciuto e penso sia un bel film. Onesto, sincero, malinconico e divertente, con quello struggimento per gli affetti perduti e per ciò che si perde e non ritorna.
Il lungo piano sequenza iniziale, dal mare alla costiera e ritorno, da un lato mette subito in chiaro il ruolo di centralità di Napoli e dall’altro le qualità tecniche del regista napoletano.
Vedendo il film fanno sorridere le polemiche, o inventate ad arte o ridicole, che accompagnarono il nascere di È stata la mano di Dio da parte di chi accampava diritti maradoniani. Non è certo un film su Maradona, anche se è mirabilmente espresso il sentimento che ha unito la città al fuoriclasse del calcio. E che indirettamente salvò la vita al giovane Sorrentino.
Il film viaggia a due velocità; finché sono in scena Toni Servillo e Teresa Saponangelo, che interpretano i genitori di Paolo (Filippo Scotti sullo schermo), corre via sul filo dell’ironia. Poi vira sul drammatico esistenziale, salutando mestamente le passioni giovanili evocate dalle nudità della “zia” (Luisa Ranieri) e la prima volta con la Baronessa Focale (Betty Pedrazzi)- E quel grido di dolore contro i medici che non gli hanno fatto vedere i genitori morti, se da un lato può sembrare esagerato e non fondamentale, in realtà ha segnato Sorrentino, privato dell’istantanea crudele e dolorosa di una parte di vita che si è chiusa tragicamente, proiettandolo in solitudine dinanzi alla sua vita e alle sue scelte. Maturate dopo l’acceso confronto con il maestro Antonio Capuano: il cinema non basterà a lenire il dolore, e se andando a Roma come voleva significherà un po’disunirsi, tornare a Napoli per raccontare la sua storia ha il senso non di una pacificazione ma di una accettazione esplicitata nella sua arte cinematografica. Il cinema non avrà guarito il suo inestinguibile dolore, ma sicuramente lo ha aiutato a vivere seguendo la strada che ha scelto. Lui, non il destino.


È  stata la mano di Dio, la scheda

È  STATA LA MANO DI DIO – Italia 2021. Durata 130 minuti. Attualmente su Netflix.
Regia: Paolo Sorrentino
Interpreti: Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Enzo Decaro, Renato Carpentieri, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Maria Schisa, Betty Pedrazzi.

Leandro De Sanctis

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