Roberto Ghiretti presenta il suo libro e apre il diario

Roberto Ghiretti presenta il suo libro e apre il diario.
Presso Il Museo dello Sport, Stadio Domiziano, Roberto Ghiretti Leo Turrini hanno presentato il libro “Io lo conoscevo bene!”.

“Quando lo sport è vita, forse il mondo diventa un posto migliore”, così inizia l’introduzione al libro, dedicato integralmente all’amore del “Ghiro” per lo sport, in particolare il volley. In tutto il suo percorso, tra soddisfazioni e delusioni, Roberto Ghiretti non ha mai smesso di pensare e di sostenere che lo sport sia un valore sociale, un veicolo unico di aggregazione, integrazione, inclusione, solidarietà. Un racconto dal quale si evince una personalità forte, passionale, carismatica che a volte, in alcune circostanze può anche risultare “scomoda”. Un racconto sincero, una scrittura fluida e ironica e un protagonista che si svela come una persona innamorata del proprio lavoro. Il Ghiro lo hanno conosciuto in tanti, ma forse solo in pochi possono dire di averlo conosciuto bene, perché in fondo, anche se in ogni cosa che ha fatto ci ha sempre messo la faccia, è pur sempre rimasto una persona timida e riservata, che tuttavia ieri sera con l’amico Turrini si è raccontato con serenità.

Alcune battute dalla piacevole chiacchierata romana di ieri pomeriggio dove tra i tanti erano presenti Giuseppe Manfredi, presidente Federazione Italiana Pallavolo, insieme al segretario generale Stefano Bellotti e al vicepresidente Luciano CecchiMarco Brunelli, segretario generale FIGC, Fabio Pagliara, Renato Di Rocco e Carlo Magri.

Roberto Ghiretti, domande e risposte

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Ci tenevo a lasciare un ricordo, lo sport ha poca memoria, mi è sembrato giusto raccontare. È la storia di un uomo che ha avuto la fortuna di attraversare epoche, conoscere persone importanti e altre meno.

Quando eri alla guida di una Parma vincente, la Nazionale doveva ancora decollare. Avevate già la percezione o siete rimasti sorpresi da quel boom? 
Parma era un laboratorio, al Palazzetto abbiamo organizzato di tutto, dai concerti di Joe Cocker al congresso del PCI. Si sentiva un sentimento di cambiamento generale, trovammo addirittura uno sponsor all’Armata Rossa, il CSKA Mosca andò in campo con CONAD sulle maglie. Briani aveva dato vita alla Nazionale Junior del 1985, che fu un laboratorio di campioni. Era un mondo che aveva voglia di crescere, pur nelle rivalità che lo contraddistinguevano.

Il tuo rapporto con Velasco? Ha fatto bene Manfredi ad affidargli la Nazionale femminile? 
Con Julio non è sempre stato rose e fiori però gli riconosco che è sempre stato totalmente capace di pensare e di costruire. Julio ha dato tantissimo. Non so se vada santificato, ma ha grandissimi meriti.  Mi sono scoperto suo fan, col tempo si stempera tutto. Manfredi ha fatto bene ad affidargli la Nazionale.

Anche se affidandogliela quando già era evidente che l’era Mazzanti era giunta al termine (per sua stessa ammissione: Non avevo più la squadra in pugno) si sarebbe probabilmente raggiunto qualche risultato in più con la Nazionale femminile e poi si sarebbe evitato il conflitto con Busto Arsizio che aveva assunto Velasco.

Svelaci un segreto: Montali lo hai inventato tu o Carlo Magri? 
Si è inventato da solo, sapeva porsi di fronte a chi comandava, prima con me, con Carlo, poi con Benetton. Furbo, astuto, lo è ancora. Entrambi gli abbiamo dato fiducia. 

Come mai scegliesti Milano? 
Da Berlusconi sono andato per una scelta di vita, seppur ben retribuita. C’era un rapporto diretto tra Montali e Magri, io soffro queste cose. Mi fece un’offerta Capello e accettai. A Milano però mi sentivo un numero. Al momento del congedo il Cavaliere mi regalò un rasoio e un pennello d’oro perché ai tempi avevo la barba che lui non sopportava.

Il rimpianto di una vita da manager? 
Io soffro tantissimo le partite. Non è tanto non avere vinto di più, credo di avere gestito bene quegli anni, al di là delle conflittualità che servivano a crescere. Il rimpianto è essermi accorto che il ciclo in Lega era finito con la premiazione di Roma nel 2000. Poco prima c’era stata l’ultima palla col vecchio sistema di gioco. La pallavolo l’ho amata, lo posso confessare, ma la pallavolo era il cuore, era l’oratorio, quella del prof. Del Chicca. Era la pallavolo delle amicizie, il 28 dicembre ci troveremo purtroppo senza Brusi e Gobbi come ogni anno, tra vecchi “nemici” che hanno condiviso un percorso. Ho sacrificato la famiglia, questo è un rimpianto, per lavorare al cambiamento di questo mondo.

Quanto ti pesa la mancata elezione del 2001? 
Era un sogno per me e per la pallavolo, dare una scossa, la stessa cosa che chiedo oggi a Manfredi. Ci abbiamo provato, sembrava persa in partenza ma ci arrivammo vicino. Questo è il grande rimpianto, forse sarei durato al massimo quattro anni ma avrei  davvero dato una svolta.

Come è stata la tua vita oltre la pallavolo? 
Ho fatto una scelta diversa. Nacque l’idea dello Studio, mi aiutarono Martinelli, Di Rocco e Brunelli, così ho girato pagina.

Ti hanno gratificato questi 25 anni? 
Sì, abbiamo seminato conoscenza. Passo per un esperto di marketing, ma nella realtà ho fatto studi umanistici. 

Cosa farai ora che ti ritiri? 
A fine anno continuerò a fare qualche collaborazione con i ragazzi a cui passerò lo Studio. Ho sempre detto che a una certa età bisogna lasciare, prima di diventare tromboni. Quando si gira pagina, lo si deve fare, senza tornare indietro. Ho convinto la FGI a fondare sezione ESG, mi piacerebbe occuparmi di responsabilità sociale. Negli anni è nato un amore genuino e gratuito con Special Olympics. La pratica disabile è di 26.000 persone su 3,2 mln di disabili, bassissima. Vorrei dedicarmici molto di più.

Ieri e oggi, Magri e Manfredi

Tra i presenti in sala Giuseppe Manfredi, Presidente FIPAV, che ha commentato così: Ho avuto il piacere di leggere il libro di Roberto. Mi sono divertito da matti, ci siamo tutti, non ha risparmiato nessuno. Tre epoche di pallavolo. Lo portiamo a Parigi con Velasco? Il problema sarà convincere Julio”. In sala anche Carlo Magri, persona molto presente nel libro,che coinvolto da Turrini ha risposto così: “Mi chiedi se mi sono pentito di essere l’origine di Roberto? Non sono pentito né di lui né di Montali. Alla fine, sono stato bravo io a sceglierli. Lui sottovaluta molto quello che ha fatto dopo la pallavolo, lì è stato molto più bravo di me nel creare e gestire la sua azienda.”

Gli ultimi due appuntamenti del 2023 della presentazione del libro “Io lo conoscevo bene” oggi a Milano e il 15 dicembre a Modena, altre date ci saranno nel 2024 a Padova, Ancona, Carrara.

La scheda, Roberto Ghiretti

Roberto Ghiretti è nato a Parma il 3 aprile del 1955. Laureato in giurisprudenza ha costruito una carriera di successi da dirigente sportivo nel volley. Da anni svolge attività didattica nell’ambito dell’organizzazione, comunicazione e marketing dello sport e coordina cicli di lezioni presso i principali master italiani di sport management. È Vicepresidente di Special Olympics e dal 2001 è CEO di SG Plus, “bottega artigiana” di consulenza per pubbliche amministrazioni, organizzazioni sportive e aziende.

Leo Turrini è nato a Sassuolo nel 1960 Editorialista del quotidiano Nazionale, opinionista Sky e Radio 24. Coi suoi libri vinto il premio Selezione Bancarella Sport, premio Spadolini, premio Dino Ferrari e premio Beppe Viola. 

Leandro De Sanctis

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