Nel nostro cielo un rombo di tuono | Recensione

Nel nostro cielo un rombo di tuono | Recensione.
Tra gli effetti positivi delle piattaforme di streaming c’è l’incremento dei docufilm, storie ad ampio respiro che celebrano e raccontano soprattutto grandi artisti e grandi personaggi dello sport. Gigi Riva non era un personaggio come lo si intende oggi, ma è stato un grandissimo campione che ha caratterizzato gli anni ’60 e ’70. Con lui il Cagliari arrivò a vincere lo scudetto, stagione 1969-70, davanti alla Juventus, con cui ingaggiò un avvincente duello. Con la Nazionale conquistò il titolo europeo nel 1968 a Roma e fu vicecampione del mondo nel ’70 in Messico, finale persa dagli azzurri con il Brasile. E’ ancora suo il record di gol in maglia azzurra: 35 in 42 partite.
Campione anche sfortunato, perché due gravi infortuni ne minarono la carriera e determinarono il suo addio al calcio. In Sardegna è diventato un mito perché rifiutò sempre di lasciare il Cagliari, nonostante fosse diventato il sogno proibito di molte big, a cominciare dalla Juventus dell’Avvocato Agnelli.

Gigi Riva, una figura unica


Nel nostro cielo un rombo di tuono è uno splendido e sentito omaggio a una figura ormai unica nel calcio che ha ammainato tutte le bandiere. Il giudizio sul docufilm che ha confezionato Riccardo Milani va scisso in due. Da un lato l’apprezzamento per il racconto della figura di Gigi Riva fin da bambino, l’orfano di padre, il collegio, l’amore per il pallone, l’ingresso nel mondo del calcio, la scelta di Cagliari con tutto ciò che seguì. Affascinante rivedere spezzoni di filmati relativi a quei campionati, ancora in bianco e nero. Ascoltare le voci dei compagni di quel meraviglioso Cagliari: condividere l’affetto che li legò tra loro andando oltre la semplice colleganza calcistica.
Sullo schermo sfilano i campioni, cambiati dall’inesorabile legge del tempo: Albertosi, Reginato, Cera, Niccolai, Greatti, Brugnera, Domenghini, Tomasini, Gori (purtroppo recentemente scomparso), il commosso e commovente addio a Nenè. Ricordi, aneddoti, racconti anche di persone che a vario titolo fecero parte della storia di Riva e del Cagliari, che un tecnico particolare e fuori dal coro come Manlio Scopigno portò in Paradiso.
E lui? Gigi Riva, taciturno, sguardo assorto e malinconico è ripreso seduto nella sua casa, spesso di spalle, appare e parla anche nelle interviste d’epoca che contribuiscono in maniera fondamentale a definirne la statura e la semplicità, Così come le voci dei campioni di epoche più recenti, che lo ebbero come nume tutelare in Nazionale, Baggio e Buffon per tutti, ma partecipe ed emozionante anche l’intervento di Barella, l’interista azzurro lanciato proprio dal Cagliari.

Juve-Cagliari 2-2 e quel rigore inventato da Lo Bello

Avendo vissuto da bambino, e da tifoso juventino, quel lungo duello del 1970, ho rivissuto con interesse anche quella giornata del 15 marzo che allora tanto avevo atteso. Al Comunale si giocava la gara di ritorno tra Juventus e Cagliari: per mettere in discussione lo scudetto dei sardi, i bianconeri avrebbero dovuto vincere. Invece fu pareggio, come all’andata (1-1 con reti di Domenghini e pareggio di Cuccureddu, un sardo allora ancora semisconosciuto, all’89’).
Nel primo tempo il clamoroso autogol di Niccolai fu pareggiato allo scadere al gol di Riva. Finì 2-2, con due rigori che non avrebbero mai superato l’esame del VAR, diremmo oggi. Arbitrava Concetto Lo Bello che volle diventare protagonista della partita. Haller si fece parare il rigore ma Lo Bello lo fece ripetere. E Anastasi segnò. Riva non si trattenne dal manifestare all’arbitro la sua rabbia e Lo Bello lo tranquillizzò, invitandolo a entrare in area, che poi ci avrebbe pensato lui. In effetti il rigore che Lo Bello inventò (realizzato da Riva che aveva già battuto Anzolin di testa) non lo capì nessuno.
Ma fortuna (di Lo Bello soprattutto) volle che quel giorno ci fu uno sciopero degli operatori della Rai (almeno credo) per cui non si videro immagini ma soltanto fotografie dei quattro gol.
Se si fossero sapute allora le cose che ha rivelato Gigi Riva, i giudizi su Lo Bello migliore arbitro italiano sarebbero probabilmente cambiati.

Le scelte di Milani che hanno appesantito

L’altra faccia, a mio avviso non riuscita, del docufilm è frutto delle scelte del regista Riccardo Milani. E’ forse dovuta all’intenzione di ammantare di cultura autoriale quest’opera, come se non bastassero i volti, le voci, i pensieri anche della gente comune della Sardegna a rendere emozionante e speciale questa cavalcata a ritroso nel tempo per rendere omaggio a Gigi Riva, campione e uomo di Sardegna acquisito.
Gli inserti, reiterati, con i mamuthones e i cavalli in corsa appesantiscono il racconto, che ha anche un altro difetto: man mano che sfilano le testimonianze, manca la didascalia che illustra chi sta parlando.
Dopo mezzo secolo non è automatico, per chi li ricorda giovani, sulle figurine e nei filmati Rai, riconoscere immediatamente i calciatori. Per il pubblico più giovane sarebbe stato doveroso e indispensabile, poter sapere ogni volta chi era mostrato in video. Mettere nei titoli di coda i nomi dei personaggi intervistati non ha riparato il danno della visione. Ma soprattutto, perché si è fatta questa scelta che nuoce e irrita lo spettatore? Non parliamo poi di personaggi che sono più o meno sconosciuti al grande pubblico.
A parte il collega Mario Guerrini, che era la voce Rai per le vicende del Cagliari, non ho potuto riconoscere molti altri testimoni, se non aspettando la fine del docufilm e cercando di ricollegare quei nomi a quanto avevano dichiarato.
A volte, o spesso, la vera arte sta nella semplicità e in ciò che si racconta. Una regia meno invadente e pretenziosa, avrebbe giovato anche a Nel nostro cielo un rombo di tuono.


Nel nostro cielo un rombo di tuono

Nel nostro cielo un rombo di tuono.
Regia
: Riccardo Milani.
Italia, 2022. Durata: 165′. Su Sky e Now il docufilm su Luigi “Gigi” Riva, calciatore simbolo del Cagliari e della Nazionale.

Leandro De Sanctis

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